Capitolo 48

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Più allungava lo sguardo oltre il davanzale della finestra, più Privet Drive e il susseguirsi di villette schierate ed identiche l'una accanto all'altra, svanivano nell'oscurità densa e immobile di quella notte di Luglio. Il buio fuori dalla stanza, nonostante la fioca luce gialla di un paio di lampioni, era così consistente da far credere a Harry che, se avesse allungato una mano verso il vuoto davanti a sè, l'avrebbe scoperto tangibile.
Teneva i gomiti appoggiati sul davanzale e solo quando il peso che ci poggiava iniziò a renderglieli indolenziti, il moro realizzò di essersi disperso nei suoi pensieri più a lungo di quanto avrebbe creduto. Si sollevò con un sospiro e, per pigra curiosità, girò il capo verso l'interno illuminato della seconda camera da letto di Dudley e il suo sguardo raggiunse e si soffermò sulla piccola sveglia rettangolare sul comodino, dove, in uno squadrato carattere digitale acceso di verde, era segnata una mezzanotte passata da pochi minuti.

L'indomani sarebbe stato il giorno del suo diciassettesimo compleanno: nel giro di quelle ultime ventiquattr'ore la Traccia che lo accompagnava ovunque da sempre si sarebbe dissolta e, se per anni aveva atteso che avvenisse con trepidazione, impaziente di far valere i suoi diritti da mago maggiorenne a tutti gli effetti, per il corso di tutta quell'ultima estate a Privet Drive, Harry invece era riuscito a vedere l'avvicinarsi di quel momento così silenziosamente decisivo soltanto da un'ottica diversa. Non era più trepidante, sentiva ogni giorno scivolargli di dosso, il Sole che tramontava e sorgeva sempre uguale fuori dalla sua finestra altro non era che un enorme ed estenuante orologio, il cui tacito ticchettio faceva girare la testa e seccava la gola. Libertà non era più soltanto libertà, le responsabilità che a tredici anni, quando aveva gonfiato sua zia Marge come un pallone, era già così sicuro di potersi caricare sulle spalle ancora meglio del Ministro della Magia stesso, adesso nemmeno gli passavano per l'anticamera del cervello, erano l'ultima delle sue preoccupazioni. Infatti si era reso conto inevitabilmente di come crescere non sembrasse più un gioco così avvincente e da affrontare con tanta spavalderia: perdere la Traccia significava soltanto una cosa ed era che non avrebbe avuto più scuse per non combattere quella guerra, che era finito il tempo della scuola, delle partite di Quidditch e delle notti insonni in Sala Comune, prematuramente e più brutalmente che per chiunque altro.

Più volte, non chiudendo occhio steso sul letto di quella stanza così straripante di oggetti famigliari soltanto perchè rimasti estranei per molto tempo, in notti estive infinite come quella, Harry si era sentito inghiottire dalla malinconia e dal rimorso, dal ricordo di quel moto di appartenenza che soltanto Hogwarts avrebbe mai saputo dargli.
E il peggio galleggiava sulla superficie della sua coscienza, inquinando perfino la purezza di quella malinconia, annerendone le ultime gocce di infantile innocenza per sradicare con un duro colpo secco perfino le sue ultime certezze: nonostante tutto, nonostante le migliaia di volte che lui aveva rischiato di lasciarci la pelle, se soltanto gli ultimi giorni dell'anno scolastico passato non fossero esistiti, Harry avrebbe sempre e comunque continuato a credere che Hogwarts fosse ancora un posto sicuro. Invece, gli ultimi ricordi che aveva erano di caos e oscurità, di lacrime salate e grida di orrore. Poi quel lampo verde.

Se della morte di Cedric ricordava la paura e il più totale sconvolgimento, di Sirius la furia folle e quel dolore lancinante impossibile da inghiottire, al pensiero dello sguardo placido che aveva disteso per un solo istante le rughe di stanchezza più profonde che mai sul volto del vecchio preside di Hogwarts, prima che il lampo verde lo scagliasse nel vuoto, Harry si sentiva solamente triste. Era immobile quel ricordo nella sua testa, lucido e lampante, lasciato del tutto inoffuscato dalla rabbia o dalla paura e al moro bastava rievocarlo affichè per la prima volta sapesse, sapesse con certezza, che non avrebbero mai vinto.
Così, da allora, senza sapere come, disperatamente avrebbe voluto soltanto sperare ancora. Si trovava però del tutto incapace di farlo, ammorbato da quella lenta ed inesorabile amarezza.

Knights Who'd Give You Anything //Drarry (IN CORSO)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora