E poi, come tutti i venerdì, ecco Ato.
"Vi siete lasciati perché tu volevi un figlio e Tuo Marito no?"
È la domanda che più spesso mi sono sentita rivolgere, in questi mesi.
"No, assolutamente," rispondo.
È vero solo in parte.
È vero perché nessun orologio, dentro di me, si è ancora messo a ticchettare.
Ma non è vero perché da tempo non credevo più che Mio Marito e io ci
bastassimo.
O meglio.
"Sei diventata insostenibile, Magoo."
"Anche tu."
"Tu di più."
"No, tu."
"Tu."
"E se li mollassimo, amore mio?"
"Chi?"
"L'io. Il tu. Se ci aprissimo al noi?"
"Che cosa significa?"
Non avrei saputo spiegarlo, ma di certo non significava aprirsi a Siobhan e
passare l'estate a preparare mojito a New York.
Comunque, l'esigenza di lasciarsi alle spalle quei due diciottenni egocentrici
che a furia di dire "io" avevano convinto l'altro a dire ogni tanto "tu", ma che al
momento lo usavano solo come un'arma (TU sei insostenibile, TU non capisci, TU
non immagini, TU non sei IO), la avvertivo. Indistinta, ma la avvertivo.
La Città dei Ragazzi l'ho conosciuta per via della Mia Rubrica "Pranzi della
domenica".
"Famiglia è dove famiglia si fa" era il sottotitolo della rubrica. Dunque, pur
non essendoci un padre e una madre, ma solo tanti figli, la Città dei Ragazzi era
un posto necessario da raccontare.
La visione di quel genio di monsignor John Patrick Carroll-Abbing, nel 1953,
era stata infatti proprio quella di dare una famiglia ai ragazzi di tutto il mondo a
cui, in un modo o nell'altro, la famiglia era stata negata: "Una fraterna
comunità, dove giovani, resi cinici dalle loro esperienze negative, avrebbero
imparato la difficile arte del vivere insieme in libertà, in mutua tolleranza, in
pace; un luogo sereno dove ogni ragazzo asociale avrebbe trovato
comprensione per le sue difficoltà e incoraggiamento nello sforzo di elevarsi; un
luogo dove il giovane, spronato a sviluppare le proprie qualità, avrebbe potuto
progredire giorno dopo giorno". Sono parole sue, di Carroll-Abbing. Che non si è
limitato alla visione: ha realizzato un metodo. Perché "nessuno nega che sia una
cosa necessaria educare i giovani: alcuni però continuano a sostenere che si può
fare senza dar loro responsabilità concrete, senza che abbiano la libertà di
predisporre programmi, di fare scelte, cioè di correre il rischio di sbagliare".
La Città di quel rischio non ha paura: e oltre ad accogliere orfani di guerra,
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Random© Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano Prima edizione nella collana “I Narratori” novembre 2013 ISBN edizione cartacea: 9788807030710 A Yab, per tutti i minuti del suo futuro In ogni essere umano esistono facoltà latenti attraverso le quali egli p...