12. Bivio

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«Che cazzo voi te, eh? Levate. 'N do sta Simone? Io voglio parla' co' Simone» inveì subito Manuel.
«Manuel per favore, mi ascolti?»
«Non l'ascolto uno che-» un conato lo costrinse ad interrompersi.

Crollò, in ginocchio, con le mani sul viso, tra il peso dell'alcool e quello del dolore.

Quel pianto così forte da squarciare il cielo come i fulmini durante un temporale, indusse Daniele ad avvicinarsi.

Si piegò sulle ginocchia accanto a lui e con una mano gli accarezzò la spalla.

Manuel era una vittima, questo Daniele glielo riconosceva.
Non apprezzava il modo in cui si stava comportando ma provava tenerezza nei confronti di quel ragazzo ridotto in brandelli e non lo giudicava, perché in certe situazioni non si sa come si reagisce se non ci si è dentro.

«Ascolta, c'è qualcuno che può venire a prenderti?» chiese titubante.
«Non voglio anna' via, voglio parla' co' Simone. Perché 'n me vole?» biascicò tra le lacrime Manuel.
«Ti sembra un modo ragionevole per cercare un dialogo? Se non smetti di urlare, qualcuno chiamerà la Polizia. Chiamiamo qualcuno che ti possa riportare a casa, quando starai meglio parlerai con Simone» tentò di farlo ragionare Daniele, sperando di allontanarlo da lì e dalla sua idea di incontrare l'altro ragazzo almeno per quella sera.
«'N c'è nessuno, vado da solo»

Era ubriaco ma abbastanza lucido da provare disgusto per la persona che gli aveva portato via il fidanzato.

Che poi, ma stavano davvero insieme quei due?
A lui questo ancora non era ben chiaro, non aveva capito se Simone lo avesse o meno tradito.
Ma in quel momento aveva troppo mal di testa per pensarci.

E so' le corna, caro mio.
Stronza.

«Non puoi metterti in macchina in queste condizioni, Manuel. Sei ubriaco»
«'N so 'mbriaco e poi che te frega? A nessuno je ne frega niente de me»

L'istinto di Daniele fu quello di abbracciarlo.
Istinto che frenò, impaurito dalla reazione che una persona sotto effetto di alcolici avrebbe potuto avere, considerando anche che, quando era lucido, non scorreva certo buon sangue tra i due.

Optò per le parole, cercando di essere il più calmo e comprensivo possibile.

«Sì, Manuel, sei ubriaco e non puoi guidare ridotto così. E non è vero che a nessuno importa di te. Non sarei qui a cercare di convincerti a farti riaccompagnare a casa se non me ne importasse nulla. Dai, dammi le chiavi, ti accompagno io» cercò di convincerlo Daniele.

E ci riuscì, ché Manuel non era nelle condizioni di controbattere a lungo, a stento riusciva a reggersi in piedi.

Contrariato, Manuel diede le chiavi a Daniele che lo aiutò a rialzarsi da terra e a sedersi in macchina.

«Chicca» disse Manuel in un lamento.
«Cosa c'entra Chicca?»
«Sto da Chicca»
«Va bene, ti porto a casa sua»

Il viaggio proseguì tranquillo: Manuel, che da tempo non riusciva a dormire più di qualche ora a notte, si addormentò in auto, tra gli effetti dell'alcool e il dolce movimento dell'automobile e quando arrivarono, Daniele fu costretto, a malincuore, a svegliarlo per permettergli di salire in casa.

«Manuel?» lo chiamò e lo scosse leggermente per non spaventarlo.

Di tutta risposta, Manuel rispose chiamandolo Simone e a Daniele si strinse un po' il cuore.

Si sentiva in colpa per aver assecondato la follia di Simone.
Si sentiva in colpa perché, assecondando Simone, aveva fatto sì che quest'ultimo distruggesse Manuel e sé stesso, impedendosi di avere qualcuno accanto con il quale affrontare la malattia.

I'll be coming home, wait for meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora