CAPITOLO VENTITRE
Il grande giorno è arrivato, ed è volato via come i moscerini dalla frutta. Tutto in un soffio, dalla mattina fino alla fine. Tutto è cominciato quando è arrivato il mio amico Renato, parrucchiere gay fino nelle ossa, ma che sfortunatamente ha perso tutti i capelli all'età di vent'anni, e che per evitare di avere un aspetto troppo maschio, indossa ogni volta un paio di occhiali dai colori e dalle forme più stravaganti, è praticamente l'Elton John della tintura, infatti io lo chiamo Elton Phon. Non credo che lui apprezzi molto le mie battute, o che le capisca, ma non lo da a vedere, per gentilezza o per mantenere una buona cliente come me. Elton mi ha letteralmente svegliata, sì, tutte le mie amiche mi avevano detto che il giorno del mio matrimonio non avrei dormito per l'agitazione e l'emozione, ma per me non è stato così, non avevo nemmeno messo la sveglia perché mi ero fatta suggestionare da loro che già ci erano passate, e così alle sette e trenta mentre io ero ancora nel mondo dei sogni, ho sentito mio padre aprire la finestra tutto preoccupato, probabilmente pensando che me ne fossi scappata nottetempo. Probabilmente già stava pensando a cosa avrebbe detto agli invitati ed al prete amico suo. Invece io semplicemente stavo dormendo, un sonno profondo e sereno, così mi ha detto lui, che non aveva il coraggio di svegliarmi, mi ha guardato per, non so, cinque, dieci minuti, io me ne ero accorta, perché ancora immobile avevo socchiuso impercettibilmente gli occhi per capire cosa stesse succedendo, usando la modalità orso, quella che nel bosco bisogna usare se accidentalmente incontri un grizzly, ti devi fingere morto per non farti attaccare, io mi sono finta ancora addormentare per capire cosa volesse fare. E lui mi guardava, senza fare niente altro, immobile, poi ha cominciato a sussurrare tra se, ma in realtà parlava con me anche se non sapeva che io lo stessi ascoltando, ha cominciato a dire: "Ciao arlecchino", così mi chiamava lui da piccola, "Oggi è il tuo ultimo giorno con me, in questa casa, come è strano, adesso tutto sarà diverso, silenzioso e triste, si, silenzioso e triste!". Avrei dovuto piangere per come papà mi aveva parlato, e lui si sarebbe accorto che avevo sentito dalle lacrime che stavano scorrendo sulle guance, e invece non è andata così, no, non mi è affatto venuto da piangere, anzi, non sono riuscita a trattenere le risa, all'inizio ci ho provato, ma poi dopo due o tre tentativi di smorzare gli accessi, sono scoppiata in una fragorosa risata, lui non se l'aspettava ed ha avuto un sussulto. Allora ho aperto gli occhi ed ho visto che lui sembrava esserci rimasto male, come se non avesse voluto mostrare a me, sua figlia quel tratto debole, tenero, quasi indifeso, non glielo potevo permettere, così ho inventato sul momento che avevo appena fatto un sogno in cui il mio amico Fabio Capece mi aveva portato sulla sua barca a vela con la fidanzata Luisa ed invece di chiedere a lei di sposarlo lo aveva chiesto a me, e quando io gli avevo fatto notare che quello non era un comportamento adeguato, soprattutto davanti alla sua fidanzata, lui mi aveva risposto che quella aveva detto no, così lo aveva chiesto a me, per non perdere la prenotazione al ristorante. Non so se mio padre ci abbia creduto, ma almeno ha finto bene, e mi ha avvisato che il parrucchiere era già in cucina con mia madre che gli stava facendo il caffè. Ovviamente sono saltata dal letto, ma mentre correvo in bagno a lavarmi per rendermi almeno presentabile, mi sono fermata, e mi sono detta: "Ma che corro a fare? Tanto sono io la sposa, senza di me non possono iniziare!", e così la mia giornata è andata molto meglio. Elton Phon si è preso tutto il suo tempo per creare la sua composizione, tra forcine, pettini, spazzole, lacca e brillantini vari, lui era molto soddisfatto, anche se a me onestamente pareva di avere una specie di cestino di fiori sulla testa, ma tutti hanno detto che stavo benissimo, così non ho fatto problemi, tanto avrei avuto il velo a coprirmi parzialmente, ameno in chiesa, poi magari avrei smontato l'acconciatura nel giro di pochi minuti. Dopo che l'artista ha terminato la sua creazione ho finalmente potuto fare colazione in pace, altra cosa strana, poiché tutti mi avevano detto che non avrei toccato cibo, ma io mi sono alzata con la fame e sono andata a letto con la stessa fame, solo che nel frattempo avrò mangiato almeno sei volte durante tutta la giornata.
Dopo la colazione, che è consistita in due fette di pane col pomodoro, due plumcake, latte e biscotti, ho potuto cominciare la giornata, salutando i miei parenti che erano venuti a vedere la sposa prima della trasformazione in una meringa, c'era anche una mia zia novantenne che dalla campagna beneventana si era fatta portare a Napoli solo per salutarmi e farmi le sue felicitazioni. Quando si è presentata la vecchia davanti la porta di casa io ho o gridato a mia madre: "Mamma qui c'è una venuta per il funerale, che faccio la mando in chiesa o direttamente al cimitero?", la mia povera madre è accorsa, con i suoi limiti fisici, per evitare di farmi fare una figuraccia, ma quando mi ha visto con la porta spalancata è sbiancata, esclamando: "Zia Adelina, che piacere...", io invece, come se nulla fosse, la ho fatta entrare e la ho accompagnata al suo posto, la poltrona con accanto il quadro dei crisantemi. Non credo che se ne sia accorta e non credo nemmeno che abbia sentito la mia battuta sul funerale, è talmente sorda che abbiamo dovuto gridare per almeno mezz'ora solo per offrirle un caffè e per decidere se voleva lo zucchero o no.
Dopo un'innumerevole quantità di persone anche sconosciute che sono venute a trovarci ed a portare un regalo, un omaggio, un mazzo di fiori o una pianta, si è finalmente fatta ora di pranzo, e, nonostante nessuno avesse pensato di cucinare qualcosa, perché tanto la sera ci sarebbe stato il ricevimento, io ho mi sono fatta un piatto di spaghetti al pomodoro, tanto per stare leggera, così poi mi sarei riposata un po' prima di andare a vestirmi ed prepararmi per la chiesa.
Il tempo non è stato clemente, ha diluviato tutta la giornata, un'acqua ed un vento che veramente poche volte a Napoli si vedono in un anno, le varie comari che si sono avvicendate nei saluti hanno mostrato tutta la loro preoccupazione, ma a me in effetti non importava gran che, tanto, a dicembre la pioggia non è rara, ed io sarei arrivata in chiesa con la macchina proprio davanti all'ingresso, non sarebbe stato un problema, ed infatti non lo è stato per me, ma per tutti gli altri invitati che hanno dovuto lasciare la macchina in garage e farsi almeno duecento metri a piedi sotto la pioggia battente. Pazienza. E' l'inverno.
E poi ho fatto il mio ingresso in chiesa, accompagnata da mio padre e dalle note della marcia nuziale, con il velo che mi annebbiava la vista, ma giusto quel poco per impedire alla gente che in realtà io non ero per niente emozionata, o tesa, o impaurita, come vengono descritte le sposine, no, io ero divertita, in fondo era la mia festa, ero contenta, cosa poteva andare storto? La pioggia? Non era un problema, il ricevimento era al coperto in una meravigliosa villa a Posillipo e mio padre era al mio fianco. Ero in una botte di ferro. Ed infatti tutto è andato bene, la funzione, le fedi, la comunione, le firme, e le foto, non mi hanno nemmeno lanciato il riso perché il parroco ha vietato quella che per lui era un'usanza barbara, meglio così, non ho dovuto passare mezza serata a cercare chicchi di riso nella biancheria.
Non ho voluto fare le foto, non che non abbia voluto il fotografo, quello è stato necessario, ma gli ho detto chiaramente che non lo volevo in mezzo ai piedi, che non mi sarei messa in posa mentre stavo con gli amici o a cena. Lui avrebbe dovuto lavorare nell'ombra, senza farsi notare, altrimenti, col soggetto immobile sono bravi tutti. Ripeto era la mia festa, io ero la prima a dovermi divertire, è così è stato. Dopo la funzione abbiamo aspettato una mezz'ora almeno per lasciare che gli invitati arrivassero alla villa e poi siamo andati noi, abbiamo fatto giusto due foto di rito con il golfo illuminato di sera, e poi siamo arrivati, pronti per l'aperitivo. Erano le sette, ma tutti sembravano scalpitare per iniziare, così ho dato il segnale al métre che ha aperto il buffet ed ha stappato le bollicine per tutti. Da quel momento, se la giornata era andata veloce, la serata ha accelerato ancora di più, anche perché ho avuto la grande idea di separare i vecchi dai giovani, li ho sistemati in due sale separate, al piano terra, ho messo i tavoli dei parenti e degli invitati over quaranta, che come sempre dopo la torta vogliono scappare a dormire mentre nella tavernetta, al semi interrato ho sistemato tutti i miei amici, con i quali ho potuto poi ballare, bere rum, e divertirmi fino all'alba. Ovviamente io ho scelto di stare con gli amici ed ho lasciato ai miei genitori l'incombenza di salutare i vecchi con una manciata di confetti e la bomboniera, anzi ho fatto di più, poiché ho sempre odiato i matrimoni nei quali il tavolo degli sposi è posizionato in bella mostra al centro della sala, bene in vista ma lontano da tutti, e separato dalla massa, io ho scelto di fare una cosa rivoluzionaria: nel nostro tavolo ho voluto le persone a me più care per poter condividere questo momento nel miglior modo possibile e per potermi divertire alla grande anche mentre mangiavo: mio cugino Andrea, Fabio e Luisa, e Lorenzo... con Daniela.

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Stelle Gemelle
Storie d'amoreDue ragazzi. Due anime. Due corpi. Lorenzo e Claudia. Nati l'uno per l'altra. Si conoscono, tra i banchi dell'università, diventano amici. Molto amici. Condividono gioie, amori, emozioni. Lui, studia per compiacere il padre, uomo all'antica, che non...