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Jimin POV:

Dovrei riuscire a stare concentrato sulla strada, ma mi viene difficile. Il volo mi ha lasciato una stanchezza addosso che non mi so spiegare, e in più il fuso orario è una gran bella seccatura.
È stato di gran lunga il peggior volo della mia vita. Innanzitutto avremmo dovuto prendere il nostro solito jet privato, ma quell'idiota del pilota non si è presentato e per non perdere la coincidenza con il volo successivo abbiamo dovuto prendere come secondo aereo uno pubblico.
Non è finita lì, non ho chiuso occhio per tutte e nove le ore di viaggio.

Durante la prima parte del volo, un ragazzino di merda ha cominciato a prendere allegramente a calci il mio sedile.
Il problema però non era il ragazzino in se, per carità: quando è così la colpa è sempre del genitore. Di fatti dopo mezz'ora abbondante, al limite della mia pazienza, mi girai a chiedere gentilmente alla madre di far smettere suo figlio.
Non l'avessi mai fatto: Mi sono beccato una ramanzina di una fottuta ora, da una cinquantenne che sosteneva che i bambini debbano crescere liberi, che io fossi maleducato, e che io non avrei dovuto assolutamente permettermi di intromettermi nell' "educazione" del suo e soltanto suo bambino.
E tutto questo davanti a tutti, sbraitando, mentre tutte le altre mamme mi guardavano male e gli altri passeggeri vicini ridevano sotto i baffi. Che figura di merda. E in tutto ciò, il ragazzino continuava imperterrito la sua missione di rompere le palle, e la completò fino all'agognato atterraggio.
Quale immensa gioia i bambini, vero? Vabbè, poi Namjoon ha iniziato una lagna immensa e non ne parliamo.

Con la coda dell'occhio lo vedo ora seduto accanto a me, al lato del passeggero. Sembra annoiato, se ne sta lì al cellulare senza dire nulla da quando siamo partiti dell'aeroporto.
Ha lo sguardo perso, scorre con apatia le immagini e i post che gli capitano davanti senza prestare la minima attenzione a ciò che accade dentro o fuori dall'auto. A me ad esempio quando non guido, piace molto guardare fuori dal finestrino, osservare come il paesaggio mi passa davanti, dare forma alle nuvole con la fantasia.
Vorrei parlargli ma non so cosa dire. Ho paura di farlo arrabbiare per qualche motivo, ultimamente sembra che io non ne faccia una giusta.

"Ehi amore tutto ok?" Provai a chiedergli, sperando che il clima tra di noi si facesse un po' meno deprimente.

"Mh."

Che risposta è "mh"? Che mi sta a significare?

"Non ti va di parlare un po'?" Riprovai, cercando di sorridere e mostrare un'aria serena.
Chiuse lo schermo del cellulare e lo mise via con rabbia, sbuffando. Ecco, sono un coglione, gli ho dato fastidio di nuovo.

"Non ho niente da dirti."

Affermò con tono scocciato posando la testa sul finestrino. Aveva le ginocchia rivolte verso l'esterno: brutto segno.
Appoggiai la testa allo schienale e sospirai.

"Se non hai davvero niente da dirmi c'è un problema."

Dissi, cercando di fingere di essere sicuro di me. Non mi prendeva sul serio ultimamente, e la cosa mi faceva letteralmente imbestialire, anche se non potevo permettermi di darlo a vedere.
A quelle parole, inaspettatamente, gli si drizzarono le orecchie.

"Accosta immediatamente Jimin."

Oddio, perché non sto zitto una buona volta, perché devo sempre provarci ? Tanto ormai è inutile, perché credevo che sarebbe stato diverso dal solito?
Adesso chissà cosa diavolo mi vorrà fare, in un luogo così isolato e senza che io possa in alcun modo chiedere aiuto. Merda.

"Co- come mai?" Mi tremava la voce, non sapevo cosa avesse in mente, perché cazzo dovrei accostare in autostrada di notte? Dove cazzo accosto poi, nella corsia d'emergenza? Stiamo andando a 130 chilometri orari porca miseria, non dovrebbe farmi panicare in questo modo.

"Jimin ti ho detto accosta. Niente domande."

Il fatto che ci fossero pochissime macchine oltre la nostra era un bene, ma anche un male. Meno rischi di incidente certo, ma se mi volesse fare del male? Sono abituato a schiaffi e strattoni, certo, ma oggi sembra diverso. Oggi ho davvero paura di lui.

Pian piano la velocità della vettura diminuiva, e Namjoon sembrava ancora deciso a fermarci lì in mezzo al nulla.
Gradualmente e con cautela, passai da una corsia all'altra, avvicinandomi sempre più a quella desiderata. Vorrei che tutto questo non stesse succedendo davvero.

L'auto era ferma, illuminata dalla fila di lampioni che costeggiava tutta la strada. Quella luce fredda e talvolta sfarfallante non contribuiva di certo a migliorare il mio stato d'ansia.

"Scendiamo."

Jungkook POV:

Giro e rigiro nella pentola questa brodaglia preconfezionata... che tristezza: una cucina dal valore di migliaia di dollari per preparare una misera zuppa da riscaldare. Vergognoso vero? Ma non mi interessa al momento, ho ben altro che mi tiene occupata la mente da un po' ormai.
Mi sfarfallano in mente le parole di Tae di continuo: "dai, si vede lontano un miglio che sei cotto di lui" ; "non sentirti protagonista di qualcosa che non esiste"...

Non esiste?
Cosa dovrei fare? I baci che ci siamo dati, quei momenti di dubbio, li ho passati tutti da ubriaco. Per capirci qualcosa sul serio, dovrei provare a passarci del tempo da sobrio. Non credo mi sbilancerei troppo senza il coraggio dell'alcohol, ed ho paura che sia proprio questo il punto: si tratta solo di coraggio? Sono davvero gay?

No, assolutamente no. Però a pensare alle sue labbra mi viene sempre una strana sensazione. Mollai il mestolino e mi appoggiai con la schiena accanto al piano cottura, sorreggendomi con i palmi delle mani al marmo che ricopriva il piano da lavoro. Guardai fisso davanti a me, attraverso la vetrata di fronte alla mia figura.
Chissà come sarebbe la mia vita se stessi con Jimin.

No dai, ma chi prendo in giro. Non dureremmo una settimana... ma che pensieri faccio, nemmeno ci starebbe.
Ma poi chi se ne frega di lui. Non fa altro che evitarmi, e la cosa mi fa imbestialire. Camminai senza rendermene conto, iniziai a vagare per la casa rimuginando sui miei maledetti pensieri contraddittori.
Mi sta sulle palle il fatto che mi eviti, ma allo stesso tempo mi mette così tanta voglia di provare di nuovo quelle sensazioni. Che la distanza aumenta il desiderio è proprio vero.

Sospirai. Mi manca, non c'è niente da dire a riguardo, non riesco nemmeno a negarlo a me stesso che la mia coscienza mi proietta le immagini delle sue labbra nella testa. Ho la vaga impressione che di questi pensieri non mi libererò molto facilmente.
Non voglio che mi distragga così tanto, non vorrei che mi distogliesse così spesso da quello che faccio.

Presi il telefono per controllare se avessi qualche notifica, e per un istante sperai di trovarne una da parte sua. Misi subito da parte questa mia stupida speranza e mi obbligai a tornare alla realtà.
Addison mi aveva scritto e anche Tae.
Aprii e lessi prima i messaggi del mio amico, tutto incazzato per com'era andato il viaggio, lasciandomi sfuggire una risata.
Decisi di infilarmi i pantaloncini del pigiama, lasciando il petto scoperto, e iniziai a rispondere ai messaggi.

Mi sistemai comodamente sotto le coperte mentre inviavo una nota vocale a Tae, e successivamente lessi i messaggi di Addison.
Non che mi aspettassi qualcosa di eclatante, ma un pochino ci speravo in qualche apprezzamento o commento positivo sul tempo che avevamo passato assieme poche ore prima. Invece era solo un messaggio a titolo informativo sul costo del volo e altre cose noiose.
Lasciai il visualizzato, posai il cellulare sotto il cuscino e mi misi l'animo in pace... almeno ci provai. Mi girai e rigirai fra le coperte per non so quanto, non trovando una posizione comoda per prendere sonno. Addison, Jimin, troppi dubbi, troppe cose da fare. Ho bisogno di una pausa.

Proprio quando sentivo le palpebre farsi più pesanti e i pensieri meno insistenti, un odore strano mi fece arricciare il naso. Ma cos'è?
Inizialmente lasciai perdere, almeno fin quando l'odore si tramutò in puzza di bruciato, e a quel punto mi alzai per controllare da dove provenisse.

Mi infilai le ciabatte di fretta, corsi in salone e cercai di capire cosa stesse succedendo, al che un colore rosso fuoco apparve ai miei occhi, una luce accecante mi rendeva difficile vedere, e il fumo e il calore che si stavano propagando mi costrinsero in ginocchio.
Il pavimento era bollente, ma non riuscivo ad alzarmi. L'aria era irrespirabile e il mio appartamento stava cadendo in pezzi davanti a me.
Per la prima volta nella mia vita, la paura concreta di morire si fece spazio nel mio petto.

Just Me And You - JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora