Capitolo 23: Da nessuna parte

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Hermione si mise in bocca un pezzetto di uovo e guardò fuori dalla finestra della sua camera. Avrebbe dovuto esercitarsi per gli esami, ma la sua bacchetta giaceva inattiva sulla scrivania e la sua mente aveva vagato... fino a una camera da letto cupa e illuminata dal fuoco al piano di sotto.

Il luccichio dei suoi capelli nella luce scarsa, la sua sensazione mentre se li passava tra le dita. Il modo in cui aveva inarcato il collo quando lei gli aveva baciato la gola.

Il modo in cui non sarebbe mai riuscita a rifarlo.

La sua forchetta cadde rumorosamente sul piatto e lei riportò la sua attenzione al qui e ora, alle colline scoscese e ai cieli bassi sotto i suoi occhi. L'inesorabile grigiore del mattino corrispondeva al suo umore. Piatto, opaco. Senza speranza.

Fece un movimento irrequieto verso la sua bacchetta - c'erano 35 figure sulla pratica Incantesimi MAGO e aveva bisogno di lavorare su tutte - ma si fermò di nuovo, le dita appoggiate sul legno, ma senza afferrarlo. Una figura era volata via in lontananza, le vesti da Quidditch ondeggianti, e la sua mente l'aveva seguita. Di nuovo in un corridoio tranquillo e la pressione del suo pollice sulla pelle tenera.

"Dannazione, Hermione!" mormorò dopo un altro momento di sguardo vitreo.

Ma era così difficile non pensare a lui. Per non pensare a quello che era successo tra loro e a come le sarebbe piaciuto più di ogni altra cosa rifarlo. Anche se aveva preso una decisione molto logica e ben supportata di non farlo. E poi aveva ripetuto colloqui con sé stessa per riaffermare quel punto. Anche dopo la sobria dichiarazione di Lavanda che probabilmente era meglio lasciarlo in pace (pronunciata, ovviamente,  dopo un lungo giro di urla di gioia quando Hermione le aveva raccontato cosa era successo).

Hermione sospirò e ammise una specie di sconfitta mentre i suoi occhi si spostavano di nuovo verso la finestra, notando vagamente i riccioli di nebbia che aleggiavano intorno alle lontane cime verdi.

La sua bocca si incurvò in un piccolo sorriso triste. Perché lui la voleva. Teneva ancora a lei. L'aveva visto e l'aveva sentito anche lei.

Anche se era un freddo conforto.

Perché doveva anche ammettere che se la sua ricerca sull'incantesimo fosse stata accademica, a quest'ora avrebbe rinunciato alla sua tesi. Invece aveva continuato, riformulato e ridimensionato. Non c'era niente che potesse essere fatto magicamente. Nessun antidoto mescolabile o movimento di bacchetta o combinazione di parole che potrebbe liberare Draco da questo incubo.

Tranne ovviamente "Ti rilascio", pronunciato con le giuste intenzioni da Astoria.

Hermione prese la sua tazza di caffè e si versò in bocca l'ultimo liquido tiepido.

E sembrava che non sarebbe mai successo.

Sbatté giù la tazza e chiuse gli occhi per le lacrime che le bagnavano.

Era passato il tempo e lei lo sapeva.

Era passato il tempo di iniziare a mettere via tutto questo: Draco, Theo, San Cipriano, il legame, il dolore, tutto quello che era successo quest'anno scolastico. L'intera faccenda aggrovigliata. Lasciare che fosse qualcosa che era veramente dietro di lei.

Lei e Draco non avrebbero mai riavuto ciò che avevano avuto. E anche nel vasto campo della magia, un corpo di conoscenza e pratica che ancora sorprendeva Hermione ogni dannato giorno, non c'era niente che qualcuno potesse fare.

Si passò una mano sul viso e si asciugò le guance ora bagnate.

Per quanto le facesse male, per quanto amasse ancora Draco e per quanto la domanda Astoria la assillasse ancora, era giunto il momento.

Falling Dark - scullymurphy - TRADUZIONE ITALIANADove le storie prendono vita. Scoprilo ora