22. Non è colpa tua

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22. Non è colpa tua.

"Ogni volta che una donna lotta
per se stessa,
lotta per tutte le donne"

MAYA ANGELOU

🦋

Mi dirigo velocemente verso la mia classe.

Ormai la lezione di storia sarà iniziata da più di mezz'ora, ma credo che ormai sia inutile entrare in classe.

Decido di rifugiarmi in bagno e approfittarne per bere un po'.

Ho la gola stramaledettamente secca.

Varco la porta in legno bianco e mi dirigo immediatamente verso i lavandini. Mi abbasso leggermente e faccio sì che l'acqua mi bagni le labbra. Rilasso le palpebre e il mio pensiero vola subito agli istanti vissuti poco prima.

Forse ho un po' esagerato. Ma che dico! Se lo è meritato. Lui mi ha lasciato da sola in un supermercato. Forse non proprio sola...c'era Samuele, e lui lo sapeva, ma perché lo ha fatto in primo luogo? Pretendeva che lo ringraziassi per non avermi lasciato completamente in pasto ai pazzi che girano di notte per le strade di Roma?

E poi come un flash mi sento pizzicare i fianchi, proprio dove poco prima ha poggiato le sue mani.

E poi...la scommessa.

Tanto io vinco sempre e non lascerò che succeda ancora. Non voglio innamorarmi di nuovo. La prima volta ha fatto troppo male.

Richiudo il rubinetto e mi asciugo la bocca passandomi la mano sulla bocca, visto che a quanto pare avere un rotolo di Scottex o di carta igienica nelle scuole italiane è chiedere troppo.

«Rossi, hai già finito di versare acqua addosso ai ragazzi?». Una voce alle mie spalle mi costringe a girarmi. Ginevra è poggiata sul davanzale della finestra e guarda verso di me. In realtà non so dire con precisione se stia guardando effettivamente me visto che i suoi soliti occhi color ghiaccio sono coperti da un paio di occhiali da sole. Al collo indossa una pesante sciarpa di lana fucsia e ai suoi piedi è poggiato lo zaino che utilizza per venire a scuola, rigorosamente firmato Moschino.

Possibile che nessuno si sia accorto che fosse dello struccante?

«Si può sapere come ti sei conciata?», domando deridendola.

«Non sono affari tuoi». Torna a rivolgere lo sguardo verso l'esterno, attraverso i vetri appannati della finestra del bagno.

«Se è per questo non sono affari tuoi su chi decido di versare dello struccante», ribatto incrociando le braccia al petto. Continuo a osservare il suo strano abbigliamento.

Fuori è nuvoloso e non mi sembra che faccia troppo freddo dentro scuola.

«Lo sono nel momento in cui quel poveretto viene sputtanato sulla pagina Instagram della scuola. Non riesco proprio a capire cosa ci trovi in te». Torna a rivolgere lo sguardo verso di me mentre si sistema la coda di cavallo tirata indietro con del gel.

Ti dedico tutta RomaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora