Fori nell'anima

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SKYLER

Vidi un punto luminoso, sembrava essere un faro. Si, un faro nel mare.
Non era lontano ma nemmeno troppo vicino.
Riuscivo a percepirne il suo calore ma non era cuocente, anzi, l'avrei definito calmante.
Mi guardai attorno e mi accorsi di essere come stesa su una zattera.
La tastai con la mano e con mia grande sorpresa la scoprii soffice. Il modo in cui vi ci sprofondai mi lasciò perplessa.
Era una zattera molto, molto morbida.
Mi stropicciai gli occhi con i dorsi delle mani e quando li riaprii mi resi davvero conto di dove fossi.
Ero stesa sul divano dello studio con una morbida coperta lilla a proteggermi dal freddo.
Il faro che vedevo prima non era altro che un bagliore di luce che penetrava nella stanza dalla tenda leggermente scostata. 
Mi misi a sedere e solo dopo aver aperto e richiuso gli occhi un altro paio di volte notai un piccolo bigliettino attaccato al vetro del tavolino di fronte a me.
Lo presi tra le mani e sorrisi.
Non l'avevo ancora letto ma il pensiero che potesse essere di Carter mi fece bene al cuore.

Smetterò di pensarti solo quando l'ultima rosa di questo mazzo appassirà.

La mia mente tornò immediatamente alla sera precedente e tutto il mio euforismo svanì.
Ripensai a quelle parole. Alle mie parole.
Al modo sbagliato in cui le avevo cacciate fuori e mi resi conto di quanto fossi stata ingiusta a prendermela con lui.
Ero così arrabbiata con me stessa, con il poco tempo che ci rimaneva, con il passato...che avevo lasciato si riversasse tutto su di lui.
Certo, ciò che avevamo passato era la causa di tutta quella mia confusione, ma niente di ciò che gli avevo detto voleva essere così rude.
Gli avevo detto di voler andare avanti senza minimamente pensare a quanto fossi stata bugiarda in quel momento.
Odiavo il modo in cui mi ero comportata.

<<Skyler?>>, una voce sorpresa mi colse di sprovvista facendomi quasi sobbalzare.

Mi voltai alla mia sinistra e vi trovai Maggie intenta a togliersi la sciarpa.
Poggiò le chiavi dello studio sul mobile all'ingresso senza smettere di studiarmi.
Riportai lo sguardo sul biglietto che stringevo ancora tra le mani ed in un attimo mi alzai facendolo sparire nella tasca posteriore del pantalone.

<<Maggie, ciao>>, sorrisi cercando velocemente in testa una scusa per giustificare la mia presenza lì.

Lei passò a studiare il divano dal quale mi ero alzata con tanta fretta, facendo trasparire tutta la curiosità che aveva nel guardare la coperta lilla che di solito tenevo nel mio studio.

<<Scusa, ma hai dormito qui?>>, chiese facendosi scappare una piccola risata divertita.

Quel suo tono mi fece immediatamente calmare.

<<Diciamo di sì>>, la mia risata velata da un leggero imbarazzo riuscì a fregarmi.

<<Mh, va bene, non chiedo ciò che non voglio sapere>>, continuò lasciando la stanza per dirigersi verso il suo ufficio.

Quando vagliò la soglia di quella porta mi lasciai scappare un sospiro di sollievo.
A dire il vero non mi ero nemmeno resa conto di star trattenendo il respiro.
Con la mente tornai a qualche minuto prima, a quel divano, a quel biglietto, alla sera precedente e finalmente collegai ciò che era successo.
Ricordai di essermi addormentata sul terrazzo.
Un sorriso nacque spontaneo sulle mie labbra quando rilessi il biglietto. Quella scrittura era la sua e non c'era niente che potesse dimostrare che non fosse stato lui a riportarmi al caldo.
Era un gesto così dolce che avrebbe quasi potuto sciogliermi ed in un attimo mi trovai a viaggiare.
Provai ad immaginare la delicatezza della sua presa, il mio corpo tra le sue braccia e quel leggero venticello quasi impercettibile stretta a lui. Poi lo vidi seduto affianco alla mia figura stesa, chino sul tavolo, impegnato a scrivere ciò che ora stringevo tra le dita.
Allora mi concentrai sulle sue parole.

<<Smetterò di pensarti solo quando l'ultima rosa di questo mazzo appassirà>>, sussurrai piano. Quasi spaventata dal loro potere.

Sul foglietto vi era un piccolo foro circolare, come un appiglio per passarci uno spago e più lo studiato, più il quadro mi era chiaro.
Presi velocemente le mie cose ed andai a salutare Maggie.

<<Mi prendo la giornata libera>>, le dissi prima di sparire tra le porte dell'ascensore.

Mi precipitai a casa con un solo pensiero in mente e quando arrivai di fronte alla mensola di camera mia avevo le mani tremolanti ed il cuore accelerante di battiti.
Tra le dita stringevo ancora quel pezzo di carta giallo mentre i miei occhi sapevano già quale fosse la loro destinazione.
Mi ritrovai a fissare quello spago che pendeva dal punto più stretto dell'ultima rosa rimasta.
L'avevo legato lì prima di buttare il resto del mazzo una volta appassito.
Me lo immaginai per com'era quella sera di tanti anni prima e mi ritrovai a stringerlo tra le mani di fronte al portoncino di casa.
I ricordi di quanto ne fossi felice erano lucidi come all'ora. Ricordo ancora di averlo studiato come se fosse la cosa più bella del mondo.
Eppure allo stesso tempo continuavo a guardare quello spago e quel foro sul biglietto.
Pian piano i pezzi del puzzle cominciavano finalmente a combaciare.
Ciò che mi lasciava comunque perplessa però era la risposta che mi aveva dato.
Credeva mi fossi dimenticata dei suoi fiori.
Ma perché avrebbe dovuto crederlo se li aveva volontariamente lasciati lì senza aggiungere nient'altro?
Era tutto così strano.
E se invece un biglietto l'avesse lasciato?

<<Impossibile>>, sussurrai sforzandomi di ricordare ogni dettaglio di quella sera.

Ero sicura di non averne trovato nessuno.
Ma allora cos'era quello spago legato ad unione di tutte quelle rose? E perché il biglietto aveva quel foro così perfetto? Non poteva essere uno strappo. Era stato bucato volontariamente.

<<Il biglietto si è strappato dal mazzo>>, mi ritrovai a confessare al silenzio di quella stanza.

E fu proprio quando quel pensiero iniziò a balenarmi nella mente che riuscii ad avere un quadro completo di ciò che era realmente successo cinque anni prima.
Aveva tutto più senso.
Lui non mi aveva cercata perché io non l'avevo mai fatto. Ed io avevo pensato lo stesso.
Carter era sicuro che io avessi ricevuto il suo messaggio quando in realtà a me non era nemmeno mai arrivato. Ed io ero certa fosse scappato senza lasciare alcuna spiegazione.
Tutte le condanne che avevo concluso in quegli anni erano basate su uno stupido equivoco.
Ci eravamo tenuti a distanza per così tanto tempo per uno stupido equivoco.
Una piccola risata mi uscì spontanea dalle labbra.
Non riuscivo a credere a quella possibilità, anche se più ci pensavo e più mi sembrava reale.
Nessuno dei due poteva avercela con l'altro.
Non avevamo il diritto di essere arrabbiati per una cosa che non sapevamo a vicenda.
In quel momento feci l'unica cosa che mi veniva in mente ed andai da lui. Avevo bisogno di chiarire tutta quella situazione.

Arrivata di fronte al portone di casa sua sentii il cuore a mille. Avevo il pugno sospeso a pochi centimetri dalla porta ed il coraggio che calava piano piano.
Eppure lo feci. Due battiti forse anche troppo lievi per essere sentiti e la sua figura sostituì il legno bianco che avevo di fronte poco prima.

<<Lewis>>, disse con una voce marcata dalla stanchezza. Sembrava non avesse dormito affatto.

<<Carter>>, dissi guardandolo negli occhi.
Erano così provati da farmi quasi rabbrividire.

<<Come sai dove abito?>>, chiese piano.

<<Ci hai lasciato i tuoi dati, non ricordi?>>, la mia risposta lo fece sorridere lievemente, ma fu questione di un attimo perché torno subito serio.

Vederlo così distrutto lacerava ogni parte di me.
Non sopportavo di avergli causato tutto quel dolore con le mie parole.

<<Devo parlarti>>, dicemmo all'unisono poco dopo.

Mettere ogni nostra carta allo scoperto era l'unico modo per ricominciare da capo. E magari insieme.

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