Capitolo 6

3.2K 89 16
                                    

Damon

Silenzio, nella stanza nessuno osa dire una sola parola ne muoversi, con calma appoggio la tazzina del caffè sul tavolo.

Sento Alya trattiene il respiro, paurosa della mia prossima mossa, da quando era qui raramente mi aveva visto perdere la calma e in questo momento il sangue mi ribolliva.

Se c'era una cosa che odiavo era la mancanza di rispetto, che mi rispondessero a noto e soprattutto il menefreghismo delle persone verso la mia persona.

Lancio uno sguardo a mio fratello che come Alya trattiene il respiro invece Nadia se ne sta comodamente seduta con ancora la mano verso di lui.

Sbatto la mano il tavolo così forte da causare un urlo di paura di Alya, si porta copre subito il viso con le mani tremando leggermente.

E l'attimo dopo mi sento una merda, odio quando lei ha paura di me.

"Aaron dovresti insegnare l'educazione a Nadia" dico con serietà puntando gli occhi fissi su di lei che non si scompone.

Aaron si alza di scatto dalla sedia prendendola per un braccio con violenza, la costringe ad alzarsi causandogli ora un'espressione confusa al volto.

"No... aspetta ancora non gli ho parlato, Damon è appena arrivata...ti prego" Alya balbetta in preda al panico.

Mi accendo una sigaretta sospirando pesantemente, Aaron aspetta un mio ordine e anche se vorrei tanto assecondiate la ragazzina al mio fianco le regole valgono per tutti.

Annuisco soltanto e non perde tempo a trascinare via Nadia che prendere ad urlare ossessionata, guardo Alya che non perde tempo a piangere in silenzio, finisco il mio caffè sotto i suoi singhiozzi.

Non faccio nulla per farla stare bene se non quella di alzarmi e lasciargli un bacio tra i capelli, si irrigidisce subito facendomi ringhiare nervoso, esco da quella stanza prima di commettere qualcosa che potrei pentirmi.

Mi chiudo nel mio ufficio e ribalto la poltroncina che si trova all'interno, da quando Alya si trova qui non ho mai fatto nulla per diminuire la sua paura.

Mi lascio cadere a peso morto sulla poltrona sospirando stanco, chiudo gli occhi facendo qualche tiro di sigaretta sperando di potermi calmare.

Lei non lo sa ma mi ha salvato, mi aveva salvato senza neppure saperlo.

Tutto è iniziato quando avevo sedici anni, quel maledetto giorno d'estate, eravamo usciti a cena fuori con la mia famiglia, era successo tutto così velocemente che ancora oggi fatico a ricordare cosa è successo davvero quella sera.

L'attimo prima parlavo con mio padre e l'attimo dopo ero legato a una sedia, sono rimasto in quella cantina piena di muffa per quasi un anno, mi hanno torturato sia mentalmente che fisicamente.

Non avevo mai visto la luce del sole, mi tenevano legato a quella sedia costringendomi a pisciarmi e cagarmi addosso, mangiavo poco e niente mentre le torture continuavano.

Ricordo ancora oggi il dolore delle fruste fin quando non sono diventate un leggero pizzico alla pelle, ero fottuto, completamente fottuto mentalmente.

Ma non mi ero mai lamentato, non gli avevo mai dato la soddisfazione di vedermi pregare, giorno dopo giorno la mia mente si spegneva e la vendetta si accendeva come un fiammifero lanciato nella benzina.

Quando venni trovato da mio padre non ero più la stessa persona, ho ucciso e torturato nei modi più atroci tutti i figli di puttana che erano presenti in quella cantina, mi sono guastato ogni attimo, ogni loro urla e ogni loro preghiera.

Dangerous ObsessionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora