JOHN
Uscii dall'edificio e come prima cosa spensi il telefono. Non mi aspettavo che mi chiamasse o cercasse in qualche modo, ma avevo comunque bisogno di staccare.
Quando entrai in macchina un senso di pesantezza mi invase ed iniziai a guidare e senza una meta precisa.
Avevo mille domande per la testa e sapevo che nessuna di queste avrebbe avuto risposta.
Non per il momento almeno.
Ero sempre stato abituato a risolvere i miei problemi da solo, ma in quel momento più che mai avrei avuto bisogno che qualcuno mi stesse accanto.
Tutto ciò che mi era stato insegnato nella vita era non fidarmi, tenere le persone a distanza, ferire prima che gli altri potessero ferirti.
Eppure non mi aveva mai portato a niente.
Avevo imparato più in quell'ultimo periodo che in tutta la vita.
Skyler mi aveva fatto bene.
Aveva portato vita vera in una vita che di vera aveva poco.
Mi aveva insegnato ad amare.
A vedere il bene dovunque.
A fare del bene sempre.
A dare il 100% senza aspettarsi niente in cambio.
Lei mi aveva insegnato che le cose più belle si nascondono dove quasi nessuno sa guardare.
Mi aveva insegnato a guardare, non a vedere.
E l'aveva fatto in silenzio. Senza mostrarmi niente direttamente. Solo con la sua presenza, con i suoi occhi sempre pieni di voglia di imparare, di voglia di trasmettere, di voglia di vivere, ma di vivere veramente.
Fu proprio quello il momento in cui mi resi conto di quanto gliene fossi grato.
E nonostante quello che mi aveva detto tornai da lei.
Svoltai e mi diressi verso lo studio.
Avevo il cuore che batteva all'impazzata e la voglia matta di dirle ogni cosa.
Capii di aver aspettato abbastanza ed ora ogni secondo che passavo lontano da lei mi stringeva lo stomaco.
Quando arrivai la receptionist se n'era già andata e le poche luci che illuminavano l'atrio rendevano l'aria quasi tetra, ma non mi interessava.
Mi diressi verso l'ascensore a memoria.
Avrei potuto fare quella strada ad occhi chiusi, mi sarebbe bastato il cuore.
Nell'ascensore il tempo si congelò.
Non cercai nemmeno le parole giuste, sapevo che sul momento mi sarei dimenticato ogni programma.
Se il nostro era un gioco allora avrei puntato ogni cosa su quella scommessa.
Mi avventai verso il suo studio ed entrai senza bussare.<<Skyler, senti, devo parlarti>>, quando alzai lo sguardo verso la scrivania la trovai vuota.
Per un momento ebbi i terrore che fosse andata a casa.
Guardai l'orologio che segnava pochi minuti alla mezzanotte e mi maledii per non averci pensato prima.
Quando però andai verso il corridoio notai una luce provenire dal terrazzo.
La speranza si riaccese in me e quando vi ci arrivai e notai che era lì.
Se ne stava rannicchiata sulla poltrona, avvolta in una coperta grigia.
Bussai leggermente sulla porta di legno ma lei non si voltò.
Rimase immobile nel silenzio.<<Skyler?>> la chiamai avvicinandomi a pochi passi da lei.
Inizialmente pensai che mi stesse ignorando, ma quando le poggiai una mano sulla spalla notai che era congelata.
Si era addormentata.
Non ci pensai due volte e la presi in braccio per portarla all'interno dello studio.
La poggiai delicatamente sul divano del salottino d'ingresso e le rimboccai una coperta che avevo trovato nel suo ufficio siccome l'altra si era impregnata d'umidità.
Lei si rannicchiò sul fianco tenendo le mani tra il cuscino e la sua guancia.
Sembrava un angelo.
Gli occhi chiusi, il respiro lento e regolare, le guance leggermente rosse per il freddo.
Non riuscii a non pensare che non fosse mai stata così bella.
Provai ad immaginare cosa stesse sognando, ma la semplice visione di lei era mille volte meglio di qualunque ipotesi potessi fare.<<Sai, mi hai fatto male con quelle parole>>, iniziai a parlarle nonostante sapessi che non poteva sentirmi ne rispondermi.
<<Ma quello che mi ha fatto più male è non essere riuscito a trasmetterti ciò che avrei voluto quella notte>>, continuai sospirando.
Distinguere se stessi parlando a lei o a me stesso era più difficile del previsto.
<<A volte penso a cosa sarebbe successo se non me ne fossi mai andato, se invece di lasciarti quel biglietto confuso te ne avessi parlato di persona>>, si mosse leggermente ma senza mai svegliarsi.
<<Ma poi penso che io il passato non posso cambiarlo e quindi faccio cose come quella che avrei voluto fare stasera>>, le spostai dietro l'orecchio una ciocca di capelli che le era finita sul volto.
<<Non so quale sia la scelta giusta, ma so che questi sei mesi sono stati i più veri che abbia mai vissuto e non voglio perdermi l'opportunità di continuare a vivere veramente insieme a te>>, presi il biglietto da visita dal tavolino di fronte a me e vi lasciai una scritta.
Mi calai verso il suo volto e le posai un bacio sulla fronte. Non avrei voluto lasciarla da sola, ma infondo sapevo che non volesse vedermi e che se fossi rimasto lì non avrei fatto altro che invadere i suoi spazi.
Ed infastidirla era l'ultima cosa che volevo.
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ChickLitSkyler Lewis. John Carter. Lei la sua studentessa. Lui il suo professore. Quello che sembrava uno stupido gioco di ruolo diventa qualcosa di molto più grande quando, cinque anni dopo, l'affascinante professor Carter ritorna nella sua vita con una sc...