Fantasmi del passato

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JOHN

Quel pomeriggio passai a prenderla ed andammo in ufficio insieme.
Non parlammo più di tanto, tra di noi c'era un leggero imbarazzo che non ci permetteva di essere puramente trasparenti.
Quel bacio aveva significato molto per entrambi, ne ero sicuro, ma non avevo idea di cosa stesse passando per la sua testa.
Da quando era salita in macchina aveva a malapena parlato, la sera prima mi aveva salutato in una maniera abbastanza frettolosa e non sapevo quanto di questo fosse dovuto al nostro avvicinamento.
Temevo che ci fosse dell'altro sotto.

<<Inizia a salire, recupero un paio di cose e arrivo>>, mi disse dirigendosi verso la segreteria.

La guardai allontanarsi svelta. Era come se stesse scappando.

Che diavolo ti sta succedendo, pensai.

Entrai in ascensore e schiacciai il pulsante dell'ultimo piano.
Cercai di non pensarci troppo e mi convinsi che fossi io troppo precipitoso, ma risultò più difficile del previsto.
Quella ragazza oramai era un pensiero fisso nella mia mente e scappare non era assolutamente nei miei piani.
Attesi impaziente che le porte si chiudessero, ma poco prima che lo facessero un uomo si precipitò all'interno dell'ascensore.
Vestito elegante, capelli perfettamente acconciati, cravatta stretta e valigetta in pelle.
Dedussi che fosse un avvocato o qualcosa di simile.

<<Skyler ciao, ho provato a chiamarti. Vorrei parlarti. Chiamami appena puoi>>, quando sentii il suo nome lo guardai meglio e lo riconobbi immediatamente.

Era Tyler.
Lui non mi degnò di uno sguardo, ma forse era meglio così.
Il pensiero di spaccargli la faccia stava diventando sempre più piacevole nella mia mente.
Ma d'altronde era così per chiunque si avvicinasse a lei.
Avrei voluto averla tutta per me. Volevo che fosse totalmente mia.
Ma dentro me sapevo di non avere il diritto di essere geloso.
Lei non era di mia proprietà ed era libera di frequentare chiunque volesse, ma il solo pensiero di vederla vicina ad un altro mi mandava in tilt.

Arrivato nel suo ufficio mi soffermai su una piccola scatolina lasciata sulla scrivania.
Era cubica e di un color panna molto leggero.
Era chiusa da un fiocco blu e vi era un piccolo biglietto.
Non mi concentrai a leggerne il contenuto, mi soffermai solo sul piccolo nome sulla destra.

Tyler.

Il primo istinto fu quello di buttarla, ma fortunatamente Skyler entrò nella stanza prima che mi facessi prendere da quel desiderio del tutto sbagliato.

Non ne hai il diritto, continuai a ripetermi nella mente tentando di mantenere la calma.

<<Che succede?>>, chiese lei scorgendo la piccola scatola alle mie spalle.

<<Il tuo spasimante ti ha lasciato un regalino>>, sputai con voce sprezzante appena i suoi occhi incrociarono i miei.

Non avrei voluto avere quel modo con lei, ma quel bastardo mi stava facendo scoppiare ogni nervo del corpo e l'autocontrollo non era mai stato il mio forte.

<<Non dovresti spiare nel mio ufficio>>, mi sembrò di notare un tono divertito nella sua voce che mi fece incazzare ancora di più.

Stava mettendo a dura prova la mia pazienza.

<<E tu non dovresti ancora parlare con quel coglione>>, dissi portandomi di fronte a lei.

Venne verso la scrivania e vi appoggiò i fogli che reggeva tra le mani per poi concentrarsi su quella stupida scatola.

<<Ma guarda che bel pensiero>>, la alzò vicino al mio volto con un sorriso da bambina sulle labbra.

Gliel'avrei volentieri strappato a morsi.

<<Non giocare con me Skyler>>, dissi stringendomi il labbro tra i denti.

Sentivo di star per esplodere.

<<Non sto giocando, è davvero un pensiero carino>>, continuò prendendo il foglietto tra le mani.

<<Dal giorno in cui ti ho conosciuta vengo a lavoro molto più volentieri>>, lesse ad alza voce facendomi incrociare le braccia al petto.

Mi stava decisamente provocando e non sarebbe andata a finire bene.

<<Mai sentito dedica più banale>>, sbuffai facendomi scappare una piccola risata.

<<Almeno lui l'ha lasciato un biglietto>>, il suo sguardo si fece più duro.

Si affrettò a voltarsi, ma l'afferrai prontamente dal braccio obbligandola a guardarmi negli occhi.

<<Che intendi dire?>>, chiesi cercando di scorgere qualcosa nei suoi occhi.

Non capivo davvero a cosa si riferisse ed il fatto che non mi rispondesse mi mandava ancor di più in confusione.

<<Skyler>>, la richiamai nuovamente vedendola ammutolita.

<<Vuoi davvero saperlo?>>, alzò improvvisamente la voce strattonando il braccio per liberarsi dalla mia presa.

<<Certo>>, dissi seguendola con lo sguardo mentre andava a chiudere la porta del suo studio.

<<Le tue stupide rose Carter, pensi che me ne sia dimenticata?>>, la sua voce spezzata mi colpì dritto al cuore.

Stavo davvero cercando di capirla, ma non riuscivo a trovare una risposta a quelle sue accuse.
Credeva che il mio biglietto fosse banale?
Il mio pensiero stupido?

<<Lo credevo, si>>, confessai appellandomi a quel pensiero che mi distruggeva.

Il mio impegno in quella promessa era molto chiaro ed il fatto che lei lo stesse sottovalutando mi faceva incazzare quasi quanto quello che era successo prima.

<<Dici davvero?>>, chiese spalancando gli occhi.

<<Non ci voglio credere>>, rise poi pizzicandosi le labbra.

Cercai un contatto con lei ma non faceva altro che camminare per la stanza senza mai guardarmi.

<<Skyler, cazzo, ti vuoi fermare?!>>, alzai la voce esausto.

<<Fermarmi?>>, si voltò improvvisamente rivelandomi i suoi occhi lucidi.

Non capivo se  la sua fosse rabbia o delusione.

<<Sono stata ferma ad aspettare una stupida spiegazione per troppo tempo Carter! Il tuo tempo è scaduto, sono stanca, voglio andare avanti>>, mi sputò addosso.

Quelle parole fecero più male del previsto.
Tanto da lasciarmi senza alcuna parola.
Mi limitai a guardarla in silenzio.

<<Scusa, io non...>>, provò a spiegarsi, ma non avevo intenzione di stare ad ascoltarla.

Già troppe persone mi avevano accusato di essere il problema, non avrei ascoltato un'altra singola parola.
Quello che aveva detto era abbastanza per capire che tutto ciò che avevo immaginato su noi due fosse solo un desiderio sospeso. Irraggiungibile.
Avrei dovuto capirlo prima, già da come non aveva risposto a quel biglietto, a quella promessa.
Per lei era come se non esistesse alcun biglietto, alcuna promessa.
E quando apri il tuo cuore a qualcuno e quel qualcuno non gli da il giusto peso fa male.
Fa male da morire.
Brucia nel petto e perfora la mente.
Così feci l'unica cosa che mi venne in mente in quel momento.
Presi la giacca che avevo poggiato sulla poltrona ed andai verso la porta.
Avevo bisogno di uscire da lì.
Avevo bisogno di respirare, di distrarre la mente prima che mi divorasse.
Ed io mi conoscevo.
Sapevo che quelle sue parole mi sarebbero rimbombate in testa fino a logorarmi.
Sarebbero diventate un tarlo che non mi avrebbe lasciato via d'uscita.

<<Carter non andare>>, la sua mano si posò sul mio braccio ma sfuggii alla sua presa.

Prima di uscire mi fermai di fronte alla porta dandole le spalle.

<<Smetterò di pensarti solo quando l'ultima rosa di questo mazzo appassirà>>, recitai a memoria quelle parole che ora mi facevano male, male da morire.

E me ne andai.
Forse quella volta per sempre.

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