JOHN
Osservai i numeri dell'ascensore aumentare piano per piano mentre mi stringevo nella t-shirt nera che avevo indossato quella mattina.
Non avevo previsto di passare per lo studio, però mentre correvo ci ero passato vicino e quindi mi ero fermato. O almeno mi piaceva pensare che fosse quello il motivo.
Dopo poco le porte si spalancarono ed io mi diressi verso la stanza di Skyler.
Avevo il cuore che scalpitava.
Non vedevo l'ora di rivederla.
E non sapevo nemmeno perché.
A pochi passi dalla porta sentii la sua voce.<<Jeff ha detto che mi ama con tutto il suo cuore e che nonostante tutto non ha mai smesso di farlo>>, stava parlando a telefono.
Strinsi i pugni lungo il corpo e tentai di mantenere la calma.
Jeff la amava?
In quel momento non pensai nemmeno a mia madre. Mi soffermai solo sulle sue parole e tutto il mio autocontrollo svanii.
Battei un leggero pugno sulla porta ed entrai senza nemmeno aspettare una risposta.
Skyler sollevò la testa dai fogli su cui stava lavorando e mi guardò con la bocca leggermente socchiusa.
I miei occhi vi si posarono per un piccolo attimo che bastò per farmi desiderare che stessero parlando di me, che fossero sulle mie.<<Ti richiamo dopo>>, disse attaccando la chiamata senza mai smettere di guardarmi.
<<Posso aiutarti?>>, la sua voce era così dolce e leggera che per un attimo mi fece dimenticare il motivo per cui ero lì.
<<Volevo vedere come procedono i lavori>>, dissi sedendomi nella sedia di fronte a lei.
Rimanemmo per un paio di secondi a guardarci, a guardarci davvero.
Nei suoi occhi potevo leggere ogni cosa.
E non me l'aveva mai lasciato fare.
Jeff passò in secondo piano quando notai la sofferenza luccicare nei suoi occhi.
Skyler schiuse leggermente le labbra ma le richiuse subito dopo.
Era come se volesse dirmi qualcosa.
Avrei voluto urlarle che ero lì per lei, che ero sempre stato lì per lei, ma le parole mi si bloccarono in gola come un nodo.<<Stiamo studiando come impaginare la copertina, in questi giorni proverò a fare qualche scatto per fare una bozza>>, mi spiegò porgendomi i disegni che aveva sviluppato su carta.
<<Per la pubblicità invece volevamo muoverci anche con manifesti da far installare in giro per la città, magari su autobus o maxi schermi, qualcosa che abbia un forte impatto>>, non stavo nemmeno ascoltando ciò che aveva da dirmi.
Mi limitavo ad annuire e ad ascoltare quella sua voce. Era sempre stata bella, ma in questi anni era diventata molto più sicura rispetto a quando eravamo a scuola.
Rimanemmo lì a parlare per tutta la mattinata.
Mi propose di spostarmi accanto a lei per vedere insieme le cose che andavano sistemate e così feci.
Il suo profumo mi era mancato così tanto.
Più volte le nostre mani si erano sfiorate in movimenti involontari, ma Skyler si era sempre allontanata prontamente.
L'avevo invitata a fare una pausa per prenderci un caffè al bar ma aveva rifiutato. Ne aveva fatti portare due nel suo studio.
Il suo era macchiato con zucchero, il mio espresso senza.
Ogni cosa del suo atteggiamento mi faceva capire tutto ciò di cui avevo bisogno per allontanarmi da lei, ma nonostante tutto io non ci riuscivo.
Nel corso degli anni avevo provato a dimenticarla, anche con altre persone, ma niente e nessuno l'aveva nemmeno mai smossa dalla posizione che si era conquistata nel mio cuore.
Quell'anno era stato il più intenso che avessi mai vissuto.
L'attrazione che provavo per lei era qualcosa che consumava le mie giornate e logorava i miei pensieri.
Nessuna era abbastanza bella. Nessuna aveva gli occhi abbastanza scuri. Nessuna aveva i capelli abbastanza morbidi. Nessuna aveva la voce abbastanza dolce. Nessuna aveva la risata abbastanza contagiosa. Nessuna era abbastanza.
Perché nessuna era lei. Ed io lei non la potevo avere.Uscito dall'ufficio mi diressi verso casa di mia madre. Avevo parecchi conti in sospeso.
Salii in macchina ed accesi la radio ma non la ascoltai neppure per un minuto.
Tentavo di concentrarmi sulla strada, perché altrimenti le parole di Jeff mi avrebbero reso la guida impossibile.
Non mi capacitavo di niente di ciò che avevo visto a quella festa e forse dentro di me non volevo nemmeno alcuna spiegazione, non da lui.
Non l'avevo mai considerato parte della famiglia e niente di tutto ciò che aveva fatto in passato o con mia madre aveva mai avuto importanza per me. Ma qui entrava in gioco Skyler e per lei avrei affrontato anche il mio nemico più grande.
Arrivai davanti alla villa e mi affrettai a parcheggiare.<<Ciao Marvin, sai dov'è mia madre?>>, chiesi all'uomo baffuto che mi aveva visto crescere.
<<È al piano di sopra, figliolo. Credo stia discutendo con Jeff>>, rispose accompagnandomi all'interno.
<<Grazie>>, gli battei la mano sulla spalla e mi incamminai per le scale.
Una volta arrivato di fronte alla porta tentai di prepararmi mentalmente per il discorso che avrei dovuto fare a entrambi.
Presi un bel respiro e la aprii bussandovi a stento.<<Mamma, Jeff. Devo parlarvi>>, sollevai lo sguardo ed incrociai gli occhi di mia madre.
Erano colmi di lacrime.
E di Jeff non c'era traccia.
STAI LEGGENDO
Complici dello stesso gioco
Chick-LitSkyler Lewis. John Carter. Lei la sua studentessa. Lui il suo professore. Quello che sembrava uno stupido gioco di ruolo diventa qualcosa di molto più grande quando, cinque anni dopo, l'affascinante professor Carter ritorna nella sua vita con una sc...