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Gli andò addosso come un treno in deragliamento. Lo prese in pieno e quasi si sarebbe divertito se non avesse visto l'espressione del suo viso prima dello scontro: era sconvolta. I tacchi alti la portavano a qualche centimetro da lui e se non l'avesse vista arrivare pochi attimi prima dell'impatto gli avrebbe sicuramente dato una forte testata sul mento, ma aveva fatto in tempo almeno a spostare la testa, pur ritrovandosela tra le braccia.

Lei si staccò subito mormorando delle scuse in italiano, ancor prima di accorgersi che fosse lui. Appena lo riconobbe i suoi occhi si spalancarono per un attimo per poi tornare ad assumere un'espressione cupa, seppur diversa da quella avuta prima dello scontro.

«Ehi, cos'hai? Tutto bene?» Poi ebbe un'illuminazione. «Ti ha infastidita qualcuno?» e guardò oltre le sue spalle, in cerca di qualche viso colpevole o troppo soddisfatto da attaccare al muro.

«No, tutto a posto», e scosse la testa con un sorriso mite che non lo convinse.

«Ti stavo cercando», e lei lo guardò col suo sguardo allarmato, gli occhi spalancati. «Sei andata a ballare?»

«No, sono stata fuori a prendere aria.»

«Ah, volevo chiedertelo io», abbassò leggermente le spalle.

«Usciamo di nuovo!»

Osservò come era vestita, non sarebbe dovuta rimanere fuori con quella temperatura senza un cappotto addosso. Controllò in tasca, aveva le chiavi dell'auto.

«Ti va di andare in macchina a parlare?» Sembrava ci stesse provando come un ragazzino alle prime armi. «Così non prendi freddo.»

«Ok.»

«Vieni», le cercò la mano per non perderla in mezzo alla calca di gente che aumentava sempre più, ma lei la ritirò ancor prima che gliela riuscisse a prendere. Lo guardò con occhi sbarrati e scosse la testa, sulle labbra un sorriso tirato che voleva mitigare la reazione avuta. Lui non disse niente, però l'effetto che aveva avuto su di lei non gli piacque affatto, soprattutto dopo aver visto con quale facilità si era fatta abbracciare da Kevin.

Fu di nuovo colto dal senso di avversione provato nel luogo dell'appuntamento, quando li aveva visti così vicini e a contatto. In un attimo era sfumata tutta l'eccitazione da cui era stato assalito appena era scesa dalla macchina e l'aveva vista in quell'abbigliamento provocante. Di certo non le avrebbe dato diciassette anni. Non era solo per la gonna corta che la fasciava e risaltava il suo sedere alto e sodo, le lunghe gambe perfettamente dritte valorizzate da quelle calze velate e i tacchi alti o il trucco che marcava il suo sguardo, ciò che lo catturava era l'atteggiamento sicuro e sfrontato di chi è consapevole di poterti prendere, se ti vuole. Eppure bastava parlarle per capire che non era cosciente del potere che aveva sugli altri.

Fuori dal locale l'aria pungente gli cacciò via il malumore e raggiunsero la macchina. Avrebbe voluto aprirle lo sportello, ma dato che lei non voleva neanche che le tenesse la porta, lasciò perdere.

Si infilò dentro e accese il motore per azionare il riscaldamento, la radio partì da sola. Non la spense, abbassò solo il volume in modo che non desse fastidio mentre parlavano.

«Devo immaginare che non ti stessi divertendo molto», Ginevra si sistemò sul sedile con le gambe intrecciate in una posa impossibile. Damien si chiese se sarebbe stata in grado di slegarle, dopo. Cercò di distogliere lo sguardo. «Non ti piace questo posto o in generale non è il tipo di locale che preferisci?»

«Oh, beh, qui è carino ma non ballo, quindi dopo un po' mi stanco di cercare di parlare senza riuscire a farmi capire. Poi, sai, Alessandro è abbastanza assillante», finì sorridendo, sapeva che a lei non piaceva.

GinevraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora