Jkook POV
Il pavimento bollente ustionava la mia guancia, schiacciata e costretta sotto un peso immenso che poco prima mi aveva scaraventato a terra.
Percepivo la pelle del mio viso cedere, arresa a quel bruciore infernale, fino a non sentirne nemmeno il più debole degli stimoli.
Riprendere i sensi in quello stato, in quel momento, fu mostruoso: una tortura.
Come se la vita avesse voluto mettermi ulteriormente alla prova, ancora una volta.
Aprii gli occhi in cerca di qualcosa, qualsiasi cosa... la prima che vidi fu il riflesso sfocato delle fiamme sul marmo del pavimento.Tentai di alzare lo sguardo oltre le palpebre tumefatte e gli occhi lacrimanti, offuscati e bruciati dal denso fumo nero.
Annaspai in cerca d'aria cercando di ignorare le contrazioni lancinanti delle ossa spezzate che sembravano forare i polmoni come spilli appuntiti.La polvere si bloccò in gola...
poi il vuoto.Lentamente stavo riprendendo coscienza: nel buio che regnava nella mia mente si fecero spazio i suoni che mi circondavano, aiutandomi a ritornare alla realtà.
Il ticchettio di un orologio, il periodico impulso stridulo dell'elettrocardiogramma, un leggero brusio di sottofondo...
Tutto stava gradualmente prendendo forma nella mia immaginazione, ed i suoni diventavano secondo dopo secondo sempre più nitidi e chiari.
Cercai di aprire gli occhi più volte, ma le palpebre erano pesanti come mai lo erano state nella mia vita.
Mi sforzai, aggrappandomi al pensiero di quella luce biancastra a macchie che percepivo solo filtrata dal quel sottile lembo di pelle che si stava rifiutando di collaborare: la volevo raggiungere.
Piano piano quel bagliore riuscì a penetrare in profondità nel mio sguardo, illuminandomi, scaldandomi l'anima.Ero vivo.
Quel brusio ben presto mutò in voci distinte e comprensibili, che a passo svelto si avvicinavano a me, le percepivo sempre più vicine.
"I valori sono stabili, la pressione é buona. Dovremo cambiare i bendaggi in mattinata e somministrargli la stessa dose di antibiotici di ieri"
Quelle parole erano state proferite alla mia destra da una donna, potevo vedere la sua figura scribacchiare qualcosa su un foglio strano.
"Provvedo."
Rispose una voce più giovane, proveniente dal lato opposto della stanza.Che non si fossero rese conto che ero sveglio?
Ero davvero sveglio? O forse faceva tutto quanto parte di un sogno, di una proiezione fallata della realtà prodotta dalla mia mente?Provai a prendere ufficialmente il controllo del mio corpo, di me stesso.
Percepivo la vita scorrere in me, passava dai polmoni, anche se affannati, e irradiava ogni mio arto, ogni mia cellula.
Potevo farcela.Mossi leggermente le dita della mano destra in modo flebile e scattoso, dovevo trovare un modo per far comprendere ai medici che ero lì, ero presente.
Riprovai, ancora e ancora, fino a farmi notare."Credo che sia sveglio..."
Una luce accecante entrò violentemente nei miei occhi, spalancati bruscamente senza preavviso da uno dei medici.
Controllò quindi la reazione della mia pupilla a contatto con la piccola torcia metallica prima che potessi serrare nuovamente le palpebre in preda al dolore."Si, è così"
Affermò con sicurezza la donna.Timidamente riaprii gli occhi, guardandola.
Il volto coperto, stretto fra le bende, la gola secca e gonfia mi rendevano impossibile anche solo aprire bocca per forzare dopo chissà quanto una singola parola, un rantolo.
Volevo fare mille domande, avevo un sacco di dubbi e preoccupazioni da esternare, bramavo risposte.Il sonno mi portò via con se prima che potessi fare altro, ogni stento fu vano.
Il sollievo della consapevolezza di essere sopravvissuto era stato così profondo da obbligare il mio corpo al riposo, quello vero.
Non più coma, non più sfinimento delle membra, un semplice sonno riparatore, risanatore.Il ricordo di quella notte mi tormentò in sogno tanto quanto lo faceva nella realtà.
Tristemente lo lasciai fluire, inerme.Non so come riuscii ad afferrare il mio telefono, a chiamare aiuto.
Le mie urla disperate erano sovrastate dal frastuono del mio appartamento che cadeva in pezzi, dai vetri in frantumi, da tutto il rumore assordante che mi circondava.
Le orecchie fischiavano così forte da fare male, tutto era un disastro.
Finalmente la persona che avevo chiamato rispose al telefono.
Perché non chiamare la polizia? Mi chiedevo di continuo, era questa l'unica domanda che mi rimbombava nella testa, almeno finché Jimin non mi rispose."Pronto?"
Pronunciò lui con tono incerto, quasi spaventato.
Provai a urlare, a ripetere più volte ciò di cui avevo bisogno, ma la linea era così flebile che non avevo idea se mi stesse riuscendo a sentire oppure se stessi urlando al vuoto, ad uno schermo piatto."MIN! Jimin ti prego dimmi che adesso mi senti!" gridai ancora, un'altra volta.
Quando mi trovai sul punto di mollare, riagganciare ed accettare il mio destino, la sua voce mi riportò alla realtà, mi spronò a lottare."Si, si che ti sento, che succede?"
Sentii che quello era il momento: dovevo chiedergli perdono per tutto quello che gli avevo causato nelle settimane precedenti, per averlo importunato così tanto, per averlo privato della fiducia del suo partner...
Non riuscire a scusarmi in quel momento, in quell'ultimo istante, sarebbe stata per me un'umiliazione ancora peggiore.
Il dolore uscì libero, sciolto, dalle mie parole."Senti jimin, ti devo dire che mi dispiace, non volevo rovinare tutto, ti prego perdonami!"
Lo strepitio che mi circondava mi rendeva ormai impossibile essere ascoltato e al contempo ascoltare, non potevo fare più nulla.
Nella mente avevo stampato il suo volto, accostato al mio. Le nostre labbra separate solo da un sottile strato d'aria colmo di dubbi e incertezze."Rimpiangerò per sempre quelle notti spensierate al tuo fianco ..."
Mugugnai al cellulare mentre la linea telefonica cedeva, ed io con lei.
Perdonami...
Non so quanto dormii, la percezione del tempo ancora non mi apparteneva, però quando i miei occhi si schiusero nuovamente tutto era diverso.
Quella speranza di cui ero colmo svanì improvvisamente, la coscienza si fece immediatamente più presente in me e premeva di essere ascoltata, non la potevo più ignorare.Presi atto di quello che era accaduto, con la leggera brezza notturna che trapelava dalla serranda socchiusa e che faceva svolazzare le tendine bianche.
Un incendio brutale e spietato mi aveva travolto, inghiottito.
Ma come mi ero salvato?
Era morta della gente, per colpa mia?
E il mio corpo? In che condizioni sarebbe stato?
Ero inoltre abbastanza sveglio da iniziare a percepire il dolore, che piano piano da leggero fastidio si trasformò in lame roventi...Quella notte fu la peggiore.
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Just Me And You - Jikook
Fiksi Penggemar"L'auto correva veloce nella notte, e la luce calda dei lampioni ne dipingeva il profilo sulle vetrine buie delle vie del centro. Eravamo vicini alla destinazione: il palazzo in cui abitava Jungkook sarebbe presto uscito fuori da quel groviglio di e...