26

34 4 0
                                    

Tae's POV

Misi delicatamente la mano sulla schiena di Jimin per spingerlo a camminare piú velocemente.
"Min, svelto, Namjoon ultimamente non mi piace per niente. "

Al mio tocco percepii in lui un sussulto, una reazione pacata ma diversa.
Per qualche istante i peggiori scenari mi passarono davanti agli occhi, incontrollati, ed immediatamente realizzai.
Non avrei dovuto lasciarlo andare, non glielo avrei dovuto permettere.

Affermai quelle parole aumentando il passo, sperando che la distanza avrebbe migliorato la situazione almeno per qualche istante, sperando che portare via Jimin da quella casa avrebbe potuto pian piano aiutarlo a rimettere insieme i pezzi e comprendere ed analizzare la sua situazione in modo distaccato.

Sovrappensiero tirai fuori dalla tasca le chiavi dell'auto, premendo compulsivamente il pulsantino finchè le luci posteriori della vettura non spiccarono nella fila di macchine parcheggiate sulla via.
Non volevo rimanere nemmeno nel campo visivo di quel verme, ero sicuro che ci stesse seguendo con lo sguardo nella speranza che Jimin si voltasse.
Non oggi.

Mi girai verso Jimin, che pur avendo aumentato il passo era rimasto leggermente indietro rispetto a me.
Feci per spronarlo di nuovo ad andare piú veloce, ma bloccai la mia mano.
Misi un freno alle parole che avrei voluto pronunciare e mentalmente feci un passo indietro.

Lo osservai, per la prima volta affondo, attentamente.

Il suo sguardo era fisso sui suoi piedi, i quali gli si alternavano periodicamente sotto al naso, facendosi strada sul marciapiede sdrucciolevole, ma lui non era lí.
Non era davvero lí con la testa.
I suoi occhi erano vuoti e non seguivano le scarpe, stava vivendo altrove in quegli istanti.

Abbassai lo sguardo sulla sua camminata, leggermente acciaccata forse, o almeno non del tutto lineare.
Che avesse qualche dolore?
Che Namjoon lo avesse spinto da qualche parte?
Non sapevo cosa pensare, la mia mente vagava sulle innumerevoli possibilità che si potevano celare dietro quelle stranezze apparentemente invisibili o circostanziali.

Non notai alcun livido sul suo viso entrando in macchina, mentre cauto si sedeva accanto a me nel sedile del passeggero.
Scorsi una leggerissima smorfia di dolore al suo contatto con la stoffa della seduta, ma immediatamente il suo viso tornò torpido, freddo, grigio, assente.

"Jimin stai bene?"
Chiesi, una volta che la sua piccola mano raggiunse la maniglia dello sportello della macchina.
Posi quella domanda dopo interminabili secondi che parvero ore, con il tentativo di spezzare la tensione ed addolcire il suo umore, ma venni tradito dalle mie stesse intenzioni: il suono uscì roco, fermo e preoccupato.
Non fui in grado di celare la volontà di sentire un sincero e sollevato 'si' provenire dalle sue labbra, ora strette a sangue fra i suoi denti come una morsa.
Volevo davvero sentire una buona notizia, sapere che qualcuno stava bene per una volta, sperare che i miei timori non erano nuovamente divenuti realtà.

Si agitò, incerto sulle sue stesse parole.
Socchiuse gli occhi ed incrociò le braccia al petto, passandosi delicatamente il retro del dito indice sotto la punta del naso per poi fare un lungo sospiro.

Se non volesse parlarmene?
Se non ci fosse effettivamente niente di cui parlare?
Forse mi stavo solo fasciando la testa, magari era solo preoccupato per la condizione di Jungkook.

Volse lo sguardo altrove, chinando lievemente il capo.

"Si"
Chiuse assertivo, ma con visibile frustrazione stampata in volto.
Tentai quindi per il momento di lasciar raffreddare le acque, consapevole del danno che avrei potuto forse creare nel già fragile e precario equilibrio di Jimin.

Nel frattempo mi richiusi la portiera alle spalle e mi allacciai la cintura attorno al ventre.
Lui fece lo stesso, lasciando andare nuovamente un leggero ansito; la vena sul suo collo pulsava flebilmente sotto la luce fioca della macchina, che gravava dall'alto con serietà.
Posai discretamente lo sguardo sulle sue le dita tremanti attorno alla cinghia della cintura di sicurezza che a fatica raggiungeva il suo attacco laterale.

Anche io rilasciai andare la tensione con un sospiro, tentando in tutti i modi di moderare il tono e far si che riesca, almeno per ora, più dolce e rassicurante.
Sentii le spalle finalmente poggiarsi sullo schienale ed il collo sciogliersi.
Vidi le sue mani che scorrevano ed aggiustavano nervosamente, attorno al suo busto, la tracolla nera.
Guardai pensoso le mie dita, delicatamente intrecciate e timidamente posate sulle sue gambe per poi prendere parola.

"Jimin"
Chiamai nuovamente addolcendo la voce, nonostante un velo di angoscia ancora faticasse a lasciar stare le mie corde vocali.
Quel nome fuoriuscí dalle mie labbra come fosse una supplica, mentre lentamente voltai lo sguardo nella sua direzione.

Non rispose, ma si limitò a gettare una timida e breve occhiata verso la mia figura alla sua sinistra, mentre giocava con il braccialetto d'acciaio attorno al sottile polso destro.

Decisi solamente di ricercare i suoi occhi per lasciarvi un tenero sguardo di affetto e sperare che in qualche modo il messaggio passasse, senza ulteriori sprechi di ingombranti discorsi e parole piú grandi di noi.

Regolai gli specchietti e partii, tutto praticamente con il pilota automatico,
svolgendo quelle solite azioni abitudinarie che nemmeno più ti accorgi di compiere.

La sua flebile voce ruppe inaspettatamente il silenzio che si era creato tra di noi, e che aveva fatto si che le sue mani smettessero si sfregarsi meccanicamente sul tessuto ruvido dei jeans slavati blu.
Aveva aperto il finestrino di qualche centimentro, lasciando che i suoi capelli si scompigliassero al vento e gli coprissero disordinatamente lo sguardo.

"Tae..."

La voce gli tremava, nonostante il viso fosse disteso e apparentemente rilassato, andando in contrasto con il tono estremamente grave che aveva appena usato nell'intenzione della voce.

Non dissi nulla, mi voltai di sfuggita rimanendo concentrato sulla strada, per fargli capire che comunque mi prestavo ad ascoltarlo.

"Perchè fai tutto questo per me?"

Resettai un secondo.
In che senso? Che voleva dire quella domanda?
Cosa voleva che gli dicessi?
Io gli voglio bene... è un membro della band che stimo molto, e forse molto più di quanto lui stimi effettivamente se stesso.
Non potevo dirgli che lo facevo per proteggerlo da Nam, poiché non ero di certo nella posizione per farlo.
Inoltre probabilmente dicendoglielo si sarebbe sentito un peso nei miei confronti, ed in quella situazione era da evitare.

"Faccio quello che penso sia giusto per te, per un amico."

Risposi, mordendomi il labbro subito dopo.
Che frase patetica, davvero, non potei tirar fuori nulla di meglio di questo ammasso informe di lettere e suoni.
- quello che sia giusto per te -
Ma chi mi credevo di essere? Sua madre?
Mi volevo sotterrare.

Non ricevetti risposta da lui.
Gli lanciai altri sguardi fugaci mentre semaforo dopo semaforo ci avvicinavamo sempre di più a quella che per un po' si prospettava sarebbe stata anche la sua dimora.
Ormai le sue cose erano da me, ed anche quelle poche misere cosine che ero andato a recuperare dall'appartamento di Jungkook, salvatesi in qualche modo dalle fiamme.

Il resto del viaggio in macchina fu silenzioso, quasi teso.
Percepivo l'oscurità dell'animo della persona che avevo accanto, e fino a che la macchina si arrestò definitivamente, pensai alla sua domanda.
Perché lo stavo facendo?
Un mio pensiero scivolò via dal suo posto, andandosi a posare su un ricordo di Jungkook, nello specifico a quando nella macchina, settimane prima, si rifiutava di ammettere il bacio che c'era stato tra di loro.

Lo stavo facendo per lui? Davvero?
Mi rifiutai di credere a dove la mia mente stesse cercando di trascinarmi, ne ripresi immediatamente le redini.

Il moto dell'auto si arrestò, ed una volta sentito il rumore secco del freno a mano sganciai la cintura ed aprii la portiera, dirigendomi in silenzio verso il palazzo.
Ovviamente accertandomi nel frattempo di venire seguito dai passi vellutati e cauti di Jimin, alle mie spalle.

Passi che si fecero sempre più lenti, incerti ed irregolari mentre mi affrettavo ad inserire le chiavi metalliche nella serratura della porta di casa.

Una volta aperta Jimin mi superò, sgattaiolando a volto basso dentro l'appartamento, con una lacrima a rigargli il viso.

Just Me And You - JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora