Capitolo 11

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Damon.

Non stacco gli occhi da lei che i strige con forza a suo padre che non fa che lanciarmi sguardi omicida, forse pensava seriamente che mi avrebe spaventato senza spere che se volessi fare saltare in aria ogni fottuto uomo qui dentro con un solo ordine, ma non volevo commettere una strage proprio davanti ad Alya.

"Ci segua signor Rivera" un coglione mi si avvicina con delle manette tra le mani.

Rimango impassibile accenendomi una sigaretta, guardo prima Alya e poi il coglione davanti a me che mi fissa con serietà e autorità, le mani mi prudevano per la voglia che avevo di ucciderli tutti ma dovevo trattenermi.

"Alya non fare cazzate" la inforno prima che possa uscire dalla villa, lei mi guarda con quei due occhioni lucidi e annuisce prima di essere portata fuori dal padre che gli sussurra qualcosa all'orecchio.

Solo quando la vedo uscire dalla villa sento un senso di rabbia invadermi e lo sfogo subito appena il coglione mi mette le mani addosso, gli prendo il braccio e con un movimento veloce glielo piego creandogli diversi gemiti di dolore, altri uomini vengono di corsa ma si fermano di scatto quando si rendono conto di essere circondati.

"Provaci ancora una fottuta volta e il braccio te lo stecco" sibilo tra i denti e lascio la presa su di lui.

Si mantiene il braccio restando a debita distanza da me, guardo mio fratello facendogli capire cosa dovesse fare ora, abbasso lo sguardo sulla mia sigaretta ormai andata e me ne accendo un'altra uscendo dalla mia stessa villa.

"Lei che ci fa qui?" mi guardo dietro le spalle trovando Nadia completamente calma.

"Vivo qui? secondo te coglione?"

Ritorno a guardare davanti a me mentre mi portano verso un auto della polizia, di Alya nessuna tratta sicuramente l'avranno portata già a casa, quando entro nella macchina i due poliziotti parlano come se non fossi presente di come hanno appena arrestato il grande boss mafioso.

Faccio un lungo tiro di sigaretta ignorandoli, in meno di una settimana sarò fuori da quel posto, il tempo di fare capire ai piani alti che è molto meglio avermi fuori prima che Aaron scateni una vera guerra, essendo un boss avevo molte alleanze e tanti uomini a mia completa disposizione.

Appena metterò piede fuori andrò a riprendermi Alya, dovessi anche usare le manieri pesanti non avrei mai permesso di farsi una vita lontano da me, speravo solo che non avrebbe fatto nessuna cazzata e sarebbe stata al suo posto, nei tre anni avevo ottenuto la sua completa sottomissione ma temevo che avrei lontano gli avrebbe dato modo di comportarsi diversamente.

Quando arriviamo al carcere scendo quando mi aprono la portiera, cammino davanti a loro lasciandoli confusi, per il momento avrei mantenuto la calma, ero quasi annoiato da tutta questa situazione.

"Damon Rivera" un agente sputa con odio il mio nome, quasi come se fosse una bestemmia.

Senza rispondere mi tolgo tutto ciò che possiedo tranne le sigarette e indosso la tuta arancione, sono convinto che pensano di avermi sotto miro, di avere la mia totale sottomissione senza sapere che siamo stati addestrati per queste situazioni.

"Se venite arrestate ricordatevi sempre di fotterli mentalmente, fategli credere di avere il controllo e quando meno se lo aspettano li colpite dove fa più male" le parole di mio padre mi tornano in mente come un chiodo fisso.

Sono un capomafia e so quando mantenere la calma, questi figli di puttana non aspettavano altro che buttarmi in isolamento e la mia presenza qui sarebbe stata molto breve.

Mi fanno cenno di camminare verso un corridoio, non mi toccano, non dopo ciò che è successo nella villa con il loro collega, gli avrei davvero spezzato il braccio in quel momento ma poi mi è apparso il viso di Alya nella mente e solo per quello mi sono fermato.

Lei mi entrava nella mente ogni volta che il mio essere voleva uscire.

Mentre cammino diversi uomini dentro le celle urlano come dei maiali sgozzati, ignoro ogni urla guardando davanti a me a testa alta, l'agente apre una cella ed entro guardandomi intorno, viene richiusa e un uomo grasso e malridotto si alza dal suo lettino ridacchiando.

"Cosa abbiamo qui?" dice avvicinandosi.

Annoiato mi accendo un'altra sigaretta, ho perso il conto di quante ne ho fumate in una sola sera, lo guardo meglio e sono schifato dal suo aspetto, il viso è sporco e i vestiti troppo piccoli per il suo corpo gasso.

"Avrò una bella puttana a quanto pare" mentre parla sputa.

Lo sorpasso dandogli una spallata con l'intenzione di sedermi e aspettare che l'uomo corrotto venga ma il grassone mi prende per il braccio girandomi verso di lui.

"In questa cella comando io! se non vuoi trovarti con il culo in aria vedi di fare ciò che ti dico pezzo di merda" dice guardandomi con serietà.

Il sangue mi ribolle nelle vene mentre guardo il suo braccio, appoggio la mano sulla sua e in un secondo la stringo così forte che sento le ossa delle dita spezzarsi, ringhia di dolore ed alza l'altro braccio con l'intenzione di colpirmi ma sono più veloce a tirargli una testata rompendogli il naso.

Cade a terra e gli salgo a cavalcioni sopra, il primo pugno finisce dritto sul naso, l'altro sull'occhio e la mia mente si spegne ritornando ad anni prima.

"Pezzo di merda ne vuoi ancora?"ride di gusto l'uomo davanti a me con un bastone di ferro tra le mani.

Stringo forte i denti quando l'ennesimo colpo arriva sulla mano, tengo gli occhi fissi nei suoi come se da un momento all'altro io possa liberarmi e ammazzarlo, lui ride, ride di gusto quando il colpo mi arriva sul petto tagliandomi e facendo schizzare il sangue su di lui.

"Tuo padre ti ha insegnato bene moccioso, dimmi ne vuoi ancora oppure hai qualcosa da dirmi?" domanda piegando la testa di lato.

"Fottiti" sibili a fatica.

Ride ancora e sostituisce il bastone con la frusta, tengo gli occhi ben aperti e quando i colpi arrivano non emetto un suono o un'espressione, sento la carne lacerarsi e stringo così forte i denti che li sento spezzarsi, gli uomini dentro questa cantina non fanno altro che ridere.

E quando i colpi finiscono escono dalla stanza non prima di avermi sputato addosso, rimango solo nel buio nella cantina e l'odore di urina e feci, sono qui dentro da quasi un anno e non ho detto una parola se non insulti e bestemmie.

Non sentivo più né le gambe né le braccia, quel figlio di puttana ci andava pesante ogni singolo giorno, molto probabilmente sarei morto dentro questo buco ma se fossi uscito non sarei più stato lo stesso.

La luce viene accesa di nuovo e lui entra con un sorrisetto sulle labbra, ma ciò che mi fa deglutire non è la sua vista ma ciò che ha tra le mani, conoscevo abbastanza bene quell'oggetto per le torture.

Mio padre stesso lo usava spesso, ti fotte il cervello e il dolore era insopportabile, ti faceva desiderare la morte.

E quando mi viene messo intorno alla testa non abbasso mai lo sguardo, lo fisso dritto negli occhi ma appena la prima scossa arriva stringo i pugni e i denti, alla seconda tremo violentemente e al terzo urlo, urlo così forte portandolo a ridere di gusto.

"Voi Rivera non valete un cazzo, guardati sei solo un moccioso, morirai qui dentro e nessuno troverà mai il tuo corpo"

Torno alla realtà quando qualcuno mi trascina lontano, guardo l'uomo che si trovava sotto di me con il viso completamente tumefatto e ricoperto di sangue, allontano le mani dei due agenti guardandoli con furia, mentre l'uomo viene trascinato via un' agente mi allunga una sigaretta e un panno per pulirmi le mani e capsico siano gli agenti corrotti.

"Signor Rivera suo fratello ha chiamato"

Dangerous ObsessionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora