Epilogo

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Due mesi dopo – Natale 2032

«Simò, ma che sei scemo?»
«Dai, è divertente»
«Ah sì? È divertente vedemme fa’ figure de merda?»
«Sì, amore. E poi è divertente sapere che posso fare qualsiasi cosa e tu non puoi vendicarti»
«Della serie ‘n me poi ammazza’ perché so già morto, insomma»
«Una cosa del genere»
«Che paraculo che sei»
«Preferisco essere definito l’unico amore della tua vita anche da morto»
«Spiritello cagacazzi te se addice de più»
«Quando ero vivo eri più simpatico, lo sai?»
«Quanno eri vivo ‘n me dovevo nasconne a ‘r bagno durante ‘r cenone de Natale pe’ parlatte»

Erano trascorsi due mesi e qualche giorno da quando Simone aveva lasciato questo mondo.

Manuel, nonostante la promessa fatta a Chicca e a Simone e la vicinanza di tutte le persone a lui care, stava facendo fatica a metabolizzare quella perdita.

Era tornato a lavorare, cercava di distrarsi il più possibile, era tornato anche a vivere a casa di Chicca e passava così tanto tempo con Simone, il bimbo della sua amica, che la stessa era sicura che un giorno suo figlio avrebbe chiamato Manuel papà.

Fu proprio grazie a quella creatura che, un giorno di novembre, la vita di Manuel cambiò radicalmente.

Erano soli in casa.

Manuel stava tenendo in braccio il bambino che, però, continuava a sporgersi in avanti come se volesse essere preso in braccio da una terza persona che si trovava in corrispondenza delle spalle di Manuel.

Ma dietro le spalle di Manuel non c’era nessuna terza persona.

Incuriosito dal movimento del bambino, Manuel si voltò e pensando a ciò che i suoi occhi stavano guardando, credette di essere impazzito.

«Ciao amore»

Silenzio.

«Manuel, ci sei? Terra chiama Manuel»

Silenzio.

«Fa ridere che il fantasma sono io e quello bianco come un fantasma sei tu»

Silenzio.

«Quindi io sono morto e tu sei muto?»
«Ma…ma tu…tu…tu sei…»
«Simone?»
«Si…no…tu sei…»
«Morto?»
«Eh…io so’ matto, so’ diventato matto»
«No, Manu, no. Non sei matto. Io sono qui, sono qui davvero»
«N’è possibile, te sei morto, cazzo, sei morto, è ‘n cazzo de mese che vengo tutti i giorni a portatte i fiori sulla tomba»
«Lo so, so tutto. Ti vedo, ti osservo. Ti seguo e ti sono accanto dallo stesso giorno in cui sono…morto. Ti ho visto piangere al mio funerale, ti ho visto svegliarti in piena notte in preda agli incubi e a quei pianti che hai sempre cercato di nascondere nei va tutto bene. Quando dico che so tutto, intendo davvero tutto. Non sono qui in carne ed ossa, non posso toccarti anche se, in qualche modo, potrei riuscire a farti sentire il mio tocco, non posso baciarti, non posso fare l’amore con te, ma posso stare qui, possiamo parlare. Tu puoi vedermi. E non solo tu» disse, guardando la creatura tra le braccia di Manuel.

Manuel continuò a pensare di essere impazzito o di essersi addormentato senza rendersene conto e che presto si sarebbe svegliato e avrebbe dovuto fare i conti col fatto che quell’immagine di Simone non fosse altro che un sogno dato dalla forte mancanza che sentiva di lui.

Si stropicciò più volte gli occhi, andò addirittura a sciacquarsi il viso, ché se sto a sogna’ almeno me sveglio.
Oppure so’ morto pure io, ipotesi smentita dal suo ‘tacci tua quant’è fredda! rivolto all’acqua corrente.

E invece Simone era ancora lì.

Si arrese, quindi, Manuel, al fatto che quello che stava accadendo fosse tutto vero e iniziò a tempestare Simone di domande.

I'll be coming home, wait for meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora