Capitolo 22

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"Che ne dici di fare un giro in centro? Hai voglia?" annuisco alla domanda di Ignazio che sta spingendo il passeggino vuoto con una mano e con l'altra tiene la manina di nostra figlia che zompetta contenta di non essere costretta a stare seduta. "Rebecca la smetti di tenermi il muso?" sbotta dopo qualche attimo e girandosi verso di me.
"Non ti sto tenendo il muso."
"Certo che no... non mi parli, te ne stai girata dalla parte opposta a me ma ovviamente no, non mi stai tenendo il muso."
"Sento un tono vagamente ironico..." lo fulmino con lo sguardo.
"Ma cosa devo dirti più di quello che ti ho già detto?! Me lo spieghi?"
"Niente. Mi devi lasciare il tempo di sbollire l'incazzatura!"
"Ma l'incazzatura di cosa?!" fa un verso simile ad un ringhio e poi abbassa gli occhi sul pancione. "Non vedo l'ora che tu partorisca..." sbuffa irritato.
"Perchè?"
"Perchè con gli ormoni sballati sei insopportabile!" rilascia un sospiro. "Vado a prendere una bottiglietta d'acqua! Aspettami qui e tieni il passeggino." se ne va irritato dentro ad un bar tenendo sempre Vittoria per mano.
"Rebecca! Sei tu?" mi sento posare una mano sulla spalla e appena mi volto mi trovo di fronte Antonio, il mio primo fidanzatino con cui sono stata 2 anni e mezzo prima di conoscere Ignazio.
"Antonio... ciao." faccio un sorriso leggermente imbarazzato.
"Quanto tempo è che non ci vediamo?!"
"Beh direi 7 anni più o meno."
"Cavolo! Ma come stai? Sei sempre bellissima!" mi abbraccia improvvisamente facendomi sentire leggermente a disagio. "E incinta..." mormora leggermente dispiaciuto. Che ha questo da dispiacersi?! Io non ho veramente parole. "Sai che continuo ad avere una band con i miei fratelli? Siamo anche riusciti a fare una serata a Milano!"
"Davvero? Wow." mostro un finto entusiasmo, rendendomi conto che a quanto pare ho sempre avuto un debole per i cantanti.
"Mamma!" Vittoria mi corre incontro con un lecca lecca, interrompendoci.
"Mamma? Hai anche un'altra figlia?"
"Si." sorrido abbassandomi e prendendo in braccio Vittoria che lo guarda curiosa.
"Ma sei da sola?"
"No! È con me!" Ignazio gli spunta alle spalle, gli gira intorno e mi piazza una mano sul fianco. "Piacere Ignazio!" si presenta stritolandogli la mano.
"Piacere mio Antonio!" si guarda intorno imbarazzato. "Vado che si è fatto tardi. È stato un piacere vederti... cioè vedervi." e fila via.
"Nemmeno con una pancia che che è il doppio di te ti lasciano in pace."
"Che ci vuoi fare..." mi sposto Vittoria sul fianco destro. "Quando una è affascinante, è affascinante. Anche con una panza tanta...!"
"Sai dove te lo infilo l'essere affascinante Rebecca?!" mi guarda male e beve un sorso d'acqua dalla bottiglietta che richiude assicurandosi che non perda e poi sistema sotto al passeggino.
"Non so perché ma me ne sto facendo una vaga idea." sospiro. "Amore, vai nel passeggino..." la poso giù.
"Ti è passata l'incazzatura?" mi accarezza il fianco.
"No!" mi divincolo dalla sua presa e spingo il passeggino con Vittoria dentro, che per miracolo divino non piange incazzata.
"Se continui così mi faranno santo."
"Si certo... San Ignazio!" lo guardo. "Suona male!" sbuffo. "Malissimo." spingo il passeggino.
"Torniamo a casa scimmietta?"
"Si, sono stanca. Mi fa male la schiena." sospiro.
"Sei ancora arrabbiata?"
"No..." ammetto improvvisamente pentita delle varie scenate di oggi. "Scusami..." inspiro profondamente.
"Tranquilla! Ci sono abituato a dormire con una pazza! Tutte le volte che sei incinta vado a dormire con la tua gemella rompicoglioni!"
"Pompiglioni!" urla Vittoria.
"Ti strappo le palle a mani nude!" ringhio tra i denti. Ignazio fa un'espressione colpevole mentre decidiamo di ignorare la bambina prima che continui.

"Vieni qui piccola mia." Ignazio disteso nel letto allarga le braccia e mi sorride. Un sorriso che mi scalda il cuore. Mugolo in risposta e, lentamente a causa del pancione, mi sdraio e poggio la schiena al suo petto. "Rilassati scimmietta." sussurra e mi accarezza le braccia lentamente, dalla punta delle dita alle clavicole. "Chiudi gli occhi." faccio come mi dice e mi lascio accarezzare. Parte dal polpaccio, il ginocchio, la coscia, il fianco reso più rotondo dalla gravidanza, poi prosegue sul pancione che accarezza con più cura con il pollice e poi prosegue su, fino al seno che sfiora appena facendomi gemere dal dolore. "Che c'è?" domanda stranito.
"Mi fa malissimo..." sospiro.
"Vuoi andarti a fare un'altra doccia calda? Con le bimbe ti faceva stare meglio."
"L'ho appena fatta..." sospiro. "Devo solo aspettare che questo signorino se ne esca da qua."
"Non vedo l'ora amore mio!" mi stringe a se e mi accarezza il collo con il pollice.
"Mh... io mica tanto! Deve passare da lì...!"
"Non ci pensare ora." ridacchia senza smettere di accarezzarmi. "Chiudi gli occhi scimmietta."
"No." sbuffo innervosita.
"Amore, ti capisco ma..."
"Ah davvero? Davvero mi capisci?" sbuffo imbestialita. "Ovviamente lui mi capisce, lui che per fare un figlio fino a che non nasce si limita a scopare! Lui mi capisce." mi stacco faticosamente dal suo corpo e lo sento respirare ripetutamente.
"Rebecca... hai ragione non posso capire cosa provi fisicamente perché per fortuna o per sfortuna la natura ha affidato a voi questo compito di mettere al mondo i bambini, però posso provare a capirti. Posso starti vicino, coccolarti, occuparmi di te e quindi di nostro figlio. Questo posso farlo, o no?" mi parla dolcemente ed io mi sento ancora più stupida e stronza.
"Non voglio che nasca." ammetto accompagnata dalle lacrime che mi rigano il volto.
"Hai paura?"
"Si." torno ad avvicinarmi a lui. La verità è che non sono impaurita, sono terrorizzata. Non voglio che mio figlio nasca, può succedere di tutto. E poi Margherita, mi sento sempre di più un mostro, perché amo i miei bambini e perché non sono riuscita a farla sana. Io avevo il diritto di averla qua insieme a Vittoria a baciarmi il pancione, avevo il diritto di vederla insieme alla sorellina a bisticciare per un gioco. Il diritto di crescerla, di vederla innamorarsi. Io ho il diritto di averla come figlia, ma mi è stato portato via.
"Rebecca!" io vorrei rispondergli, ma il fiato mi manca, la sensazione delle mura che mi si stringono addosso e di un qualcosa sul petto che mi fa morire affogata non mi permette di proferire parola.
"Scusa, ero sovrappensiero."
"Domani chiamo la psicologa di cui ci avevano parlato e ci andiamo." torna alla carica con questa stupida idea.
"No Ignazio."
"Si Rebecca! Ne abbiamo bisogno, adesso la nostra vita cambierà ancora di più. Sta a te la decisione se andarci da sola o con me, ma ci andrai." sentenzia.
"Sei un despota! Non puoi decidere tu della mia vita!" lo accuso.
"Hai ragione Rebecca, non posso decidere della tua vita, ma questa è la nostra vita, tua, mia e dei nostri figli." sospira e sta qualche attimo in silenzio, come se cercasse le parole adatte. "Lo so che è difficile, e che ti sto chiedendo tanto, ma se te lo chiedo è perché ti amo, altrimenti non me ne sarebbe importato niente." infila la testa nel mio collo. "Io sono preoccupato per te Rebecca." mi stringe forte e il suo terrore lo percepisco addosso come se potessi toccarlo. "Non voglio vederti andare in pezzi." sussurra e lo sento strusciarsi il naso, come fa ogni volta che gli viene da piangere ma non vuole arrendersi.
"Va bene." sussurro, avrei voluto dirlo con la voce più alta ma la verità è che credo di non averne molta al momento. Perché io conosco mio marito, e so che se è arrivato a chiedermelo ancora, senza nascondermi il dolore che invece era ovvio nella sua voce, e in tutto se stesso, vuol dire che davvero si sta preoccupando, ed io ho il dovere, perché parliamo proprio di dovere, come minimo di provarci. Per i nostri figli, per lui e un po' anche per me. Sono anni che vivo in un limbo, e vorrei provare ad uscirci.

Quando apro gli occhi per colpa del sole forte dritto sulla mia faccia, nel letto sono completamente sola con il mio pancione. Mi alzo, con calma visto il cocomero che ho al posto della pancia e raggiungo la cucina dopo aver notato il lettino di Vittoria vuoto.
"Buongiorno Caterina."
"Buongiorno tesoro. Ignazio ha portato la piccola a fare un giro in bicicletta perché era isterica." mi spiega con un sorriso dolce.
"Ah okay, ma che ore sono?"
"Le 7:45."
"Le 7:45? E a che ora sono usciti?" chiedo sbigottita.
"Alle 7. Ha detto la portava al bar a fare colazione altrimenti avrebbe pianto e ha detto che tu avevi bisogno di dormire." tira fuori dal forno una torta. "A proposito, come mai sei già sveglia?"
"Mi ha svegliato il sole e poi dormo meglio quando c'è Ignazio, ma questo tu non dirglielo." ridacchio.
"Va bene." ride anche lei. "Cosa vuoi per colazione? Caffè? Tea? Latte? Succo?"
"Caffè!" sgrano gli occhi felice.
"Ignazio ti ha levato pure il caffè?"
"No, levato no... ma me ne fa bere uno al giorno e sempre a stomaco pieno."
"Ma il limite massimo non sono 2 o 3?"
"In teoria si, ma tu hai fatto un figlio estremista in tutto." ride e mi porge la tazzina con il caffè.
"Bevi va'." ricambio il suo sorriso e mugolo gustandomi il mio caffè ad occhi chiusi.
"Grazie." sciacquo la tazzina e le lascio un bacio sulla guancia.
"Prego tesoro, la vuoi una fetta di torta?"
"Si grazie, ma lascia stare, me la taglio da sola."
"Non preoccuparti, tanto mi siedo a mangiarne una con te! Ho già preparato tutto per oggi così ho la mattinata libera." taglia due fette di torta e insieme ce le mangiamo.

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