«Ci ha visti. Mi ha visto. E lo dirà a Manuel. Mesi a fare attenzione per non farsi scoprire, poi, proprio nella tana del lupo, cazzo» e il rumore di una sedia sbattuta sul pavimento sembrava voler rafforzare il concetto.
Ché Simone, in quel periodo, era stato molto attento, si guardava attorno come un ladro ogni qualvolta metteva piede fuori casa, aveva limitato le uscite, le chiamate, e ogni volta che sentiva o vedeva suo padre aveva il terrore di sentirgli dire a Manuel ho detto, Manuel ha saputo.
Un prigioniero.
Prigioniero della sua malattia.
Uno schiavo.
Schiavo delle sue stesse scelte.
E solo Dio sapeva quanto gli fosse costato non salutare Chicca, non chiederle come mai fosse lì, comportarsi come se quella dozzina di anni trascorsi fianco a fianco a vedersi crescere non fossero mai esistiti.
Non sapeva cosa facesse più male, se le terapie, l’idea di ricevere una chiamata di Manuel da un momento all’altro o l’aver ignorato Chicca.
«Non fasciarti la testa prima di rompertela, Simo. Magari Chicca ha pensato fossimo lì per me e non si è fatta tutte queste idee» provò a rassicurarlo Daniele, consapevole di quanto fosse difficile far cambiare idea a Simone.
Di tutta risposta, Simone scoppiò in una risata isterica.
«Ma mi hai visto? Sono il fantasma di me stesso, sono dimagrito, ho delle occhiaie che nemmeno si coprono più, ma davvero pensi che non abbia capito tutto? Chicca è sveglia, in questo momento starà già dicendo tutto a Manuel»
«Non puoi agitarti così, ti fa male» tentò di calmarlo l’amico.
«Questo è niente rispetto a ciò che succederà quando dovrò affrontare Manuel» disse, rassegnato, Simone.Si sentiva al punto di partenza.
Pensava che l’ostacolo più grande, ossia parlare con la sua famiglia e convincerla a tacere, fosse superato, ma la vita stava continuando a prendersi gioco di lui.
«Ascolta…perché non provi a contattare Chicca? Puoi chiederle scusa per non esserti fermato a salutare e cogli l'occasione per cercare di capire cosa sappia»
Daniele si stava impegnando davvero tanto per aiutare Simone.
Era diventato la sua spalla in tutto.
Nelle cose serie, in quelle più frivole, era davvero il migliore amico che una persona potesse avere.E Simone apprezzava molto il suo aiuto.
Sapeva che con lui poteva lasciarsi andare, poteva esprimere i suoi sentimenti e le sue emozioni senza sentirsi giudicato e ciò implicava che, a volte, gli capitasse di dire cose che neanche pensava solo perché preso dalla collera del momento.
Come in quel frangente.
«Quando sforni queste idee ci pensi o le dici senza accendere il cervello?» lo assalì «la chiamo così gli servo su un piatto d’argento la possibilità di parlare con Manuel, se non l’ha fatto già. Senti, per favore, lasciami stare» e lo cacciò via dalla stanza.
Ma Daniele non abbandonò la sala da pranzo nella quale stavano discutendo.
Piuttosto si avvicinò a Simone e, dapprima cercò di consolarlo con uno sguardo colmo di comprensione che sostituì, poco dopo, con un abbraccio nel quale Simone affondò, soffocando dei flebili scusa sulla spalla dell’amico.
***
Stava camminando avanti e indietro per la stanza da un’ora che quasi stava solcando il pavimento sotto di lei.
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I'll be coming home, wait for me
FanfictionLa tranquilla vita di Manuel e Simone, innamorati l'uno dell'altro, viene sconvolta dalla decisione di uno dei due di allontanarsi dall'altro. Ispirata da @norasr96