SKYLER
Una volta a casa mi affrettai a fare una doccia per scrollarmi tutta la giornata di dosso.
Avevo bisogno di metabolizzare moltissime cose.
Immagini della serata continuavano a tornarmi in mente. La maggior parte erano attimi confusi a causa dell'alcol, ma purtroppo i momenti con mio padre erano molto più che lucidi.
Dentro di me sapevo di non volerci pensarci e che quell'uomo non meritava un singolo minuto del mio tempo, ma la cosa era inevitabile.
Una volta uscita dalla doccia mi avvolsi in un morbido asciugamano e mi diressi verso il balconcino della mia camera. Mi sedetti sulla sedia e mi misi a guardare il cielo.
Le stelle erano così luminose quella notte, sembravano fari pronti ad illuminare il cammino di chiunque si fosse smarrito.
Ed io ero molto più che smarrita.
Sentivo il telefono squillare ma decisi di non andare a rispondere, in quel momento più di ogni altro avevo bisogno di rimanere da sola.Ciò che mi aveva sempre reso forte era il fatto di non odiare me stessa per l'abbandono di mio padre. Credevo fortemente che il suo fosse un atto di puro egoismo. Appena aveva visto la vita lussuosa e semplice che Daniella aveva da offrirgli le si era buttato addosso senza guardarsi indietro.
Poteva un uomo essere più miserabile di come si era dimostrato lui? Abbandonare una moglie che diceva di amare moltissimo ed una figlia che, a detta sua, era "tutta la sua vita"?
Dentro di me sapevo di non dovergli niente e volevo esserne indipendente per la maggiore dei contesti possibili, ma la sua fuga aveva inevitabilmente avuto conseguenze marcate sulla mia vita.
Riconoscevo di avere dei problemi di fiducia che mi portavano spesso a chiudermi in me stessa e a mentire sulle mie controversie nei confronti del mondo.
Continuavo a ripetermi che fossero le altre persone a non capirmi, quando in realtà ero io non concedergli modo di conoscermi realmente.
Nonostante tutto cercavo di amare la vita in tutte le sue sfumature, ne apprezzavo i piccoli attimi e forse era proprio quello il motivo per cui la sera lasciavo che il leggero vento primaverile mi carezzasse la pelle mentre io mi riferivo alla luna ed osservavo le stelle.
Una volta tornata in camera mi vestii per poi andare a cenare. Mentre aspettavo che la pasta cuocesse controllai il telefono e notai tutte le chiamate che mio padre mi aveva fatto.
Una risata amareggiata mi scappò dalle labbra.
Non credevo nemmeno che avesse il mio numero. Decisi di non richiamarlo, poteva sembrare infantile ma non l'avrei sopportato.
Non in quel momento.
Non quella sera.7:15 raggi di sole negli occhi.
Quella mattina non mi svegliai particolarmente energica, anzi ero stanca morta. Tentai comunque di non farmi prendere dai cattivi pensieri e velocemente mi preparai.
Scendendo al piano inferiore inciampai nella borsa che la sera prima avevo lasciato sulle scale e mi provocai un grosso livido nella parte superiore del braccio, ma tentai di non farci troppo caso e continuai a prepararmi.
Le temperature in quella giornata sarebbero state alte, perciò avevo indosso solo una maglia a maniche corte ed un giacchetta di jeans leggermente imbottito.
Dopo dieci minuti ero davanti all'università ed una volta chiusa la macchina mi diressi verso l'interno.
Alla segreteria vidi Carter parlare con un collega, lo salutai con un cenno di mano al quale lui rispose con un lieve sorriso e proseguii verso l'aula. Durante il tragitto trovai Elena che mi avvisò dell'assenza del docente di quell'ora, così ci dirigemmo verso la caffetteria per aspettare Elia.<<Ti va di parlarne?>>, mi chiese Elena ad un tratto.
<<Sto bene>>, le risposi io distratta.
Non mi andava per niente di parlare della sera precedente. Non ne avrei avuto le forze.
<<Non credi che lo zucchero si sia già abbondantemente sciolto?>>, mi domandò facendosi scappare una tenera risata.
<<Scusa, ho la testa totalmente altrove>> mi decisi io a confessare.
<<Tuo padre?>>, nella sua voce potevo sentire tutta la titubanza che aveva nel domandarmelo.
Elena sapeva benissimo quanto mi avesse fatto soffrire la sua mancanza, anche se non era cresciuta con me come Elia, mi conosceva a volte più di me stessa.
Notando che non stavo rispondendo mi prese le mani tra le sue per attirare la mia attenzione.<<Sky sei la persona più importante della mia vita, sai che se potessi mi prenderei il tuo dolore così che tu possa essere felice, ma non posso aiutarti se non mi dici che succede>>, disse con voce quasi tremolante.
Potevo scorgere la malinconia nel suo sguardo.
<<Vederti così mi fa male, non meriti tutto questo>>, riuscivo a vedere i suoi occhi farsi lucidi e non mi accorsi che i miei già lo erano.
<<Dai vieni qui>>, disse Elena per poi abbracciarmi.
E fu così, nella caffetteria della scuola, che crollai in lacrime.
Buttai fuori tutto, tutti i pensieri che avevo ma soprattutto tutto ciò che avevo provato a quella stupida festa. Mi confidai con Elena come non avevo mai fatto con nessuno.
Nonostante le lacrime e la vista offuscata riuscì a notare Carter poco distante dal nostro tavolo che mi guardava con uno sguardo preoccupato.
Mi sembrò di vedergli sussurrare un "è tutto ok?" ma non essendone molto sicura non risposi e cercai di ricompormi il più in fretta possibile.
Avevo totalmente perso la concezione dello spazio in cui mi trovavo, ma per fortuna la caffetteria era quasi vuota quella mattina.<<È meglio che andiamo, non voglio fare tardi>>, dissi ad Elena prendendo la borsa e stirandomi i vestiti con le mani.
<<Certo, andiamo ti accompagno>>, disse lei stringendomi in un abbraccio.
Un mugolio di dolore mi scappò dalle labbra non appena la sua presa si fece più forte.
Elena si staccò immediatamente da me guardandomi preoccupata. Io portai lo sguardo sul mio braccio per capire il motivo di quel fastidio e notai il livido che mi ero fatta poco prima.<<Oddio Sky, che è successo?!>>, disse Elena alzando il tono della voce dalla preoccupazione.
<<Nena non è niente, tranquilla>>, mi dileguai io notando Carter che ci stava guardando.
Perché mi sembrava di avere costantemente il suo sguardo addosso?
<<Andiamo dai>>, mi sbrigai a dire per poi incamminarmi verso le aule.
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ChickLitSkyler Lewis. John Carter. Lei la sua studentessa. Lui il suo professore. Quello che sembrava uno stupido gioco di ruolo diventa qualcosa di molto più grande quando, cinque anni dopo, l'affascinante professor Carter ritorna nella sua vita con una sc...