19. Ricomincio da te

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Quando Manuel, la mattina seguente, tastò la parte destra del letto e la trovò vuota, pensò di aver sognato tutto. Pensò che la riappacificazione con Simone, la proposta di matrimonio e i baci e le carezze, che tutto questo fosse frutto della sua immaginazione.

Si stropicciò gli occhi e si alzò dal letto, deciso a capire cosa fosse successo nel tempo di una notte.

Passando di fianco al bagno, sentì provenire dei rumori dall'interno di esso.

Si avvicinò con cautela, aprì leggermente la porta e la scena che si trovò davanti gli provocò una stretta al cuore.

Vide Simone seduto sul pavimento con le spalle al muro, rannicchiato su sé stesso, con le mani a coprire il viso e il corpo scosso da tremori e singhiozzi.

Entrò nel bagno e si sedette vicino a lui cercando di non spaventarlo.

Non disse nulla.

Scostò delicatamente una delle mani dal viso di Simone e la intrecciò alla sua.

Simone non ebbe il coraggio di incontrare lo sguardo di Manuel tanta era la vergogna in quel momento.

Non aveva la benché minima idea di come spiegargli quel tumulto che sentiva nel petto, di come si era svegliato nel cuore della notte con l'ansia e la paura.

Non aveva la benché minima idea di come spiegargli che per sei mesi aveva finto che andasse tutto bene, che quello che aveva in testa fosse un nuovo look scelto da lui, che per sei mesi non si era mai concesso di crollare, di piangere, perché nonostante l'affetto di Daniele e della sua famiglia, nessuno era Manuel e non si sarebbe mai affidato a braccia che non fossero le sue.

Non aveva la benché minima idea di come spiegargli tutte queste cose ma Manuel sembrò capire anche i suoi silenzi.

«Simò» gli sussurrò piano, accarezzandogli il dorso della mano, ma Simone continuò a non prestargli attenzione.
«Amore…che c'è?» tentò una seconda volta, e a quel nomignolo affettuoso, Simone si voltò, permettendo a Manuel di guardarlo in viso.

Aveva gli occhi arrossati dal pianto e il viso stravolto.

«N-non ce…non ce la f-faccio»

Lo disse piano, come se alzare il tono lo mettesse di fronte alla consapevolezza di star cedendo al dolore.

«Ssh, va tutto bene» cercò di tranquillizzarlo.
«I-io ti ho la-lasciato s-solo, n-n-non me lo merito, però…no-non mi abbandonare» balbettò Simone fra le lacrime.

Manuel non rispose.

Non capiva cosa fosse successo, cosa avesse fatto precipitare l'umore di Simone in quel modo dopo la serata che avevano trascorso.

Si interrogò su tutto ciò che aveva fatto da quando avevano parlato fin quando entrambi non si erano addormentati, e più pensava e più gli sembrava di non aver fatto nulla di sbagliato.

Si limitò a stringerlo forte a sé e a lasciare che sfogasse tutto il dolore contro il suo petto.

Gli accarezzò piano la schiena e gli lasciò dei dolci baci sulla testa con l'obiettivo di aiutarlo a calmarsi.

Trascorsero un tempo indefinito in quella posizione, Manuel preoccupato per lo stato in cui versava Simone e Simone cullato dall'amore di Manuel.

Quando si sentì leggermente meglio, Simone cercò di prendere parola.

«Scusa» uscì flebile dalla sua bocca.

Manuel ignorò ciò che aveva pronunciato Simone.

Reputava che non dovesse più scusarsi di nulla, ché entrambi avevano deciso di andare avanti e lasciarsi alle spalle i sei mesi precedenti e quindi i suoi scusa non avevano ragione di esistere.

I'll be coming home, wait for meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora