Vestitino bianco

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JOHN

Quella fu una delle lezioni più difficili che avessi mai fatto. Il programma che avevo preparato sembrava davvero calzare a pennello con quello che era successo poco prima con la Lewis.

Che poi...che diavolo era successo?

Perché avevo iniziato a provocarla?
Perché l'avevo attirata a me?
Perché l'avevo toccata?
E perché avevo l'impressione che anche lei volesse tutto quello?

Le sue mani si erano poggiate su di me e avevo sentito tutta la sua titubanza, il suo tremore, però poi le sue guance si erano tinte di un rosso adorabile e i suoi occhi avevano cercato i miei.
Le avevo guardato le labbra, quelle labbra con cui avevo litigato molte volte, con cui avevo parlato molte volte... le labbra che avevo immaginato tante, troppe volte.

<<Professore, ma quindi amore e sesso sono due cose distinte che non hanno legame?>>, mi chiese una voce da qualche parte della classe.

Solo allora mi resi conto di star parlando senza nemmeno concentrarmi sulle parole.

<<Il dialogo tra i corpi, con la cerniera del sentimento e quindi quello che viene chiamato "amore", regala la possibilità di esplorare paesaggi emotivi mai visti prima. La sessualità, cosa ben diversa dal sesso, è sesso e amore. È sensi e fantasia. È adesso e dopo. È trasgressione e appartenenza>>, risposi voltandomi a guardare la signorina Lewis, che sorprendentemente mi stava già guardando.

Così mi fotti il cervello...

<<Grazie>>, la voce di un altro studente mi riportò alla realtà.

<<Prendetevi dieci minuti per voi>>, dissi dirigendomi verso la classe.

<<Dammi un bacio dai>>, sentii la voce di Michael e la rabbia dentro di me ribollì.

Non ci pensare nemmeno.

<<Lewis, venga qui>>, osservai i suoi occhi posarsi su di me.

<<Certo, professore>>, e si alzò mostrandomi di nuovo quel vestitino bianco che mi stava facendo immaginare cose troppo poco consone.

La gonna non la fasciava, ma ricadeva morbida poco sopra alle ginocchia.
Si muoveva al movimento delle sue gambe ed io non riuscivo a staccare gli occhi da lì.

Era così...

<<Mi dica>>, me la ritrovai molto velocemente in piedi di fianco a me.

Non era una ragazza molto alta, perciò la sua pancia combaciava perfettamente con il mio viso e quell'idea mi stava facendo impazzire.

<<Prego, si sieda>>, nel farlo le nostre gambe si sfiorarono e in quel momento la maledii più che mai. Mi stavo eccitando e speravo con tutto me stesso che lei non lo avesse notato.

<<Perché mi ha fatto venire?>>, sussurrò con gli occhi nei miei per poi spalancarli, rendendosi conto del doppio senso che conteneva quella frase.

Magari...

<<Si nel senso...>>, provò a rimediare ma io le posai una mano sulla coscia, a metà tra il tessuto e la sua pelle. Fu un gesto impulsivo che però la fece tremare.

Lei distolse lo sguardo, ma non appena strinsi leggermente la presa tornò a guardarmi.

<<Siamo davanti alla classe...>>, sussurrò, ma la cosa non mi preoccupava.

Tutti gli studenti stavano parlottando o giocando con il telefono. Il rischio c'era, ma non era così preoccupante, anzi. L'avrei definito eccitante.

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