16. Step two: rest upon my shoulder

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Una settimana dopo il messaggio a cuore aperto che Simone aveva inviato a Manuel, i due ragazzi si ritrovavano con un appuntamento e un carico di ansia da gestire.

Il contraccolpo fisico e psicologico che Manuel aveva subito in quei mesi era stato molto forte.

L'idea di un appuntamento con Simone lo entusiasmava e lo innervosiva allo stesso tempo.

Era consapevole del fatto che quello non fosse un appuntamento vero e proprio.
Era un'uscita, un rivedersi in campo neutro al fine di gettare le basi per quel qualcosa in più che le scelte di Simone avevano distrutto.

Ma sapeva bene anche che l'ultimo appuntamento di quel tipo lo aveva avuto circa a diciotto anni, sempre con Simone.

Non aveva idea di come comportarsi, di cosa fare, di come vestirsi.

Non sapeva neanche se sarebbe stato più capace di interagire col mondo esterno, dato che negli ultimi mesi aveva messo il naso fuori casa solo perché costretto a non farsi licenziare e per andare sotto casa di Daniele.

Ecco, questo preferiva non ricordarlo, ché ancora si vergognava del modo in cui si era presentato lì sotto e si sentiva in colpa per la reazione che aveva avuto.

Improvvisamente si sentiva come un bambino di due anni che aveva appena iniziato a camminare, che inciampava spesso e faceva danni.

Ma aveva fatto bene a dire di sì a Simone?

Se lo chiedeva in ogni momento, di giorno e, soprattutto, di notte, quando l'ansia per quell'incontro non lasciava spazio al sonno.

E se non riuscissi a perdonarlo?
E se deludessi le sue aspettative?
E se non riuscissi a reggere il peso di tutta questa situazione?
E se avesse davvero ragione lui e tu non fossi in grado di gestirti?

La sua mente continuava a porgli domande alle quali non aveva risposta mentre, dopo mesi, si trovava nuovamente davanti ad uno specchio.

Sentiva un magone in gola ma non gli era molto chiaro il motivo, se per l'ansia o perché i suoi occhi stavano incontrando il suo riflesso e ciò che vedeva gli faceva paura.

Si vedeva trascurato, sapeva di esserlo, e questo non faceva altro che aumentare il suo timore nel presentarsi a Simone. Certo, si erano già visti, ma erano circostanze diverse, questo non era un chiarimento, in questo caso entrambi dovevano dimostrare qualcosa all'altro: Simone di aver capito l'errore e Manuel, paradossalmente, che quello di Simone era stato un errore.

«Andrà bene» sentì pronunciare Manuel alle sue spalle.

Non si voltò, vide l'immagine di Chicca nello specchio.

Sorrise, e gli parve strano farlo al suo riflesso, ché non si rivolgeva un qualcosa che non fossero insulti e maledizioni forse da anni.

«Come fai a esse così sicura?» le chiese, voltandosi verso di lei.
«Perché siete Manuel e Simone, due che non sanno vivere l'uno senza l'altro e, insomma, me pare pure evidente, guarda qua!» disse Chicca, indicando la barba e i capelli del ragazzo che ormai avevano vita propria. «E poi deve andare bene per forza, io prima o poi dovrò riappropriarmi del mio appartamento» continuò, alludendo alla presenza fissa dell'ormai coinquilino.
«C'hai ragione, scusa, t'avevo detto che sarei rimasto qualche giorno e so tre mesi che sto qua. Scusa davero, torno a casa, entro fine settimana me ne vado, t'o giuro, non me so propr-ma perché ridi?» si interruppe Manuel, costretto dalla risata rumorosa di Chicca.
«É esilarante vedere come cerchi di giustificarti» rispose tra le risate. «Sto scherzando, puoi restare qua quanto vuoi. Se non fossi sicura che tu e Simone prima o poi tornerete insieme, ti direi di lasciare quell'appartamento e trasferirti definitivamente qua»

I'll be coming home, wait for meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora