36. MORTE

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VICTORIA

1.

M

i trovavo nella cella, circondata dal silenzio rotto solo dal suono delle mie lacrime e dal peso dell'assenza di Alex che si faceva sempre più opprimente. Da quando l'avevano portato via per quella che si prospettava come l'ultima simulazione, il tempo sembrava essersi dilatato, trascorrendo lentamente come se ogni istante fosse un'eternità di angoscia e paura.
La solitudine della cella sembrava strangolarmi, mentre cercavo disperatamente un momento di pace interiore che mi sfuggiva come sabbia tra le dita. Avevo bisogno di Alex accanto a me, del suo sostegno, della sua presenza rassicurante che mi faceva sentire al sicuro anche nei momenti più bui.
Ma era lontano, intrappolato in qualcosa di pericoloso, e mi sentivo impotente di fronte alla minaccia che incombeva su di lui. Le lacrime solcavano il mio viso, il cuore straziato dal timore di perderlo per sempre.
Fu allora che udii i passi veloci avvicinarsi alla porta della cella, rompendo il silenzio opprimente con il loro ritmo incessante. Con un click secco, la porta si aprì, rivelando una figura familiare nel bagliore accecante della luce esterna. Era la donna soldato, con lo sguardo severo e determinato, e compresi istintivamente che c'era qualcosa di grave che stava per accadere.
<Vieni con me.> disse la donna con voce ferma, e sentii un brivido di terrore scorrermi lungo la schiena.
<Cosa è successo?> chiesi con voce tremante. <Non dirmi che è Alex...>
Ma la donna soldato non rispose, limitandosi a un gesto che significava "seguimi".
Senza esitazione, mi alzai in piedi e la seguii, con il cuore martellante nel petto mentre l'ansia mi stringeva la gola.

Attraversammo vari corridoi, salendo le scale di un piano e imboccando altri due corridoi prima di giungere davanti a una porta a due ante con la scritta "Sala riunioni" sopra di essa.
Con un movimento rapido, la donna aprì la porta, rivelando una sala ampia e luminosa, con una LIM di ultima generazione e un tavolo di vetro nero che ospitava almeno ventiquattro posti.
Al centro del tavolo, alla mia sinistra, sedeva una donna bionda, dall'aspetto impeccabile e dagli occhi chiari penetranti, che scrutavano me con attenzione. Era chiaro che quella riunione non era casuale, che c'era qualcosa di importante che stava per accadere, e mi sentii pervasa da un senso di trepidazione misto a terrore.
<Aspetta qui.> disse la soldatessa con tono breve.
La sala sembrava carica di un'atmosfera tesa e carica di significato, mentre mi sedevo su una sedia, il cuore in tumulto e la mente colmadi domande senza risposta. "Cosa sarebbe successo adesso? E dov'era Alex?" pensai.
La paura mi avvolgeva come un manto oscuro, mentre attendevo con ansia il motivo di quell'attesa.
<Esther, perchè siamo qui?> chiese la donna seduta in fondo, con voce squillante, rompendo il rumore dei passi del soldato che si stava allontanando.
<Sta arrivando Nicolas con... con Alex.> rispose Esther, trattenendo il respiro al solo pronunciare il nome del ragazzo.
La soldatessa uscì e ripiombai nei miei pensieri, nell'attesa di comprendere cosa sarebbe accaduto. Improvvisamente, sentii la donna che avanzava con passo deciso verso di me.
<Ciao.> disse con un tono cordiale, sedendosi al mio fianco.
<Ciao.> risposi, osservandola con curiosità. Mi ricordava qualcuno, aveva un viso familiare.
<Mi chiamo Katerina.> si presentò con un sorriso gentile, tendendole la mano.
Mi voltai per stringerle la mano, notando l'aura di eleganza e risolutezza che circondava la donna.
<Victoria.> risposi.
<Ci conosciamo per caso?> chiese Katerina.
<No.> confermai con dubbio. <Mi scuso, non sapevo di aspettare la presenza di un'altra persona.>
<Nessun problema.> disse Katerina con un sorriso rassicurante. <Sono qui per una ragione piuttosto personale.>
Annuii, incuriosita. <Posso chiedere di cosa si tratta?>
La donna esitò un istante, prima di rispondere con voce calma. <Sono la madre di un ragazzo che si chiama Alex.>
<Oh, anch'io sono qui per Alex. E'... il mio ragazzo.> balbettai cercando di nascondere la vergogna.
<La sua ragazza?> domandò con gentilezza. <Quanto sei bella. Sono contenta.>
Mi sentii sollevata dal tono rassicurante di Katerina.
<E' un piacere conoscerti, Katerina.> dissi con sincerità.
Annuì, facendo indurire il suo sguardo. <Alex mi è stato portato via da...>
<Nicolas.> sussurrai, il nome che in quel momento risuonava con una sinistra risonanza nella mia mente.
La donna annuì gravemente. <Si, Nicolas è un uomo pericoloso.> ammise, i suoi occhi brillavano di determinazione. <Sta cercando qualcosa che solo io so.>
Sentii un brivido di paura correre lungo la mia pelle mentre contemplavo la serietà delle parole della madre di Alex.
<Cosa vuole da voi?> chiesi con voce sommessa, temendo la risposta.
Mi sorrise debolmente, ma c'era una fermezza nei suoi occhi che non lasciava spazio a dubbi. <Un programma.> disse con decisione, pronta ad affrontare qualsiasi cosa il destino le mettesse avanti.
Ci guardammo negli occhi, consapevoli che il nostro incontro segnava l'inizio di un'avventura che avrebbe messo alla prova le nostre forze e il nostro coraggio.
Insieme, eravamo pronte a fronteggiare e arrivare al nostro obiettivo comune: proteggere Alex e svelare i misteri che ci circondavano.

Dopo la rivelazione di Katerina sul programma e prima che potessimo dire altro, le porte si aprirono di scatto ed entrarono Nicolas, Esther e Mike.
<Che cosa sta succedendo?> chiese Katerina al primogenito.
Guardai con sgomento le tre persone che erano entrate, notando poi una barella con il lenzuolo bianco dietro di loro.
Un brivido di terrore mi corse lungo la schiena.
<No...> mormorò Katerina, la paura dipinta sul suo volto.
<Non può essere...> balbettai, le lacrime iniziarono a solcare il mio viso mentre la realtà dell'orrore si faceva strada dentro di me.
Io e la donna ci avvicinammo alla barella, il mio cuore batteva fortementre alzavo il lenzuolo, rivelando il volto pallido del mio amato.
Un gemito straziante scappò dalla gola di Katerina, che si appoggiò a Esther per trovare sostegno.
Mi sentivo come se il mondo intorno a me si stesse sgretolando, il dolore della perdita di Alex mi trapassava il cuore come una lama affilata. Mi sentivo svuotata, priva di speranza di fronte alla perdita dell'uomo che amavo con tutta me stessa.
La mia mente era un turbine di pensieri confusi e dolorosi.
<Oh, Alex...> sussurrai, con le lacrime che offuscavano la mia vista mentre posavo un bacio disperato sulle sue labbra. La sensazione del freddo del lenzuolo bianco sotto le mie dita mi riportò bruscamente alla realtà crudele. Era come se un pezzo di me fosse stato strappato via, lasciandomi vuota e spezzata dentro. Poi mi lasciai travolgere dalla furia e dall'odio. Mi voltai e mi scagliai su Nicolas, l'uomo che aveva causato la morte del mio ragazzo, afferrando la penna nel taschino del camice di Mike.
<E' colpa tua!> gridai, con gli occhi colmi di rabbia mentre affrontavo la causa dei miei mali con determinazione. <Tutto questo è colpa tua!>
Con una rapidità sorprendente, riuscii ad intercettare Esther avvicinarsi, così la schivai e la sbattei a terra conficcandole la penna nella coscia, dimostrando tutta la mia foga e la mia disperazione.
Poi, con un gesto desciso, afferrai la pistola dal fodero di Esther e mi alzai.
<Tu sei il responsabile di tutto questo.> dissi con voce tremante, puntando la pistola dritta in faccia a Nicolas.
Ma prima che potessi premere il grilletto, l'allarme di quella struttura cominciò a suonare, riempiendo la stanza con il suo suono stridente.
Nicolas colse l'opportunità di disarmarmi con una mossa veloce, promettendo che avrebbe risolto la faccenda prima di tornare e affrontarmi di nuovo.
Con un ultimo sguardo carico di odio, l'uomo se ne andò bloccando la porta della sala, lasciando me, Katerina, Mike ed Esther con Alex morto sulla barella.
Ero disperata, ma anche determinata a non lasciare che la morte del mio amato fosse stata vana. Con un ultimo sguardo alla salma del ragazzo, mi sentii risvegliare dentro di me una fiamma di determinazione.Avrei fatto tutto il necessario per portare giustizia per Alex, anche se ciò significava affrontare il male più profondo e doloroso che avessi mai conosciuto.
<Vi devo dire una cosa...> disse di colpo Mike.

MORTAL VIRUS: LA GENESIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora