CAPITOLO SEDICI
La maledetta università era ormai terminata da un po', in un modo o nell'altro, era libero, aveva compiuto il suo dovere di figlio nei confronti del padre amorevole e preoccupato, aveva preparato gli esami di giorno mentre di sera si trasformava in un'animale da palcoscenico, con l'energia che acquisiva la notte era riuscito a sopravvivere in aula, per cinque lunghi anni. Aveva odiato se stesso, aveva odiato il padre perché lo aveva moralmente costretto a fare qualcosa che non voleva, aveva odiava quella città, in qualche momento aveva odiato anche il sole ed il mare, se ogni tanto non si fosse incontrato con Claudia. Ma ormai era finita, aveva ottenuto il pezzo di carta che i genitori tanto agognavano, non senza fatica e qualche battuta d'arresto, ma ce l'aveva fatta, aveva anche preso l'abilitazione di avvocato, avrebbe potuto finalmente fare quello per cui era nato, alla luce del sole. Ma non rimanendo a casa sua. Su questo non aveva dubbi.
Per fortuna l'occasione bussò alla sua porta.
La compagnia dell'Hard Rock, che lo aveva ospitato qualche anno prima, e con cui aveva collaborato qualche altra volta, aveva iniziato una turnee per una nuova commedia, e si trovava a Roma, ma dopo la prima, il figlio della regista si era rotto un piede con un incidente in moto, nulla di serio, se non fosse che il ragazzo aveva la parte del menestrello alla fine del secondo atto, doveva dire due battute con una chitarrina, ma doveva farlo davanti al pubblico del teatro Argentina, nel cuore della città. Quando Silvana, la regista, lo chiamò per sapere se fosse disponibile per stare una settimana a Roma con loro e sostituire il ragazzo, Lorenzo non ci pensò due volte, ed accettò senza nemmeno chiedere il copione. L'eccitazione lo invase, pensò che sarebbe partito due giorni dopo in treno, e che avrebbe recitato in un vero teatro della capitale, doveva solo chiedere i soldi a suo padre, facile, a patto di non accennare al vero motivo della partenza, doveva trovare una scusa plausibile, pensò a zii e parenti da visitare, ad amici malati e ragazze da raggiungere, ma nulla lo convinceva. Era quasi tentato di dire la verità, quando prima di cena gli si pose la risposta davanti su un piatto d'argento: cercando sul giornale gli orari dei treni, vide una réclame di uno studio di avvocati napoletani che aveva anche una sede a Roma. Per un istante ebbe ancora un dubbio e gli passò davanti la scena di lui che affrontava il padre e la madre dicendo che odiava la giurisprudenza e che il giorno dopo sarebbe partito per una turnee teatrale, ma la scacciò immediatamente, con la madre in quelle condizioni e soprattutto senza il dovuto preavviso non avrebbe avuto né il permesso né i soldi. In realtà avrebbe potuto fare a meno di entrambi se avesse voluto, ma era purtroppo troppo conformista e ligio al suo dovere di buon figlio che non ebbe il coraggio di far soffrire i suoi genitori. Disse che aveva contattato lo studio Abbonante per un posto di lavoro, e che gli avevano proposto la sede di Roma perché al momento a Napoli erano pieni. I genitori ebbero qualche perplessità all'inizio, ma poi, davanti alla sua arte drammatica acconsentirono convinti che la scelta dello studio romano sarebbe stata la migliore per il futuro del ragazzo. Fecero qualche commento sull'alloggio che avrebbe dovuto trovare, ma lui fugò i loro dubbi perché, disse, lo studio gli aveva messo a disposizione una camera ammobiliata per il primo mese, nell'attesa di sistemarsi in un appartamento adeguato.
Nulla lo tratteneva più nella sua città, non certo la sua ragazza Daniela, con la quale il rapporto andava giorno per giorno raffreddandosi e accolse la notizia con una scrollata di spalle, non ne era contenta, gli disse, ma ognuno doveva fare le sue scelte, almeno a lei non aveva dovuto mentire, ma sapeva che quella scelta li avrebbe divisi inesorabilmente. In teoria sarebbe stato a Roma solo per una settimana, ma quello era l'inizio, lui avrebbe fatto di tutto per rimanere nella capitale. Ebbe soltanto un giorno per organizzare una valigia e salutare le persone cui teneva, che erano poche, vista la sua scarsa capacità di stabilire relazioni forti con la gente, un po' per il suo carattere chiuso, un po' per paura di esserne ferito. Tra quelle poche che aveva scelto c'era Claudia, con lei ogni volta che si incontrava sentiva soffiare un vento fresco di gioia ed intimità, dal primo giorno che si erano incontrati. Era un po' che non si vedevano, dopo la laurea non c'erano state molte occasioni, perché lei già lavorava in uno studio piuttosto grande della città, non aveva più molto tempo libero, poi lui era partito per le vacanze, ed era stato via più di un mese, le aveva mandato una cartolina dalla Grecia con una frase che voleva intendere qualcosa di più di quello che era scritto, ma tutto lì. Decise di chiamarla al mattino presto, sapeva che lei sarebbe stata sveglia, e sapeva anche che sarebbe stata contenta di sentirlo, e così fu, la telefonata fu breve, scarsa di convenevoli, solo per fissare un appuntamento orientativo a Mergellina davanti al Chiquito, un chiosco che faceva dei frullati da paura. Al telefono non le chiese se stesse ancora con Diego, non ne aveva tanta voglia, anche perché nonostante tutto gli era arrivata qualche voce che si stesse frequentando qualcun altro, e questo non lo entusiasmava, non lo faceva volontariamente, anzi, ma ogni volta che qualche amico toccava l'argomento lui sentiva una punta di gelosia, comunque non si pose tanti problemi, tanto sapeva che di lì a poco lei lo avrebbe aggiornato su tutto.

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Stelle Gemelle
RomanceDue ragazzi. Due anime. Due corpi. Lorenzo e Claudia. Nati l'uno per l'altra. Si conoscono, tra i banchi dell'università, diventano amici. Molto amici. Condividono gioie, amori, emozioni. Lui, studia per compiacere il padre, uomo all'antica, che non...