5. Il destino è un bastardo

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5. Il destino è un bastardo.

"Nella vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare."

GIORGIO FALETTI

🦋

Gli occhi piantati nel vetro dell'autobus a osservare le strade dei piccoli e grandi quartieri di Roma sfrecciare davanti agli occhi.

Le cuffie nelle orecchie collegate con il filo al cellulare, intento a riprodurre una playlist casuale delle mille e mille canzoni che ho salvate.

Il palmo della mano poggiato sotto il mento, mentre il gomito è sorretto dal piccolo spazio presente tra la vetrata dell'autobus e i sedili.

Tiro lunghi respiri profondi cercando di ricapitolare tutto quello che è successo oggi e mi ritrovo ad abbassare le palpebre.

È in questi momenti di solitudine, quando sono sola sull'autobus, in camera mia o semplicemente per strada che lo penso. Con le cuffie nelle orecchie io riesco solo a pensare a lui.

Devo andare avanti e so che lo farò, so che a un certo punto non starò così male perché lo faccio sempre, vado sempre avanti, calpesto quello che mi ha fatto male per lasciare un'impronta indelebile sulla ferita, in modo da ricordarmene in futuro.

Il dolore insegna.

E Flavio mi ha rotta. Quella sera, nella mia cameretta, lui mi ha rotta e i cocci sono scivolati via dalle fessure della gabbia in cui mi aveva intrappolato.

«Questi sono gli anni migliori"», dicono tutti e io ho sprecato due anni con lui, con Flavio.

Anni che nessuno potrà ridarmi.

Nessuno se non me stessa e quindi, se proprio non voglio altri dolori e sofferenze da ragazzi che dicono di amarmi e poi mi legano, io starò da sola. Gli unici amori che mi concederò saranno quelli della mia famiglia, delle mie amiche e amici. Fine.

Pian piano lascerò andare anche il ricordo di Flavio e mi divertirò davvero. Tornerò me stessa.

Sento gli occhi inumidirsi e strizzo le palpebre più che posso per non lasciar uscire nessuna lacrima. Io non voglio più piangere e non permetterò più a nessuno di farmi piangere.

I miei pensieri e le mie promesse vengono però disturbate dalla donna seduta accanto a me sul lato sinistro, che mi urta con il gomito costringendomi ad aprire gli occhi.

Lei non mi rivolge né uno sguardo né una scusa e scende alla sua fermata.

Alzo gli occhi al cielo, ma del resto ognuno vive la propria vita, ognuno ha le proprie preoccupazioni e ormai non si fa neanche più caso a chi ti sta vicino. Non si dà più molta importanza al chiedere scusa.

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