Parole velenose

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SKYLER

Quella mattina arrivai a lavoro leggermente più tardi del solito, ma la cosa non mi preoccupava visto il poco lavoro che avevo programmato per la giornata.
Prima di andare in ufficio mi fermai a prendere i cornetti per lo studio. Ogni tanto mi piaceva viziarli un po'.

<<Ve li lascio qui, sono un po' misti>>, poggiai il vassoio sul tavolo stringendomi nel mio cappotto nero.

<<Sei la migliore>>, disse Maggie addentando un bombolone alla crema.

<<A inizio settimana serve la spinta, non si lavora a stomaco vuoto>>, scherzai dirigendomi verso l'appendiabiti.

Mi ero svegliata felice ed il fatto che non succedesse da un po' mi fece riflettere parecchio.
Non era cambiato molto nella mia routine, nessuno era uscito dalla mia quotidianità ma di certo qualcuno vi era entrato. I miei pensieri andarono inevitabilmente a Carter.
In tutti quegli anni mi ero limitata a condannarlo per il suo comportamento senza mai volerne capire il motivo. Avevo sofferto molto senza nemmeno riuscire a dare un nome a quel dolore.
Eppure da quando era rientrato nella mia vita avevo ritrovato un'armonia che mancava da tempo.

<<Alla buon ora>>, sentii una voce provenire dalla mia scrivania varcando la soglia della stanza.

<<Carter, buongiorno, che ci fai qui?>>, chiesi guardandolo stranita.

<<Non lo so, forse hai un progetto da finire?>>, il suo tono scontroso mi risuonò in testa come un grillo, ma cercai di non farci troppo caso.

<<Abbiamo stabilito i termini, pensavo che ti andasse bene procedere così>>, rimasi ferma su due piedi limitandomi a spingere la porta dietro di me.

<<Ti stai prendendo troppo spazio, il mio lavoro dev'essere finito il prima possibile e se non ne sei in grado mi rivolgerò a qualcun altro>>.

Quelle parole mi arrivarono dritte al cuore.
Sentii un rumore strano provenire da lì.

Crack.

<<Carter che succede?>>, mi avvicinai poggiandogli la mano sulla spalla.

I suoi occhi si sgranarono al contatto e si ritrasse alzandosi velocemente dalla sedia. Vi era un velo invisibile di paura. Ma io riuscivo a vederlo.
Sembrava un cucciolo smarrito.

<<Lewis, senti, tu lavori per me. Togli tutto ciò che c'è nel mezzo. Non è necessario e sicuramente non è ciò che voglio>>.

E di nuovo.

Crack.

<<Io non>>, le parole mi si erano congelate in bocca.

Ogni cosa di lui in quel momento mi faceva male.
Le sue parole. La freddezza che aveva nel pronunciarle. La noncuranza che le accompagnava.

Chi avevo davanti?

<<Non sei cambiata per niente. Ricordavo che la professionalità non fosse il tuo forte, ma pensavo, anzi speravo, che fossi cresciuta>>, lo disse guardandomi negli occhi. Senza scrupoli.
Senza filtri. Senza emozione.

Crack.

<<Esci dal mio ufficio>>, trovai la forza di dire.

<<Molto maturo>>, disse prendendo la giacca dalla sedia e dirigendosi verso la porta.

Lo vidi tergiversare sulla soglia ma gli voltai velocemente le spalle.
Ogni sua parola mi rimbombava in testa.
Quando l'ascensore iniziò a chiudersi gli lanciai l'ultimo sguardo ed i miei occhi incrociarono i suoi.
Sembravano spenti. Forse delusi.
Mi avvicinai alla porta a passi svelti e la chiusi prima che lo facessero quelle dell'ascensore.
Tentai di non far caso a quel suo sguardo e lo guardai nella maniera più fredda possibile.
Stavo morendo dentro, ma se avevo imparato qualcosa dal passato era che mostrargli la parte più vera di me l'avrebbe fatto scappare e, per quanto mi avesse ferita in quel momento, non potevo permetterglielo.
Così rimasi in quella stanza a sentire le sue parole come se fossi in un loop infernale.
Facevano dannatamente male già da sole, ma ciò che mi spaventava di più era il motivo per cui me le aveva rivolte.
Nessuno.
Almeno apparentemente.
Due sere prima avevamo condiviso quel momento magico davanti casa mia, ieri eravamo andati a lavoro insieme e sembrava andare tutto bene.
Provavo disperatamente a trovare anche una piccola ragione per cui si sarebbe dovuto comportare in quel modo, ma non la trovavo.
Era semplicemente uno stronzo.
Mi abbandonai alla scrivania reggendomi la testa tra le mani.
Era riuscito a distruggere un cuore che aveva appena ritrovato la forza di battere.
Mi sentivo stupida. Gli avevo permesso di nuovo di avvicinarsi in una maniera subdola, forse quasi invisibile, ed il risultato era stato lo stesso.
Proprio quando le cose iniziavano ad andare nel senso giusto, proprio quando avevo ritrovato la vitalità di prima, era crollata ogni cosa.

<<Skyler, dobbiamo iniziare la riunione>>, la testa di Maggie spuntò dalla porta satinata di fronte a me.

<<Pulisci lo zucchero a velo prima>>, le indicai l'angolo della bocca ridacchiando leggermente.

<<Oh, giusto, grazie>>, sorrise pulendosi.

<<Andiamo dai>>, mi alzai prendendo le cartelline con i documenti necessari e mi incamminai verso la sua direzione.

<<Spacchiamogli il culo>>, mi prese sotto braccio stringendomi a se.

La sua positività mi fece sorridere.
Ero così fortunata ad averla nella mia vita.

<<Sei ancora sporca>>, le toccai il naso con l'indice.

Camminammo verso l'aula riunioni una affianco all'altra, con il suono dei nostri tacchi in sottofondo. Sembrava quasi un film.
Lei aprì la porta della stanza rivelando le nostre figure già visibili dalle vetrate trasparenti.

<<Buongiorno, cominciamo?>>.

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