Capitolo XX

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Xavier quella notte aveva dormito. Sfortunatamente, avrebbe aggiunto volentieri lui. Un sogno orribile lo tormentava ormai da giorni. Veniva inseguito nel bosco, non sapeva bene da cosa, ma sentiva dei versi mostruosi e dei passi pesanti e veloci che non potevano certamente appartenere ad un essere umano. In genere il sogno si fermava con lui che inciampava sulla radice di un albero e il mostro che si avvicinava inesorabilmente a lui. Ma quella volta era stato diverso. Quella notte il mostro lo aveva raggiunto. Sentiva ancora i suoi grandi occhi famelici puntati su di lui e il suo respiro fetido entrargli nelle narici. Il cuore gli batteva all'impazzata, sarebbe morto in quel momento esatto, nel modo peggiore che gli fosse mai venuto in mente. Poi il mostro gli si era avvicinato ancora di più, aveva alzato la zampa e gli aveva tagliato la gola di netto.

Si era risvegliato gridando come un pazzo e ringraziò di non avere più un compagno di stanza. Rowan lo avrebbe riempito di domande e l'unica cosa che voleva in quel momento era il silenzio. Prese dei respiri profondi e si scompigliò i capelli. Un tempo avrebbe chiamato Adelaide per consolarlo, ma lei non c'era più e adesso il solo pensiero lo faceva sentire anche peggio.

Andò nel suo capanno e iniziò a disegnare l'ennesimo ritratto del mostro che lo uccideva nei suoi incubi. Si toccò con delicatezza i tagli che aveva sul collo. Non erano ancora guariti, ma almeno non facevano più tanto male. Quel posto era un ricordo costante. Gli ricordava i baci con Adelaide, la notte che avevano passato insieme. Quel posto per lui era pieno di magia, pieno di lei e di tutto quello che non avrebbe potuto avere più. Guardò il ritratto che la raffigurava e tese di nuovo la mano facendola sorridere. Fu un colpo al cuore pensare che non avrebbe mai più visto quel sorriso dal vivo. Quel quadro era solo un'ombra di un giorno che non avrebbe mai più potuto rivivere. Non riuscì più a stare fermo. Quel posto sapeva essere soffocante.

Prese il telefono e uscì per prendere un po' di aria. Digitò il numero della dottoressa Kinbot e le chiese di vedersi da qualche parte entro venti minuti. Non poteva più negarlo. Aveva bisogno di un aiuto serio questa volta.

Si voltò di scatto e trovò il volto pallido di Mercoledì con un sorriso scaltro dipinto su di esso.

«Dove vai così di fretta?»

«Non sono fatti tuoi»

«So cosa sei, Xavier» sorrise e se possibile questa espressione la rese ancora più inquietante.

«Puoi starmi lontana, per favore? Non voglio avere nulla a che fare con te. Lasciami in pace»

Se ne andò lasciandola lì da sola, ma Mercoledì non era il tipo di persona che si arrendeva facilmente.

Xavier andò verso l'auto della Kinbot.

«Stanotte ho sognato di morire»

«Sali in macchina, forza»

Mercoledì guardò la scena con attenzione, nascosta tra gli alberi che abitavano il bosco. I suoi due sospettati insieme, ora non aveva alcun dubbio. Forse Adelaide aveva scoperto la vera natura di Xavier e per questo Valerie Kinbot l'aveva uccisa mentre lui aggrediva Eugene. Ma certo, doveva proprio essere andata così.

Non perse tempo, andò dallo sceriffo Galpin che le rivelò che l'artiglio che aveva trovato nella grotta corrispondeva a Xavier. Ovviamente, aggiunse lei nella sua mente. Ma i tasselli del suo puzzle si staccarono poco a poco. La dottoressa Kinbot fu uccisa dal mostro proprio dopo averla accusata nel suo studio di essere Laurel Gates. Va bene, aveva sbagliato su chi lo comandava, ma non di certo sull'Hyde.

Avevano quasi ucciso Mano per colpa sua e per lei era arrivata la resa dei conti.

Si fece trovare nello studio di Xavier e quando il ragazzo accese la luce per poco non gli venne un colpo.

«Cosa diavolo ci fai qui?»

«Basta nascondersi, Xavier. Ormai ti ho scoperto» disse infilzando il coltello che aveva ferito Mano sul tavolo dove era appoggiata. «Lo riconosci? Certo che sì, è il coltello che avevi quando sei entrato in camera mia. Un vero peccato che ci fosse solo Mano ad accoglierti»

«Non sono entrato in camera tua» disse Xavier prendendo il coltello in mano e Mercoledì iniziò a sentire un po' di inquietudine, non nel senso buono del termine. «Sono abituato ad essere trattato come un folle. Mio padre mi ha rinchiuso qui perché vuole tenere il suo figlio problematico lontano dai tabloid» guardò con attenzione la lama che teneva tra le dita «Non sono entrato in camera tua, puoi credermi oppure no»

«Credi veramente di potertela cavare con questa storiella melensa del povero ragazzo incompreso?» andò verso il tavolo appoggiato alla parete e gli mostrò tutti gli oggetti appartenuti alle vittime «Cosa sono per te? Reliquie? Mi stupisce che non ci sia nulla di Adelaide, ma forse lei l'hai uccisa per altri motivi»

«Non sono io il mostro, stai cercando di incastrarmi»

«Davvero? E cosa mi dici di questo?» fece cadere il lenzuolo bianco che copriva una tela, scoprendo il volto scorticato di Valerie Kinbot «Un po' troppo preciso per non essere il mostro»

«Non sono stato io. Perché avrei dovuto fare del male ad Adelaide? Io la amavo!»

«Perché sapeva chi tu fossi e questo forse non andava bene alla tua padrona»

Xavier si avvicinò alla ragazza con le trecce, il coltello ancora stretto nella mano e gli occhi rabbiosi. Non riuscì ad avvicinarsi troppo perché la polizia irruppe nel suo ripostiglio. Il suo posto segreto era stato inquinato. I momenti belli passati con Adelaide soppiantati da quella scena orribile.

«Posa il coltello e inginocchiati»

Fece come gli fu ordinato. Era questa la sua sorte. Piangere la morte di una persona cara non era più la sua unica condanna. Guardò ancora una volta la parete e i suoi occhi verdi si soffermarono sul disegno del lupo che aveva visto la sera prima. Quegli occhi azzurri parvero leggergli dentro e una lacrima solitaria scese sulla sua guancia.

The Devil Within|| Xavier ThorpeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora