Capitolo 8

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CAPITOLO OTTO

Quel lunedì Lorenzo arrivò in facoltà ancora mezzo dormendo, la sera prima c'era stata la replica della commedia ed era arrivato a casa dopo l'una di notte, non trovò posto nei soliti banchi quindi si accontentò di salire nel loggione, in mezzo a visi che non riconosceva quasi per niente, non che la cosa gli importasse particolarmente, lui non era un tipo molto loquace, anzi qualcuno che lo conosceva meglio lo definiva un antipatico saccente, con la lingua tagliente, ma in realtà era soprattutto la sua timidezza che gli dava quell'aspetto poco sorridente ed ombroso, che però svaniva quando una ragazza si interessava a lui. Era una caratteristica che stava imparando a conoscere piano piano, guardandosi dentro, forse anche grazie alla passione per il teatro, si, gli piacevano le donne, ma non solo per poterci andare a letto, cosa che tra l'altro non aveva ancora fatto, perché Daniela dopo un anno ancora resisteva, e lui si reputava piuttosto fedele, ma per poter carpirne l'indole, l'animo, aveva capito che tra donne e uomini c'è una differenza abissale, siderale, con i suoi coetanei non riusciva a legare minimamente, non sapeva proprio cosa condividere con loro, se non una birra ed un rutto, li considerava poco più evoluti delle scimmie. Invece le donne erano un mondo sconosciuto e variopinto, pieno di sorprese, sentimenti contrastanti e desideri animali, insomma un meravigliosa terra tutta da scoprire. Per un'oscura alchimia, anche le ragazze che conosceva poco o niente appena lo incontravano gli raccontavano i loro pensieri più intimi, i dubbi, i problemi con i loro ragazzi, forse perché in quel suo sguardo canzonatorio ed un po' freddo, vedevano qualcosa di diverso dagli altri, forse perché il suo commento iniziale era sempre gli uomini sono tutti un po' stronzi, un ottimo passepartout per aprire la porta delle confidenze. Comunque lui non era tra quelli istrionici che facevano di tutto per farsi notare dall'altro sesso, ma sapeva parlare un italiano corretto e si accorgeva di particolari che talvolta spiazzavano chi aveva davanti e soprattutto, sapeva ascoltare.

Mentre era perso nei suoi pensieri e nei ricordi della serata precedente, una voce lo scosse dal suo torpore: "Non ti sei accorto che ti guardano tutti?", non riconobbe il timbro, era piacevole e squillante, lo aveva già sentito giorni prima, ma prima che ne inquadrasse il viso, la sua espressione mutò in una smorfia di disprezzo, reazione non strana, poiché tra gli altri vari pregi di Lorenzo, c'era da aggiungere che era anche piuttosto permaloso, quindi non amava che gli si stigmatizzassero i suoi difetti.

"Che cosa avrebbero da guardarmi tutti?", ringhiò alzando lo sguardo su Claudia che si divertiva a punzecchiarlo, non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di fargli capire che le piaceva. Appena la vide però i suoi occhi si addolcirono, ma solo per un attimo, e continuò: "Allora che c'è da guardare?"

"Beh, sembri una checca pronta per andare a lavoro!", rise lei tirando fuori uno specchietto. Lui non apprezzò l'allusione e replicò: "A parte il fatto che le checche non hanno una particolare predisposizione per un tipo di lavoro, ma perché dovrei sembrare una checca io?".

"Non lo sai, guarda tu stesso!", sempre sorridendo gli parò lo specchietto davanti agli occhi, lui fissò la sua immagine per un lungo istante, poi rilassò i lineamenti e si schernì commentando con movenze chiaramente effeminate: "Comunque non sono affatto male, vero?". La sua reazione prese in contropiede Claudia che ora temeva di aver fatto una brutta figura, anche se lui era fidanzato, aveva visto la sua ragazza, ma nella vita nulla era certo, magari era stata solo una copertura. Insomma, non sapeva se prenderlo sul serio o no, quindi rimase interdetta per qualche secondo sperando che lui la togliesse dall'imbarazzo. Quella situazione era favorevole per Lorenzo, e lui lo sapeva, si divertiva spesso a prendere in giro le persone dicendo cose con un'espressione ed un'intonazione che non permettevano ai suoi interlocutori di capire se stesse scherzando o parlasse seriamente, un gran vantaggio. Quel giorno si sentiva buono, ed anche un po' stanco, quindi, le venne in aiuto: "E' il trucco di ieri sera, non si toglie mai completamente anche se uso un sacco si latte detergente, devo aspettare due o tre giorni, sembra sempre che mi sono messo la matita sotto gli occhi, pazienza, mi da uno sguardo più intenso, non ti piace?"

"Insomma, a me i maschi piacciono maschi!" rispose, poi aggiunse; "Ma perché ti sei truccato ieri? Se si può chiedere".

"Sei curiosa vero, vuoi sapere se ieri sera facevo la Drag Queen in qualche locale della periferia? No, sono solo andato in scena con una commedia, e questo è il trucco di scena che è sempre molto marcato, per far vedere le espressioni dal palco." Aggiunse il particolare sul trucco, con una certa nonchalance, come se per lui fosse una cosa normale, anzi poco rilevante, quasi per vedere se lei cogliesse o lasciasse cadere l'argomento. Lei abboccò: "Cioè, tu fai l'attore?".

Bingo.

"L'attore, non esageriamo, faccio parte di una compagnia teatrale, recito con loro e ieri appunto c'è stata la rappresentazione.", teneva appositamente un profilo basso, non dando importanza a quello che faceva, perché odiava le persone che millantavano le proprie capacità, considerava quell'atteggiamento un indice di vacuità interiore, lui sapeva quanto valeva, non aveva necessità di sbandierarlo ai quattro venti.

"Figo, fare l'attore deve essere bellissimo! E da quanto tempo lo fai?", gli chiese entusiasta.

"Da quando avevo quattordici anni." Rispose lui.

"Wow, e che teatro fate? Shakespeare, tragedia greca?"

"No, no, facciamo teatro napoletano, da quello tradizionale a quello contemporaneo!"

"Bello, quindi fate anche le commedie divertenti, quelle di Eduardo?"

Lui non riuscì ad essere accondiscendente, e dovette correggerla per forza: "Insomma, il teatro di Eduardo è un'altra cosa, non è comico come le farse di Scarpetta, è molto più amaro, insomma, puoi sorridere, ma raramente ti sganasci dalle risate...", lei vide che quel commento su Eduardo gli aveva dato una punta di fastidio e si scusò con la leggerezza di cui era capace facendogli promettere che l'avrebbe invitata assolutamente alla prossima rappresentazione e chiedendogli se fosse possibile assistere alle prove. Lui ne fu molto contento, anche se non lo diede a vedere come era nel suo stile, con estrema gentilezza le disse mo'm''o segno alla maniera di Troisi, e poi la salutò, sempre lasciandole un messaggio subliminale nella mente: "Allora ci vediamo, begli occhiali, sono nuovi?". Non aspettò la risposta e si voltò lasciando a Claudia il compito di tormentarsi tra il piacere della conversazione appena finita e l'appuntamento che aveva preso con il suo corteggiatore Diego.

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