15. Step one: come a little closer

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Il viaggio di ritorno, per Manuel, si era rivelato simile alla centrifuga di una lavatrice: un vortice velocissimo pieno di emozioni, pensieri, dubbi e sentimenti.

Era stato completamente sincero nei confronti di Simone, pensava davvero che un giorno lo avrebbe perdonato, ma era anche consapevole del fatto che quel giorno non sarebbe arrivato presto e, soprattutto, che Simone avrebbe potuto non avere a disposizione tutto quel tempo nonostante la promessa che lui stesso gli aveva fatto.

Quest’ultimo pensiero portava Manuel a sentirsi ancora di più in colpa.

Volevi un confronto.
Lo hai avuto.
E adesso?
Cos’altro vuoi?
Sei incontentabile, Manuel. Sei un ragazzino viziato. Quel ragazzo sta lottando contro una malattia e tu metti l’orgoglio davanti a tutto.
Sei solo un egoista.

Forse la voce nella sua testa, questa volta, aveva ragione, ché chiunque avesse saputo questa storia gli avrebbe detto che sarebbe dovuto andare avanti, accettare le scuse di Simone e fargli vivere il tempo che gli restava nella pace del perdono.

Ma Manuel, da mesi, non faceva altro che far del male a sé stesso, con i pensieri e con i sentimenti negativi verso la sua persona, con i comportamenti autodistruttivi e, forse, mostrarsi fermo nella decisione di prendersi del tempo era stata l’unica cosa in favore di sé stesso che aveva fatto nell’ultimo periodo.

Poteva mai sentirsi in colpa per aver messo le sue necessità al primo posto?

Non ne era del tutto certo.

Quest’onda di dubbi lo aveva condotto davanti alla porta di casa, dove, quasi sicuramente, avrebbe trovato Chicca ad aspettarlo.

Sorrise al pensiero di qualcuno ad attendere il suo ritorno.

In realtà, il pensiero corse subito a quando, ad aspettarlo, c’era Simone.
Strizzò gli occhi, come a voler cancellare dalla memoria quel ricordo ed entrò in casa.

«Bentornato eh! Ma te pare il caso de sta’ fuori tutto il giorno e non di’ niente?» lo accolse Chicca.
«A Chì, ‘ste prediche manco mi madre, dai»
«Me fai preoccupa’»
«E te ‘n te devi preoccupa’ ché io sto bene» mentì, ché forse stava meglio ma, di certo, non stava bene.

Attimi di silenzio seguirono quel breve dialogo tra i due amici.
Silenzio interrotto poco dopo da Manuel.

«Chì…ho visto Simone»

Lo sguardo di Chicca si fece a metà tra l’incredulo e l’impaurito.

«Manu…di nuovo?» azzardò la ragazza.
Avrebbe voluto aggiungere qualcosa in più ma non sapeva cosa dire, aveva il timore di dire la cosa sbagliata e di ferire ulteriormente Manuel.

«M’ha cercato lui, tranquilla che ‘n so annato a disturba’, grazie pe’ la fiducia» rispose stizzito.

Manuel aveva compreso di aver sbagliato a presentarsi sotto casa di Daniele privo di lucidità, aveva promesso a sé stesso prima che a Chicca e a chiunque altro che non sarebbe più successo, e vedere che di lui restavano impressi solo gli errori e mai le cose positive, lo abbatteva sempre un po’.

«Scusa, non volevo dubitare, ho solo avuto paura, per un attimo, che ti fossi messo nei guai. Scusami. Se ti va di raccontarmi, ti ascolto»
«M’ha scritto un messaggio. Me voleva parla’ e m’ha dato n’appuntamento da lui e ce so annato. M’ha detto la verità e m’ha chiesto scusa» asserì Manuel, che nonostante non avesse gradito la risposta di Chicca, non aveva voglia di discutere con l’unica persona che in tutti quei mesi gli era stata accanto.
«E tu?»
«Ho accettato le scuse. Poi m'ha chiesto de perdonallo e 'n ce l'ho fatta».

I'll be coming home, wait for meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora