Pensiero fisso

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SKYLER

<<È questa>>, indicai la struttura bianca che era casa mia.

Carter accostò piano e spense la macchina.
Nessuno dei due si mosse. Nessuno disse niente.
L'unico rumore alternato a quello dei nostri respiri erano le gocce che si schiantavano sul vetro dell'auto.
Mi tolsi piano la cintura e spostai leggermente il capo alla mia sinistra facendo combaciare il sedile con la mia guancia.
Lui fece lo stesso e mi guardò dall'alto.
Non stava parlando ma i suoi occhi dicevano molto più di ciò che avrebbe potuto mai dire a parole. Vi ci leggevo preoccupazione. Timore. Ma allo stesso tempo calma. Una calma contagiosa.
Erano talmente scuri da non sembrare nemmeno blu. Un po' come il cielo quella notte.

<<Ti chiedo scusa per ciò che è successo oggi, non avrei dovuto trascinartici con me>>, trovai il coraggio di confessare.

Abbassai il capo ma le sue dita fecero leva sul mio mento per obbligarmi a guardarlo.

<<Sono felice di esserci stato>>, disse facendole scivolare lente sulla mia guancia che sembrava essere fatta per stare lì.

<<Grazie>>, sussurrai andandogli in contro e poggiandomici.

Speravo che non la togliesse mai.
La sensazione della sua pelle sulla mia era così piacevole da farmi dimenticare ogni cosa.

<<Non devi ringraziarmi>>, mi carezzò la guancia con il pollice caldo.

Tornammo nel silenzio senza mai smettere di guardarci.
Era tutto così calmo. Piacevole.
Ci studiammo a vicenda. E forse era la prima volta in cui lo facevamo per davvero.
Mi ritrovai davanti alla consapevolezza del fatto che fossero passati cinque anni dall'università. Cinque anni in cui eravamo entrambi cambiati moltissimo.
Davanti a me non c'era più un giovane professore alle prime armi, ma un uomo realizzato, cresciuto.
Ora potevo vedere più chiaramente il segno di quella barba che si ostinava a rasare. Il pomo d'adamo era più sporgente e la voce più sicura.
Le spalle più allenate avrebbero potuto sovrastarmi in un istante. Il petto gonfio mi avrebbe potuto proteggere da qualsiasi cosa.
Ma ciò che mi piaceva di più era il profumo della sua pelle. Era anestetizzante.

I minuti passavano e la pioggia diventava sempre più intensa. Fu proprio un tuono a distoglierci da quello sguardo ormai intrecciato.

<<Meglio che vada>>, dissi ritraendomi.
Non mi ero neppure resa conto di essergli così vicina.

<<Aspetta>>, disse lui prima di uscire dalla portiera tenendosi la giacca sulla testa.

Lo seguii con lo sguardo mentre raggirava la macchina sino ad arrivare dal mio lato.
Quando feci per scendere mi portò sotto il tessuto con lui e corremmo insieme verso il portoncino d'ingresso.
Mi scappò una risata quando notai i suoi capelli totalmente bagnati, ma poi guardai i miei completamente asciutti e non potei fare a meno di sorridere.

<<Proprio un cavaliere>>, dissi cercando le chiavi nella borsa.

<<Stavolta un grazie puoi dirmelo>>, rispose scrollandosi l'acqua dai capelli e bagnandomici il volto.

<<Stronzo>>, sibilai con un sorriso sulle labbra.

Lo spinsi leggermente con la spalla ma lui non si smosse dal mio fianco.
Continuai a guardarlo e notai due piccole fossette nascergli sulle guance nello sfoderare quel suo bellissimo sorriso accompagnato da una risata a dir poco mozzafiato.

<<Vuoi entrare?>>, gli chiesi varcando la porta.

<<Ma come siamo dirette>>, alla proposta mi rivolse uno sguardo ammiccante che mi fece quasi arrossire.

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