3 gennaio, mercoledìalba 7.38 - tramonto 16.51salta!

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"...e io, dottoressa, ho risposto che sì. Me la sentivo."

"Impegnativo."

"Le sembrerà assurdo, ma prima di rispondere ho guardato l'orologio.

Pisacane mi stava parlando di Ato da esattamente dieci minuti, quando mi ha

espresso con chiarezza la possibilità di prenderlo in affido, o giù di lì. Né un

minuto in più, né uno in meno. E allora ho realizzato. Sì: i miei dieci minuti, oggi,

devono essere questi. Sono questi."

"Impegnativo, ripeto."

"Crede?" Perché dallo sguardo che fa la dottoressa T. mentre dice

"impegnativo", mi pare voglia dire altro. Mi pare voglia dire bello. Mi pare

voglia dire giusto. "Io lo avverto, certo, l'impegno della responsabilità che voglio

assumermi. Ma..."

"Ma?"

"Ma credo ci siano persone che non dobbiamo sforzarci di accogliere: sono

già entrate nella nostra vita mentre non ce ne rendevamo conto. Mentre a

chissà cos'altro stavamo pensando."

"Vero."

"Ato è già nella mia vita. Si tratterà solo di passare con lui sette giorni alla

settimana anziché tre e mezzo."

"Vero."

"...allo stesso modo, ci sono persone che non dobbiamo sforzarci di

allontanare dalla nostra vita. Di fatto sono già fuori. Anche loro, sono uscite

mentre non ce ne rendevamo conto."

"Si riferisce a suo marito."

"Sì. Quando mi ha fatto quella proposta, se possiamo definirla così, a

Capodanno, ho sentito come una mano afferrarmi qui, alla gola, e stringermi

forte. Fortissimo."

"..."

"Ho pianto. Non riuscivo a smettere. Un pianto diverso da tutti, è stato. Più

che un pianto sembrava un attacco d'asma. Qualcosa di primitivo, di bestiale.

Ma, non so come spiegarlo... Non piangevo per il dispiacere di quella proposta

assurda. Piangevo perché la donna di cui lui parlava, mentre si riferiva a me,

non mi somiglia più. E piangevo perché lui, mentre parlava, non somigliava più

all'uomo di cui sono stata innamorata. Di cui sarò sempre innamorata. Con cui

formerò sempre un solo Primario. Dottoressa..."

"Sì?"

"Cambiare è mortale."

"Chiara?"

"Sì?"

"Cambiare è vitale."

"..."

"..."

"Sa, ripensavo a Egoland."

"Certo: Egoland. Il titolo del suo racconto."

"Sì. Egoland. La città dove ogni palazzo ha un colore solo. La e è maiuscola, in

Egoland."

"Naturalmente. È un nome proprio di città."

per dieci minutiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora