18

63 9 2
                                        

Jimin's POV:

Lanciai il cellulare sul letto.
Non avrei mai accettato una cosa simile, mai.
In quel momento avevo bisogno che il tempo passasse, che scorresse senza che me ne accorgessi.

Mi tirai su, e mi diressi nel bagno privato della camera che gentilmente Tae mi aveva concesso.
Avevo come l'impressione che sarebbe stata la mia stanza per un po'.

Casa sua era tutta sui toni del blu, che andavano scurendosi e schiarendosi armoniosamente. Era sicuramente un arredatore di gusto.
Il pavimento in marmo bianco faceva inoltre risaltare il mobilio in modo eccellente.

Feci scorrere la porta per poi chiuderla nuovamente alle mie spalle.
Feci fare due mandate alla chiave nonostante fossi consapevole di essere solo, che sollievo poterlo fare.
Il fatto che fosse sigillata mi diede un senso di sicurezza che non provavo ormai da tempo: nell'appartamento che condividevo con Namjoon non mi erano concesse chiavi o maniglie bloccabili dall'interno.

Secondo lui, dato che io ero suo e lui era mio, non dovevano esserci segreti o spazi privati all'interno della relazione, e questa sua linea di pensiero si rifletteva anche sul nostro stile di vita e in casa nostra.

Probabilmente deve esserci stato un momento, una prima crepa nel nostro rapporto, ma è degenerato tutto in modo così perfettamente graduale che non me ne sono reso conto in tempo.

Avevamo trascorso cinque anni di relazione insieme, dicendoci di amarci. Pensai che di tutto quel tempo, solo i primi due anni fossero stati degni di essere definiti belli... o tantomeno vivibili.

Alzai lo sguardo verso lo specchio, e il mio riflesso lo ricambiò.
I segni del suo odio erano ovunque su di me ormai.
Decisi di sciacquarmi il viso con l'acqua fredda, e cercai in giro per il bagno dei trucchi neutri che potessero in qualche modo coprire quei marchi.

Inaspettatamente li trovai in un angolo remoto di un cassetto, sotto al lavabo rotondo in ceramica azzurro cielo.

Iniziai a picchiettare leggermente con le dita, ignorando il leggero bruciore che ad ogni tocco si faceva sentire.
Una volta finito sembravo effettivamente più presentabile, anche se in quella casa i soli occhi a giudicarmi erano i miei.

Mentre riponevo ordinatamente con cura ciò che avevo utilizzato, la suoneria dei messaggi del mio cellulare catturò la mia attenzione.
Sperai con tutto il cuore che non fosse Nam, non avevo la forza per sopportare altro in quel momento.

Il mio unico desiderio era solamente ricevere delle buone notizie su Jungkook.
Avevo bisogno di sapere che fosse vivo, volevo che l'intero mondo me lo urlasse.

Aprii la chat di Taehyung pieno di speranza, che però andò svanendo parola dopo parola mentre leggevo ciò che aveva avuto da dirmi.

<Sto tornando a casa, verso le nove e un quarto sarò lì. In realtà spero tu stia dormendo, dato che sto tornando dall'ospedale e non mi sento molto in vena di parlare.

<In ogni caso però hai il diritto di sapere.

Digitai un semplice "ok", incapace di scrivere qualcosa che andasse oltre.
Appena percepii la gola stringersi appena, scattai in piedi.
Non avrei pianto di nuovo, basta.
Il giorno prima mi ero lasciato andare abbondantemente, fin troppo: il mal di testa che avevo ne era una prova più che sufficiente, insieme ai miei occhi che a guardarli sembravano essere stati privati dell'anima.

Mi diressi a passo svelto nel salotto-cucina open space.
I colori freddi di quella grande stanza mi accolsero donandomi una lieve sensazione di pace, mentre cercavo di esiliare tutte le altre emozioni in profondità, lontano dalla superficie.
Era difficile, ma non avevo alternative.
Ero un ospite, e in quanto tale mi sentivo già un peso, non potevo permettermi anche il lusso di soffrire liberamente, in modo visibile.
Far preoccupare gli altri a quel modo sarebbe stato stupido e infantile, quasi da ingrato.

Preparai un'abbondante colazione per Tae, con un po' di frutta, un piccolo dolcetto in tazza e una tazzina di caffè.
Sperai con tutto me stesso che lo avrebbe apprezzato, in casa sua c'erano davvero pochi modi per rendersi utili, ed io mi sentivo in dovere di farlo.

Mentre posizionavo con cura le posate sul tavolo insieme ai cibi caldi che avevo appena preparato, udii la porta d'ingresso far scattare le innumerevoli serrature blindate.
Era tornato.

"Sei mattiniero vedo"
Disse malinconico, mentre posava le chiavi di casa all'ingresso e riponeva ordinatamente il suo giacchetto blu sull'attaccapanni lì accanto.

"Ti ho preparato la colazione"
Ignorai il suo tono triste abozzando un mezzo sorriso, che lui ricambiò.

"Sei stato fuori tutta la notte, sarai affamato"

"Lo sono"
Affermò sedendosi a tavola, accanto a me.
Addentò poi il primo pezzo di dolce, e notai con piacere che fosse di suo gusto.
Notai le sue occhiaie... non deve aver chiuso occhio sta notte.

"Grazie Min. Tu non mangi?"
Chiese, con ancora mezzo boccone in bocca.

"Non ho molta fame"

Dopo quella mia affermazione calò un pesante silenzio tra di noi, rotto solo dal rumore delle posate che scavavano il dolce all'interno della grande tazza di Tae.
Non potevo sopportare di attendere oltre.

"Ti prego dimmi qualcosa."
Implorai pacatamente, abbassando gli occhi.

Posò ciò che teneva in mano e percepii il suo sguardo spostarsi su di me.

"È stato orribile sta notte."
Iniziò con tono piatto, come se stesse cercando di distaccarsi emotivamente da ciò che aveva vissuto e che mi stava per raccontare.

"Appena sono arrivato mi hanno fatto sedere in una sala d'attesa piena di gente. Dalle loro espressioni, dalle loro parole... ho capito subito che erano lì per lo stesso mio motivo."

Fece una breve pausa, lasciando andare le braccia lungo il corpo e appoggiandosi completamente allo schienale della sedia.

"Erano tutti amici, parenti o familiari delle vittime di quell'incendio. Il clima era insopportabile, e quando qualcuno veniva chiamato dagli infermieri il terrore prendeva il sopravvento in chiunque egli fosse.
Stare in quella stanza significava trovarsi in una specie di limbo, non so come spiegarlo... "

Rimasi in silenzio ad ascoltarlo, ammirando il coraggio con il quale aveva affrontato la situazione.
Riflettei sul fatto che anche il giorno precedente Tae nonostante tutto era rimasto forte, e aveva trovato le forze di aiutare anche me.
Da bambino ho sempre desiderato di diventare esattamente quel tipo di persona: senza paura, o comunque in grado di gestirla.

Immagino di aver definitivamente deluso il piccolo Jimin che è rimasto in me.

"Era come se tutti aspettassimo delle risposte, ma nel momento in cui esse ci venivano offerte avremmo solo voluto scappare via. Almeno, quello che ho percepito è stato questo."

Prese un sorso di caffè dalla tazzina, mantenendo lo sguardo fisso nel vuoto, dritto dinanzi a lui, come se i ricordi gli stessero davvero scorrendo davanti.

"Con il passare delle ore la stanza si è svuotata, e verso le cinque del mattino un'infermiera... "

Si interruppe improvvisamente, incerto.
La sua espressione si incupì.

"È morto, vero?"
Stavo nuovamente per perdere il controllo di me, fino a quel momento non avevo avuto il coraggio di chiederlo nemmeno a me stesso.
Sentivo gli occhi farsi lucidi e pesanti.

Tae si alzò di scatto dalla sedia, il suo stupore era evidente.

"Non dirlo, jimin..."

Affermò con voce rotta.
Alzò le mani in modo da coprirsi il viso, e si voltò dandomi le spalle.

"Non dirlo."

Just Me And You - JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora