20.

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«Chi si rivede!» ci accolse Steve appena ebbero terminato di suonare. Noi eravamo rimasti in disparte per non disturbarli fino alla fine della canzone.

Damien fece un segno di saluto verso tutti e io un sorriso, andavo sul classico.

«Non sei venuto da noi, oggi», mi avvicinai al piano di Marzio.

«Stavo entrando poi ho avuto paura di disturbarvi...»

Qualche risatina.

«Non ti ci mettere anche tu, è già difficile tenere a bada loro», e battei in ritirata incamminandomi verso la cucina, senza privarlo di un'occhiata ammonitrice.

Mentre aprivo il frigo mi ritrovai di nuovo circondata dalle ragazze.

«Allora? Come va questa sessione intensiva?» Clara si mise addirittura seduta.

«Bene.»

La mia risposta neutra non piacque e mi tampinarono di domande cariche di sottintesi. Non fornii ulteriori dettagli e, facendomi spazio, attraversai il muro di ragazze per tornare in sala canto.

Damien era poggiato coi gomiti vicino al piano, nella sua stessa posizione c'era Keira, e parlavano entrambi con Marzio a bassa voce. O almeno mi sembrava bassa dopo essere stata stordita dalle voci squillanti delle ragazze.

Mi guardò mentre mi avvicinavo e io mi sentii completamente nuda, i suoi occhi addosso mi fecero sentire vulnerabile e priva di protezione.

Con un gesto della testa mi chiese: «Andiamo?» e io annuii, dedicando un mezzo sorriso a Keira, che invece me ne stava facendo uno a trentadue denti. Quella pausa non mi aveva fatto granché bene, percorrendo il corridoio mi sentii a disagio, come se le persone che avevo lasciato in sala prove si aspettassero qualcosa da me, da quei giorni rinchiusa lì dentro con lui. Qualcosa che non riguardasse assolutamente la canzone. Una volta entrati, chiusi la porta alle mie spalle e mi sforzai di cancellare quella sensazione.

Mi sistemai con la schiena appoggiata sul bracciolo del divano e gli dissi che ora doveva cantare da solo. Prendere il comando mi faceva stare meglio. Anche lui si appoggiò al bracciolo opposto e iniziò a cantare, interrotto solo dalle mie correzioni di pronuncia. Ero molto severa e pensai che se avessi continuato così avrei letto sul suo viso un'espressione di frustrazione. Ma perseverai e lui accettò ogni limatura.

Il giovedì fu molto simile al mercoledì, continuava a fare dei grandi progressi e io non gli facevo passare un errore. Mentre lavoravamo ero molto seria, concentrata solo su quello che sentivo uscire dalla sua bocca.

Poi pronunciò una parola in maniera completamente errata. Cercai di trattenermi all'inizio ma riuscii per poco, scoppiai a ridere con le mani sul viso e quasi le lacrime agli occhi. Mi arrivò una cuscinata addosso.

«Scusa, scusa...» continuando a ridere. Mi alzai in piedi giusto per far distrarre il mio cervello da quello che aveva sentito ma non funzionò molto. Seconda cuscinata sul sedere.

«Ok, ok. Ora smetto!» Mi fermai, respirai e feci un gesto con la mano per dirgli di aspettare. Un secondo respiro profondo e, guardandolo per la prima volta da quando avevo iniziato a ridere, lo esortai: «Dai, riparti!» ma mentre lo guardavo, la sua espressione da bambino deriso mi fece scoppiare di nuovo.

Mi arrivarono addosso due cuscini insieme. Avevo il viso rigato dalle lacrime e andai ad aprire la finestra per prendere un po' d'aria fresca.

«Scusami, non è colpa tua, purtroppo se inizio non finisco.»

Passato quasi un minuto mi girai di nuovo verso di lui e lo vidi ancora con l'espressione di qualcuno che era stato profondamente ferito.

«Sì ma tu non continuare a fare quella faccia! Non smetterò mai così!» E mi morsi il labbro inferiore per impedirmi di ridere ancora. Per fortuna avevo il mascara waterproof altrimenti avrebbe riso lui.

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