I ragazzi proseguirono sulla stradetta fino a quando videro, attraverso la recinzione, immersa nel verde della vegetazione, la parte superiore di una costruzione diroccata. Fabio la additò ai compagni. – Eccole. Sono laggiù!
Andrea si avvicinò alla rete metallica per controllare. – Sì. Sono proprio le Grotte Romane.
– Uà, sono tutte sgarrupate. – Fece Orzowei che poi si voltò verso la stradetta e la percorse con lo sguardo fino a una vertiginosa curva dietro la quale si intravedeva la sagoma della vecchia abitazione di Don Paolo.
– Dovremmo essere molto vicini al passaggio che stiamo cercando.
– Guardate là! – fece Ettore.
Dall'altra parte della recinzione, ad alcuni metri di distanza, cresceva un robusto albero con una folta chioma. Il suo tronco, coperto da una corteccia scura e rugosa e tappezzato da un drappo di muschio, a una certa altezza si divideva in grosse ramificazioni che si contorcevano l'una sull'altra conferendogli un aspetto sinistro. Alcuni rami crescevano orizzontalmente al terreno e uno, in particolare, dal tronco principale raggiungeva e scavalcava la recinzione passando sulle teste dei ragazzi.
Fabio si appoggiò alla rete e studiò con attenzione quella pianta. – È una quercia. – disse, poi con un dito tracciò nell'aria un percorso immaginario. – Suppongo che dovremo salire su questo ramo e percorrerlo fino al tronco, proprio come facciamo con il tubo di Becco D'Aquila.
Andrea sbiancò come un lenzuolo
Orzowei, perplesso, si grattò il sedere. – Sarà abbastanza robusto da sostenerci? Perché, invece, non scavalchiamo la rete?
Ettore sbuffò. – Forse ti è sfuggito il filo spinato che gli hanno messo sopra.
Orzowei, incredulo, si arrampicò per controllare e dopo aver verificato saltò giù. – È vero. Non è il caso di provarci.
– Bene. – fece Ettore. – Dobbiamo trovare un modo per salire su questo ramo ed è troppo in alto per raggiungerlo con un salto. Suggerimenti?
Fabio cercò di calcolare l'altezza alla quale passava sulle loro teste. – A occhio e croce, – disse – dovrebbe essere a un paio di metri di altezza. Se uno di noi venisse sollevato dagli altri potrebbe arrivarci.
– Perfetto. – disse Ettore. – Allora proviamo. Sali sulle mie spalle?
– Ok. – rispose Fabio.
Intanto, Orzowei si era allontanato dai suoi amici e si stava aggirando per la stradetta senza una meta precisa. – Ragazzi, io do un'occhiata in giro. Vorrei trovare qualcosa di utile per raggiungere quel ramo.
– Una scala. – disse Andrea. – Quella sì che ci farebbe comodo.
Fabio rivolse un'occhiataccia a Orzowei. – Invece di perder tempo in cose inutili perché non vieni a darci una mano?
Orzowei non gli badò e continuò la sua ricerca.
Quando Fabio riuscì a mettersi a cavalcioni sulle spalle di Ettore si allungò verso il ramo. – Mannaggia, non ci arrivo.
Andrea, con le mani intrecciate dietro la schiena, li osservava come un anziano con degli operai al lavoro. – Ettore, non ci arriva! Non riesci ad allungarti un po' di più verso l'alto?
Ettore strabuzzò gli occhi. – Allungarmi? E come? Non sono mica di gomma!
– Ragazzi! – li interruppe Orzowei. – Ho scoperto un sentiero che si inoltra nella vegetazione. Vado a vedere se c'è qualcosa di utile. – Nessuno gli prestò attenzione e quindi, dopo aver fatto spallucce, si allontanò fischiettando.

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La banda degli americani in pigiama
AventuraIn un sereno pomeriggio di inizio estate, Andrea e i suoi amici stanno giocando quando il pallone finisce casualmente nel cortile di un vecchio casolare abbandonato. La loro partita terminerà qui, ma inizierà un'avvincente avventura che li porterà a...