[CAPITOLO 44]

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BEVERLY HILLS, LOS ANGELES

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BEVERLY HILLS, LOS ANGELES

6 Gennaio 1992

Ore 06:04 a.m

Sandie

A dormire non riuscivo, avevo un sonno da pazzi, provavo a dormire ma mi rigiravo ogni secondo nel letto.
Questo perché le ore successive, sarei tornata a Milano.
E questo significava solo un nome.
Antonio.
Non volevo vederlo.
Ma sapevo che lo avrei incrociato.
Era un mio professore, e mi assisteva agli esami.
Che strano che mi sia innamorata del mio professore di cardiologia ...
Che strano che feci la mia prima volta con lui.
Che strano che lui nei primi mesi, mi promise amore e rispetto.
Che strano che poco dopo rivelò la sua vera natura.
Una natura oscura e inquietante.
Che strano tutto ciò.
Ed io man mano che lo pensavo, più il disgusto aumentava verso quell'uomo.
Sentivo ancora le sue mani su di me, sul mio viso cercando di picchiarmi, come aveva fatto prima che io partissi.
Un dolore forte che non auguravo a nessuno.
Perciò non riuscivo a dormire.
Mi toccavo la collana che mi regalò Michael per Natale, e sentivo una forte mancanza nei suoi riguardi.
Chissà cosa starà facendo ...
Amore mio.
Mi sentivo incoerente, perché nonostante io stessi con Antonio, io comunque mente  pensavo a lui.
Non riuscivo a smettere.
Era come una droga.
Lui era una droga per me.
Lo volevo qui, seduto sul mio letto a parlare ininterrottamente come avevano sempre fatto.
Volevo sentirlo sfogare su ciò che lo rendeva infelice.
Sentirlo parlare delle sue passioni.
Sentirlo parlare della sua vita, mentre mi guardava negli occhi.
Ma lui non c'era.
Chissà di eta la colpa della nostra rottura ...
Forse, di entrambi.
Entrambi eravamo stati degli schiocchi, degli stupidi ragazzini incoerenti.
Nonostante dicevo di volerlo dimenticare, e di andare avanti con la mia vita, non ci riuscivo, perché lui resterà sempre immortale nel mio cuore.
Come una divinità.
Come un qualcosa che non potrà mai morire.
E quello, era l'amore.
L'amore era immortale.
Tutto ciò che riguardava l'amore, era immortale.
E lui, con il suo talento e con la sua bellissima persona, era immortale.
Lui, non potrà mai morire nel mio cuore.

Andai in cucina a bere una camomilla, cercando che quest'ultima mi facesse prendere un po' di sonno e riposare almeno per qualche ora.
Guardavo la finestra, e Beverly Hills era tutta buia, al massimo c'era qualche lucina in qualche casa, ma non di più, e a stento una macchina che passava per la strada.
Beverly Hills in quel momento era buia quanto la mia vita.
Di quanto la mia vita fosse diventata così buia priva di ogni luce, e tutti se ne accorsero.
Ero cambiata, ero sempre triste, e cercavo di sorridere lo stesso mentre gridavo aiuto dentro di me.
Anche Ethan se ne accorse, in quella notte di Capodanno, quando bevvi senza controllo ubriacandomi come una pazza.
Rimproverandomi dicendo che non mi riconosceva.
Ma anche io, non riconoscevo Ethan.
Quando scoprii quell'esercito di farmaci che aveva in bagno nella sua stanza.
In quel momento volevo urlargli in faccia e dirgli "Che cazzo stai facendo? Smettila! O morirai!" non gli dissi niente, non volevo litigare con lui al primo giorno dell'anno.
Tenni dentro di me quello che avevo visto.
Lui mi disse che prendeva i farmaci per gli attacchi di panico, ma quando esattamente, precipitò la situazione?
Quando mi ero distratta?
Quando?
Avevo paura.
Avevo paura che lui toccasse il fondo ancora di più di come lo aveva già fatto in precedenza.
Perché mi aveva nascosto una cosa così importante? Inutile dire che dopo il viaggio avemmo una forte discussione per questo argomento, formando poi un litigio.
Io non gli avevo mai nascosto niente, parlavo di tutto ciò che mi accadeva a lui. Parlai di Antonio, di quello che mi successe, e del mio stato d'animo.
E ... mi ricambiava cosi? Mi sentivo tradita, e delusa.
«Adelfì.» girai lo sguardo ed era Nicole, aveva un pigiamone adorabile, fatto di lana color verde con le pantofoline di Minnie «Che ci fai qui ancora sveglia?» domandò stroppigiando un occhio.
«Non riesco a dormire, e poi ti ricordo che tra qualche ora devo partire.» la sentii avvicinare a me, e mi abbracciò da dietro.
«Perché non resti qui? Altri due giorni.» disse lei appoggiando la testa sulla mia schiena, le toccai le mani congiunte, erano tiepide, e delicate.
«Non posso Nicole, devo fare un sacco di cose all'università, e poi devo preparare la tesi.» bottai io guardando il panorama buio.
Ci fu un momento di silenzio.
Il suono più bello della comunicazione.
«Non tornare lì, non da lui, ti prego resta qui.» supplicò con voce spezzata.
Mi girai verso di lei, e vidi le sua lacrime rigare sul suo bellissimo volto.
«Nicole, che è successo?» domandai preoccupata asciugandole le lacrime.
«Tu menti, e mi da fastidio. Perché non mi dici la verità? Lo sai che a qualsiasi problema possiamo trovare una soluzione.» sospirai irritata.
Non dirglielo San.
Non dirglielo.
«E in questi giorni, mentre tu eri a Las Vegas, non abbiamo fatto altro che parlare di te, mamma e papà sono preoccupati a morte del tuo stato d'animo.
Sembri così spenta, così buia, cercando di far capire alle persone che va tutto bene.
Quando abbiamo visto il livido che avevi all'occhio ci siamo preoccupati da morire. Pensavano che qualcuno ti avesse picchiato.»
«Infatti non è stato così, te l'ho detto, ho avuto una pallonata in pieno viso.» interruppi con tono distaccato.
«Io sto cercando solo di aiutarti, ora dimmi, è stato lui a farti quel livido e quei segni sul viso?» non risposi, mi accasciai per terra, appoggiando la schiena sul muro rannicchiandomi, e piansi silenziosamente.
Sentii le braccia di Nicole avvolgere il mio corpo, stringendomi forte a se.
Lei aveva un'espressione serena.
Perché scoppiai, e si sentiva vincitrice perché con il mio pianto, le sue teorie furono vere.
Dovevo dirle la verità, non nascondermi, non con mia sorella.
«Stupida.» commentò poi «Sei una fottutissima stupida Sandie.» sospirai.
«Tornerò li solo per lo studio, non lo vedrò più, anche se è uno dei miei professori, non posso evitarlo. Ma quando questo Erasmus finirà, tornerò qui immediatamente.»
«Me lo prometti Adelfì?» sorrisi asciugandomi le lacrime.
«Te lo prometto su di noi.» ci abbracciammo, senza proferire più una parola.
Mi sentii meglio.
Mia sorella era fantastica.
Era una di quelle persone pronte a tutto pur di vedere la felicità di quella persona.
Io l'adoravo.
Perdonami, perdonami se ti sto creando solo problemi.
Perdonami, mia dolce Adelfì



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