Rapporti strappati

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JOHN

Mentii.
Passai volontariamente a prenderla quella mattina.
Nessuna coincidenza. Nessuna casualità.
E nemmeno dentro la mia testa c'era una motivazione precisa.
Non feci altro che pensarla, per tutta la notte, e l'unica cosa che volevo era rivederla.
Perciò mi diressi da lei ed andammo a lavoro insieme.
Parlammo durante il tragitto.
Mi raccontò di come il suo gatto avesse rovinato il suo tappeto preferito.
Mi fece sorridere la sua ingenuità.
Sembrava come una bambina.
E forse era ciò che preferivo di più di lei.

<<E quindi ora devo comprarne uno nuovo>>, disse chiudendo la portiera e portandosi la borsa alla spalla.

<<Davvero un peccato>>, chiusi la macchina e mi incamminai affianco a lei.

All'ingresso della struttura ci incrociammo con la sua segretaria che ci guardò attenta.

<<Signor Carter, che ci fa lei qui?>>, chiese rivolgendo lo sguardo su di me.

Notai il cambiamento che ebbe la sua postura.
Si eresse con la schiena e sporse in una maniera anche troppo evidente il petto verso di me.
Rivolsi un veloce sguardo verso Skyler e notai il modo in cui la stava fulminando.
Non mi diede nemmeno il tempo di rispondere che si posizionò tra noi due.

<<Stiamo ancora dormendo per caso? È un mio cliente>>, rispose poggiandosi con le mani sui fianchi.

Ce l'avevo davanti e mi arrivava al petto.
Nessuno avrebbe mai potuto prenderla sul serio,
eppure la donna di fronte a lei si ritrasse immediatamente.
Amavo il modo in cui si faceva valere sempre.
Era piccola e carina, ma non avrei mai voluto essere nei panni di chi ci si metteva contro.

<<Mi scusi>>, rispose la donna ricomponendosi.

Io e Skyler ci incamminammo verso l'ascensore ed una volta al suo interno mi lasciai scappare una risata.

<<E tu che ridi?>>, chiese ancora infastidita dalla scena di poco prima.

<<Cos'è sei gelosa?>>, la provocai spingendola un po' con la spalla.

I suoi occhi cambiarono immediatamente.
Si voltò nella mia direzione e mi guardò con la bocca leggermente schiusa.

<<Ma quale gelosa>>, tornò all'attacco.

Era davvero adorabile.

<<Non accetto distrazioni del genere, tutto qui>>, le sue braccia si incrociarono di nuovo al petto e mise un broncio da bambina.

<<Va bene gnometto>>, ridacchiai.

<<Come mi hai chiamata?>>, mi guardò dal basso.

<<Sei un po' piccolina>>, estrassi le mani dalle tasche e feci un passo verso di lei.

<<Il tuo cervello è piccolo>>, indietreggiò arrivando sino alla parete dell'ascensore.

<<Proprio una bimba>>, continuai ad avvicinarmi poggiandomi con la mano a sinistra della sua testa.

<<Vaffanculo>>, sputò infastidita.

Nel farlo si issò sulle punte per arrivare quanto più in alto possibile e sporse il viso verso di me.
Rimasi zitto ad osservarle il volto così vicino al mio. Riuscivo a sentirle il respiro.
Notai i suoi occhi scrutare i miei, mentre io ricaddi di nuovo in quella condanna che erano le sue labbra. La più bella delle condanne.
Le porte dell'ascensore ruppero quel momento in un secondo. Si divisero rivelando l'ultimo piano del palazzo.

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