28.

71 17 147
                                    

Avevo paura di respirare, di una mia qualsiasi reazione, di piangere, di provare a baciarlo ed essere rifiutata. Oppure di non esserlo, ma solo per compassione. Perché mi stava facendo questo? Non volevo stare tra le sue braccia per pietà. Dentro di me stavo spaccando tutto, se mi fossi lasciata andare avrei frantumato qualsiasi cosa trovavo.

«Oddio! Si stanno baciando!» vidi Sabina correre giù per le scale. Bene, perfetto. Tempo di uscire e l'avrebbero saputo tutti e mi sarei dovuta giustificare per una notizia falsa, al limite del paradosso. Quello era un addio, non un avvicinamento.

Mi staccai da lui: «Sabina, sarà già andata a raccontare in giro la scena. Solo che le avrà dato un significato sbagliato». Non so perché lo sottolineai.

«Perché, quale aveva?» il suo tono era calmo.

«Nessuno», andai verso le scale e poi dritta fuori. Stavo per piangere ma dovevo mantenere un minimo di dignità. Quando uscii stranamente non vidi nessun atteggiamento che mi facesse intendere che la notizia fosse stata già diramata. Possibile che Sabina avesse tenuto la bocca chiusa?

Mi allontanai dalla porta del locale, perché quando Damien sarebbe uscito non volevo trovarmi vicino a lui. Kevin fece qualche passo verso di me, mi mise un braccio sulla spalla. Avevo bisogno di conforto, di un conforto estraneo, e lui era perfetto. Non chiedeva, non consigliava, mi distraeva e basta.


Tornammo alle auto e ci dirigemmo verso la piazza in cui aveva lasciato l'auto Flavia. Durante il tragitto, che durò meno dell'andata per mancanza di traffico, ascoltai le chiacchiere degli altri per cercare di distrarmi, senza intervenire mai. In piazza ci fu una nuova distribuzione delle persone nelle varie auto e salutai tutti in modo frettoloso, girando alla larga da Damien.


«Sentiamo, che hai fatto?» Flavia mise la freccia e svoltò a destra.

«Niente.»

«Si vede», fece rimbalzare lo sguardo sullo specchietto retrovisore per incrociare quello di Viviana.

Mi lasciarono perdere. Poi si sentì un trillo, la notifica di un sms. Dopo qualche secondo Viviana quasi urlò. «Ma che cazzo! Vi siete baciati?»

«Chi? Chi si è baciato? Oddio!» Flavia non guardava neanche più la strada.

«Nessuno si è baciato, stai tranquilla e guarda la strada!»

«Scusa, questa ha scritto che...»

«Ve lo spiego io senza tanti giri. Sabina poco prima che uscissimo ci ha visti mezzi abbracciati e...»

«Come mezzi abbracciati?» Di nuovo senza guardare la strada.

«... ha dedotto male. Non è successo niente.» Avevo i crampi allo stomaco.

«Cioè tu e Damien stavate abbracciati e non è successo niente? Quel Damien? Quello di cui sei follemente innamorata da anni, ancora prima di conoscerlo? Ti sembra niente? E tu non ci racconti niente?»

Tirai su le gambe rannicchiandomi sul sedile, non mi importava se mi si vedeva tutto con quella gonna tanto ero in auto solo con loro. Forse non mi sarebbe importato neanche fossi stata in mezzo a una chiesa. Le mani mi tenevano il viso cercando di massaggiarmi energicamente le tempie.

«Oh! Parla!» mi strattonò per una spalla Viviana.

«Ok, ok. C'è poco da dire. I fatti sono questi», feci un attimo mente locale per dare un senso orario agli avvenimenti, ero così confusa che ricordavo solo gli ultimi minuti. «Dunque, ci siamo quasi scontrati nel locale e lui mi ha proposto di fare due chiacchiere fuori. Poi, visto che faceva freddo, mi ha chiesto di andare in macchina.»

Raccontai per sommi capi i discorsi fatti, interrotta infinite volte da entrambe che volevano maggiori dettagli e facevano insinuazioni continue, specie quando confermai che mi aveva fatto domande su Enea e la fine del nostro rapporto. Arrivai alla canzone che aveva canticchiato e che mi ricordava il nostro incontro casuale al centro, alla mia stupida proposta di cantarla al concerto e alla sua reazione che mi aveva freddata.

«Ma cosa ti ha detto di preciso?» Viviana si sporse ancora di più tra i sedili.

«Questo!» ero esasperata. Sbuffai. «Che gli ricordava qualcosa, non ha detto cosa, si è fermato per dire che era troppo intima. In pratica mi ha fatto capire che a lui ricordava un'altra.»

Provarono a convincermi che avesse il mio stesso ricordo e che, non avendo nominato nessun'altra, me la stavo inventando io. Le zittii e proseguii raccontando di come ero corsa fuori dall'auto appena viste le altre ragazze e fossi andata ai salottini a riprendermi borsa e cappotto. E poi, di come me lo fossi ritrovato a qualche centimetro di distanza e l'avessi travolto di nuovo.

«Ed è arrivata Sabina», pensò di concludere Flavia.

«Peggio. Prima che arrivasse lei, mi ha innanzitutto chiesto cosa avesse detto di sbagliato. E io ho risposto "niente". Poi visto che la musica era alta si è messo ancora più vicino e io ero tanto così dal baciarlo. Aveva le labbra a due millimetri dalle mie. Non so come sia riuscita a fermarmi. Ringrazio il Cielo!» terminai con le braccia alzate.

«Ed è arrivata Sabina», allora chiuse Viviana.

«No! Peggio ancora. Ha iniziato a cantare "You're beautiful" attaccato a me e mi conduceva in un lento. Roba che se respiravo un po' più forte le labbra si toccavano. Ora avete capito?»

«Sì, ti voleva baciare ma non mi è chiaro perché tu non l'hai fatto!» mi sgridò Flavia.

«No! Non hai capito un cazzo!» Saltai sul sedile. «Stava lì per darmi il contentino! Ha visto che c'ero rimasta male e voleva tranquillizzarmi, ha fatto la parte. E l'ha fatta perché c'è questo fottuto concerto di mezzo e deve fare in modo di riuscire a cantare due stramaledette canzoni con me, evitando che mi comporti da ragazzina ferita. Punto.»

«E da cosa lo deduci?» Viviana lasciò la bocca aperta.

«Da tutto quello che ho raccontato! Guardo i fatti!»

«I fatti non dicono questo, Ginevra», Flavia superò una Smart facendole i fari. «Tu sei convinta di non piacergli e se pure dovesse dirtelo a chiare lettere non lo accetteresti come vero.»

«Per favore, lo so che mi volete bene, ma non voglio sentire cavolate. Il mio attore preferito arriva dall'altra parte del mondo e si innamora di me che ho la metà dei suoi anni e faccio pure parecchio schifo. Tutto questo in un mese o due.»

«Intanto non fai schifo», Viviana mi diede una spinta sulla spalla, «e stasera ti guardava con la stessa bava alla bocca con la quale lo guardi tu. Sarà perché stavi col culo di fuori ma ce ne stavano mille di ragazze vestite così e lui guardava solo te!»

«Perché sono ridicola.»

«No, ora piantala. Se lo fossi stata non avrebbe avuto quello sguardo infocato. Poi è vero che sembra una favola ma già che lui sia venuto qui per partecipare a uno spettacolo con noi e cantare soprattutto con te, è una cosa che sembra impossibile, irrealizzabile, fantasiosa. Però è vero, è qui. Quindi, perché non potresti piacergli?»

«Perché sono orrenda! Quello è stato e sarà sempre circondato da migliaia di donne bellissime. Secondo voi, viene a sprecare il tempo con me? Anche qui, a Roma, ne potrebbe avere quattro diverse ogni sera!»

«Ma magari era così fino a poco fa e ora si è stancato! E gli piaci tu.»

«Con voi è inutile parlare. Vi ringrazio ma non siete obiettive.»

«Mia cara, quella poco obiettiva sei tu», concluse Flavia.

Non parlammo più, ormai eravamo vicino casa. Ringraziai Viviana ma preferii tornare da me, erano le 2.40, non così tardi. E poi avevo voglia di stare da sola e pensare senza interruzioni, non volevo dare spiegazioni, o dover far finta di convincermi di quello che dicevano le mie amiche solo per tirarmi su.

La verità la conoscevo io, non mi interessava quello che credevano di sapere gli altri.  

GinevraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora