A Vicarello sì che la palestra era una palestra: era uno dei miei tanti,
distruttivi leitmotiv, appena ci siamo trasferiti in città.
In effetti Vicarello vive, a parte l'indispensabile, di campagne e di niente,
mentre in centro a Roma la bellezza e il tutto lasciano necessariamente poco
spazio a qualcosa di tanto ingombrante come una palestra vera e propria.
"Qui è tutto di sinistra!" mi sfogavo con Mio Marito.
"Pure tu," mi faceva notare lui.
"Ho capito, ma la palestra dev'essere di destra. Sei mai entrato in questa
sotto casa? Sembra un centro sociale. Pure la responsabile: una bibliotecaria,
pare, con quell'aria intelligente, quelle battute sagaci."
"Sono le cose che di solito cerchi in una persona..."
"Non in palestra! In palestra cerco solo di fare palestra. Di consegnare le mie
nevrosi a quella baby-sitter favolosa che è l'attività fisica. Sul tapis roulant
accanto al mio non ho nessuna voglia di ritrovarmi una fighetta che rincorre la
sua anoressia."
"Anche tu hai avuto problemi di anor..."
"Appunto! Proprio per questo, se si tratta non dico di risolvere i miei problemi,
ma almeno di distrarmi, ho bisogno di gente diversa da me. Migliore di me! Non
lo capisci? Gente che davvero vada in palestra, quando va in palestra. Che non
mi ispiri nessuna immedesimazione, insomma, che possibilmente non si accorga
nemmeno che esisto: non voglio delle disagiate come me, con cui posso
scambiarmi dritte sui sonniferi, interpretazioni sui perché della morte di David
Foster Wallace e fare a gara a chi ha più nostalgia di lui. Ma andare in palestra
proprio no!"
"Ci saranno altre palestre in zona, oltre a questa sotto casa. E comunque fai
un po' come credi."
Fai un po' come credi.
È la frase con cui Mio Marito, negli ultimi tempi, chiudeva tutte le discussioni
quando diventava evidente che si stava parlando di me e che non c'era margine
per ribaltare la questione e spostare l'attenzione su di lui.
È la frase con cui le chiudevo anch'io, le discussioni, quando succedeva
l'inverso, e l'attenzione da lui non si poteva spostare su di me.
Fai un po' come credi.
Si diventa così sordi, quando la paura di perdersi supera la voglia di
trattenersi...
Comunque.
Fino a giugno ho fatto un po' come credevo: e invece di frequentare il centro
sociale mascherato da palestra, per dare alle mie nevrosi la loro baby-sitter,
andavo e tornavo a piedi dalle case delle famiglie protagoniste della Mia
Rubrica "Pranzi della domenica".
Ore e ore a piedi, per la città.
Da luglio, però, non ho più la Mia Rubrica e non ho più delle case dove andare
e da dove tornare.
Ho un'insonnia a cui quella favolosa baby-sitter manca tutte le notti.
E ho dieci minuti da impiegare con qualcosa di nuovo.
PALESTRA GRANDE AL CENTRO DI ROMA: digito su Google, appena sveglia, con le dita
ancora un po' stordite dallo smalto fucsia.
Clicco sulla prima voce: palestra Royal Club, in via Barberini.
Fuori piove, fa freddo, ma ormai ci sono.
O meglio.
Ci vado.
Non è esattamente a un metro da casa com'era quella di Vicarello, pensa la
me che non si è ancora rassegnata ad abitare dove almeno per un altro anno
dovrà abitare, la me che voleva solo avere assicurati la Sua Stradona di
campagna, Suo Marito e la Sua Rubrica per tutta la vita. Però non è neanche
così lontana da casa, sfida gli spazi ristretti imposti dal centro con delle sale
sotterranee, abbastanza grandi e abbastanza di destra, e su uno dei tapis
roulant ho intravisto una tizia con due gambe lunghissime, abbronzata come
fosse la metà di agosto e con una maglietta con su scritto SENZA SONO MEGLIO,
pensa la me che firma il modulo d'iscrizione e che anche oggi porta a casa –
insieme a un piccolo asciugamano che ha vinto pescando un numero dal
sacchetto di tela che le ha allungato la proprietaria in cambio dell'assegno – i
suoi dieci minuti.
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per dieci minuti
De Todo© Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano Prima edizione nella collana “I Narratori” novembre 2013 ISBN edizione cartacea: 9788807030710 A Yab, per tutti i minuti del suo futuro In ogni essere umano esistono facoltà latenti attraverso le quali egli p...