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Verso fine mese, finita la lezione di ginnastica, Steve ci comunicò che Marzio non sarebbe venuto per un imprevisto. Impallidii pensando subito al peggio. Attesi di incrociare il suo sguardo sperando di avere una smentita, sembrava evitasse di farlo. Un nodo allo stomaco mi provocò subito un senso di nausea e la testa si annebbiò, creando un suono ovattato nelle orecchie A malapena udii Giorgio dire di andare a casa e che ci saremmo visti il giorno dopo.

Nell'istante in cui vidi Steve allontanarsi dagli altri, lo raggiunsi.

«È tutto a posto.»

«Dimmi la verità», avevo già gli occhi pieni di lacrime. Un'angoscia lacerante mi ribolliva dentro.

Mi accarezzò la testa. «Veramente,» sorrise, «ha avuto un imprevisto che non c'entra nulla con quello che pensi.» Tornò serio: «Mi dispiace vederti così, non volevo darti questo peso».

«Non fa niente,» tirai fuori un sorriso, sollevata, «l'importante è che stia bene.» Quell'affermazione mi suonò male, ma non mi corressi.

«Dai, distraiti.» Guardò oltre le mie spalle. «Ecco chi ti farà pensare ad altro per un po'», e mi fece l'occhiolino. Non c'era bisogno che mi girassi, immaginavo a chi si riferisse e il suo profumo mi aveva già raggiunta. «Mi sta chiedendo disperatamente di uscire ma io sono impegnato. Potresti pensarci tu?»

«Certo!» Ancora gli davo le spalle, intenta com'ero a mandare occhiatacce a Steve.

«Perfetto, falla divertire», e se ne andò.

Dovetti girarmi e mormorare un imbarazzato: «Stava scherzando».

«Ormai ho dato la mia parola. Quindi, dove andiamo?»

«Da nessuna parte.»

Mi guardò con aria delusa.

«Un caffè.»

Gli sorrisi. In realtà nella mia testa già vivevo l'imbarazzo di dovermi far pagare un caffè. Erano pochi spicci e lui era pieno di soldi, ma per me era un problema. Avrei potuto pagare io? Dubitavo che me lo avrebbe permesso. Avrei dovuto comunque provare a offrirmi o avrei generato ilarità da parte sua? Mi sarei sentita offesa. No, non mi avrebbe presa in giro, non era il tipo, ma cosa avrebbe pensato? Che pagando mi sarei tolta quei pochi soldi che secondo lui avevo in tasca? Santo Cielo, com'era tutto difficile per me! Non riuscivo a godermi nulla, mi sarei sentita per sempre in debito. Roba che la maggior parte delle ragazze che conoscevo quasi lo avrebbero preteso, che fosse un milionario o un poveraccio. Secondo loro l'uomo doveva pagare e basta e a me questi discorsi facevano drizzare i capelli, io...

«Ti porto io o preferisci scegliere tu?»

«Damien, io... non ho detto sì.»

«Ma mi hai sorriso e poi sei stata non so quanto nei tuoi pensieri a rimuginare su qualcosa che ti ha fatto corrucciare. È una cosa semplice: un caffè.»

«Semplice», ripetei dubbiosa. Per lui. «Ok, dove vuoi tu.»

«L'entusiasmo che traspare in te, ogni volta che ti propongo di passare del tempo insieme, è gratificante.»

«Non è che posso perdere tempo proprio con tutti», scrollai le spalle con fare altezzoso. Se solo avesse saputo che avrei passato ogni secondo della mia vita con lui.

Comunicai a Flavia e Viviana che non sarei tornata a casa insieme a loro, provocando una serie di commenti espliciti. Non avevo accennato a Damien ma non era servito.


In auto mi sentii in imbarazzo, poteva sembrare una specie di appuntamento o comunque un'uscita che non avesse una motivazione riconducibile a qualcosa di necessario. Non mi stava accompagnando a casa per farmi un piacere e non stavamo uscendo con gli altri in una serata organizzata da qualcun altro. La mia testa continuava a ragionare all'infinito e d'un tratto mi accorsi che c'era troppo silenzio. Dovevo fare qualcosa per togliere d'impaccio entrambi e allungai un dito verso lo stereo dell'auto per mettere un po' di musica. Ma nello stesso momento lo fece anche lui e le nostre dita si toccarono, portandomi come al solito a una reazione esagerata, ritraendo istintivamente la mano.

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