2. Vorrei proteggerti dal mondo

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TW: malattia

Simone, che si era sempre detto tranquillo circa le sue condizioni di salute, dopo che il medico lo aveva urgentemente mandato da uno specialista, tranquillo non lo era più.

Continuava a parlarne soltanto con Daniele, fingendo una tranquillità che ormai neanche gli apparteneva.

Fingeva con chiunque incontrasse in quei giorni che lo separavano dagli esiti degli esami, di non essere assolutamente in pensiero, anzi, una parte di sé credeva ancora che medici e professionisti si stessero sbagliando, che la sua era semplicemente stanchezza.

E quel giorno più degli altri, in quella sala d'aspetto, in attesa dei risultati della biopsia, seduto di fianco a Daniele che, in quelle settimane non lo aveva mai lasciato solo, quel pensiero che fosse tutto un enorme equivoco non lo voleva lasciare andare, ci si stava aggrappando con tutto sé stesso.

Nonostante si stesse imponendo tranquillità, la sua gamba tremava nervosamente e cessò soltanto quando un medico chiamò il suo cognome per invitarlo ad entrare nel suo studio.

Entrò e si accomodò sulla sedia in plastica di fronte al Dottor Turati.

Lo sguardo del medico non sembrava tradire alcuna emozione.

Magari va tutto bene, pensò Simone.

Ma quando il Dottor Turati iniziò a parlare, il castello di convinzioni che Simone si era costruito iniziò lentamente a tremare come case in balìa di un terremoto.

«Dagli esami effettuati e dal suo quadro clinico possiamo dire con certezza che è affetto da…»

Non comprese molto di ciò che il medico gli disse.
Si sentiva diviso a metà: parte di sé non capiva i termini medico - scientifici e un’altra parte si rifiutava di comprenderli.

Gli rimbombava in testa soltanto quella parola che conteneva l’inizio dei suoi problemi e la fine della sua vita: leucemia.

E non gli interessava stare lì a sentir parlare di cure, terapie e aspettative di vita.
In quel momento era troppo concentrato a controllarsi per focalizzarsi su qualsiasi altra cosa che non fosse evitare di urlare in faccia al medico che la vita è una merda, che sono anni che si prende gioco di lui e che lui è stanco di rincorrere una felicità che appena la raggiunge, essa sembra fargli la linguaccia.

Aspetto educatamente che il Dottor Turati terminasse di parlare e si congedò.

Quando uscì dallo studio, Daniele lo vide pallido e con gli occhi lucidi e capì subito che la notizia che aveva ricevuto Simone non era delle migliori.

Pronunciò sottovoce il nome della sua malattia, come se un tono di voce più alto potesse renderlo più vero.

«Ho la leucemia» disse.

Daniele lo guardò con occhi increduli, incapace di dire anche la parola più semplice.

Gli passò un braccio intorno al collo e, in silenzio, uscirono dall'ospedale dirigendosi verso il parcheggio.

Simone rigirava quel maledetto referto tra le mani come se il continuo movimento potesse cambiarne la diagnosi.

Era seduto in macchina, con Daniele che farfugliava qualcosa circa il fatto che non si può avere a che fare con un male così bastardo a nemmeno trenta anni, ma lui aveva in mente un solo pensiero.

Un solo nome.

Una sola vita della quale ne vedeva sgretolarsi i pezzi.

Manuel.

Come glielo avrebbe detto?
Con quali parole avrebbe potuto dire all'uomo della sua vita che tutti i progetti fatti insieme avrebbe dovuto portarli a termine da solo, che tutti i sogni non avrebbero avuto un seguito, che ogni impronta che lui avrebbe lasciato sul terreno, non sarebbe stata seguita dalla sua?

I'll be coming home, wait for meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora