2. LA SIMULAZIONE

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ALEX

1.

Dopo quel ricordo, Esther mi stava spiegando il piano.
<Le telecamere sono disattivate. Hai solo cinque minuti prima che si riattivino.> disse, uccidendo due soldati, uno strangolandolo e l'altro trafiggendolo.
<Perchè mi stai aiutando?> chiesi dubbioso. Lei si voltò e mi guardò con sguardo vacuo.
<Non sto aiutando te. Tieni.> Mi diede la sua pistola e subito dopo mi spiegò la strada della fuga. Quando finì di spiegarmi il percorso si bloccò, non parlava, era come se fosse pietrificata. Poi notai una luce accendersi nei suoi occhi, come una lampadina.
<Ah, prendi anche questo.> disse, dandomi una specie di penna, ma non lo era. Era fatta di acciaio, entrambi i margini erano sferiche e al centro c'era un bottone, era touch. Sembrava alta tecnologia.
<Che cos'è?> domandai.
<Lo capirai. Ora va!>
Quando finì la frase, cacciò una piccola siringa con all'interno un liquido trasparente, che si iniettò nel collo cadendo a terra svenuta. Sapevo che aveva perso i sensi, perchè il suo addome si espandeva e si contraeva. La guardai pensieroso, o forse feci solo finta di pensare, perchè in realtà non avevo altra scelta che ascoltarla. Probabilmente era la decisione migliore, forse l'unica, per ottenere qualcosa che non fosse una morte rapida per mano del mio fratello pazzo.
Quindi girai i tacchi e mi misi a correre tra i corridoi. Dopo qualche minuto, cominciai ad avanzare un altro corridoio, sotto le luci a neon, dritto verso l'ignoto. Ma mentre seguivo la pista che mi era stata assegnata, mi bloccai, perchè in fondo al corridoio c'era una porta vetrata.
Dietro quest'ultima c'era un letto con una donna sdraiata sopra. Era raggomitolata su se stessa facendola diventare piccola piccola.
Sapevo chi era la donna su quel letto. Era mia madre.
Mi avvicinai ancora di più alla stanza e non riuscendo a trattenermi la chiamai. La donna si girò di scatto e scese dal letto correndo verso la porta, verso suo figlio.
<Mamma! Stai bene? Ti hanno fatto del male?> chiesi. Le domande mi uscirono tutto d'un fiato come un treno che percorreva veloce la sua traiettoria. Ero preoccupato e sollevato e tutto ciò era appiccicato sul mio volto. Mia madre se ne accorse e subito cercò di calmarmi. Beh, non del tutto.
<Sto bene. Non preoccuparti. Tu devi scappare, però.>
<Non me ne vado senza di te.>
<Non mi toccheranno, starò bene. Fidati.> rispose.
Era così sicura di se che mi fece pensare.
<Ma...come fai a saperlo?>
Il suo volto cambiò, si rattristì, ma c'era qualcos'altro nel suo viso, nei suoi occhi, sapevo che cosa era. Era... determinazione.
<Ho una cosa che lui vuole, e che solo io posso dargli. Perciò tuo fratello non mi farà nulla affinchè non gli darò questa cosa.>
<Cosa? Che cos'è che vuole?>
All'improvviso cominciò a suonare l'allarme. Le telecamere si erano riattivate, sapevano che stavo scappando.
<Vai, prima che ti raggiungano.> disse mia madre.
<No!>
<Vai piccolo mio. Ti amo con tutta la mia vita.>
Misi la mano destra sul vetro della porta e lo stesso fece lei. Le nostre mani erano congiunte, nonostante la lastra ci divideva, sentii un legame che non si sarebbe mai spezzato e con tutto il vetro che ci separava, eravamo più uniti che mai.
Sentii dei passi, stavano arrivando.
<Mamma, ti prometto che ti verrò a prendere.>
<Vai!> concluse con una lacrima che scese dal suo viso.
La lasciai a malincuore e corsi verso il mio obiettivo. Esther mi aveva detto che c'erano due porte, entrambe portavano fuori, ma una era pericolosa. Prima che si iniettasse quella roba nel collo mi aveva ribadito di prendere la porta alla mia sinistra, no, quella di destra.
Arrivato al corridoio stabilito, mi avvicinai alle porte prefissate. D'un tratto però sentii uno sparo, il proiettile colpì la pistola che avevo in mano, facendomela cadere. Le guardie si stavano avvicinando e in quel momento arrivarono i rinforzi alle mie spalle, ero in trappola.
Non del tutto però.
Guardai la porta alla mia sinistra e corsi ad aprirla, ma prima che succedesse, la porta mi colpì alla testa facendomi cadere a terra dolorante. Da quella parte uscirono altri soldati armati ed uno di questi mi disse: <Fine della corsa. Arrenditi!>
"Arrenditi."
Quella parola non ebbe significato perchè in quell'istante stavo pensando di scappare dalla parte pericolosa e senza finire di pensarlo, varcai quella porta chiudendosi alle mie spalle.
In quella stanza era tutto buio e fresco, e sentivo i soldati dell'Evangelica che cercavano di scardinarla, ma senza successo. Feci giusto due passi in avanti e una luce si accese. Sotto a quel fascio luminoso c'era una torcia. La presi e l'accesi.
Mi trovavo in una specie di condotto... fognario.
"Oh no!" pensai.
Avanzai ancora di qualche passo, per constatare che fosse un errore, ma purtroppo mi trovavo in una cazzo di fogna.
Di colpo, una voce femminile registrata, interruppe i miei pensieri.
<SEQUENZA SIMULAZIONE INIZIATA!>
<Non ci posso credere, cazzo. E' tutto un dèja-vù.> esclamai scioccato.

MORTAL VIRUS: LA GENESIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora