11. L'IMBOSCATA

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ALEX

1.

All'interno del prefabbricato c'era qualcosa che si muoveva, ma all'inizio non riuscii a capire cosa. Di qualunque cosa si trattasse, stava decisamente uscendo dalla sua tana. Mi concentrai su quella gabbia metallica, strizzando gli occhi per distinguere esattamente quello che stavo per trovarmi davanti.
Un braccio deforme penzolava dal bordo, con una mano che oscillava a pochi centimetri da terra. Aveva quattro dita deturpate, monconi di carne marcia, tutte di lunghezza diversa. Si muovevano nel tentativo di afferrare qualcosa, ma trovò solo aria.
Il braccio era ricoperto di rughe e pustole, e dove avrebbe dovuto esserci il gomito, c'era qualcosa di decisamente strano. Un marchio.
Quando vidi meglio il braccio, capii che quel simbolo era dell'Evangelica.
C'erano due ali aperte con la scritta Evangelica al centro. E da lì compresi tutto, quella doveva essere una trappola. Ci stavano già aspettando.
<È l'Evangelica!> dissi.
<Già.> esclamò Dominic.
Il mostro continuava a muoversi. Spuntò una gamba, con attaccata una massa di carne al posto del piede, e quattro bitorzoli al posto delle dita che si agitavano come quelli della mano. Sul ginocchio c'era un taglio da dove fuoriusciva un liquido scuro e denso.
<Cos'è quell'affare?> chiese Deacon.
Nessuno rispose.
Ero frastornato, fissavo la creatura ipnotizzato e raggelato allo stesso tempo. Alla fine distolsi lo sguardo abbastanza a lungo per vedere che dal container ne stavano uscendo altri tre mostri simili, tutti simultaneamente, poi riportai l'attenzione su quello al centro.
In qualche modo era riuscito a darsi una spinta sufficiente per tirare fuori anche il resto del corpo. Osservai con orrore quella cosa abominevole che si contorceva e si dimenava finchè si porse dal bordo del container. Assomigliava vagamente ad una figura umana, anche se era più alto di tutti gli altri tre di almeno mezzo metro.
Era nudo e aveva un corpo grasso, pieno di puatole, raggrinzito.
La cosa inquietante però, era quel liquido denso che gli scendeva da quelle spaccature sparse per tutto il corpo, che gocciolavano a terra dormando una chiazza nera come se fosse melma.
Quando la creatura aveva sbattuto a terra il piede destro, la ferita si allargò facendo uscire liquido melmoso a quantità industriale e molti tagli che sporgevano da una grossa protuberanza che doveva essere la... testa.
Anche se non aveva occhi, naso, bocca o orecchie e nemmeno i capelli.
I quattro mostri si trovavano di fronte a noi, barcollando per un attimo mentre trovavano l'equilibrio, poi si vomtarono verso di noi. Ognuno puntava la propria preda, ma quella più grande si concentrò su di me.
Alzarono simultaneamente le braccia e indicarono noi. Poi all'improvviso, le spaccature che avevano, si allargavano dalle punte delle dira mozzate delle mani e dei piedi, e dalle spalle, uscirono  delle ossa lunghe, sottili e affilati.
Anche se non c'era traccia di qualcosa simile a una bocca, i loro corpi emisero un lamento sinistro di morte; era un suono che mi resi conto di percepire più che sentire. Ed era forte quel suono.
<Ci hanno puntati. Ognuno di loro ha scelto il proprio avversario.> disse Carl.
Infatti, per conferma, i mostri crearono un altro suono, da cui fuoriuscirono i nostri nomi. Uno dopo l'altro dissero il nome della persona che avevano di fronte, arrivando fino a quello più grosso che pronunciò il mio nome.
<Ragazzi dobbiamo andare via!> esclamò Dominic.
Le creature, secondo me, capirono e con un gesto coordinato delle braccia fecero scattare dei congegni. Dei muri, delle porte o quello che era, comparvero e bloccarono i vicoli, facendoci rimanere lì con loro, creando una gabbia.
<Cazzo!> esclamammo io e Dominic all'unisono.
Le creature cominciarono a muoversi con le loro ossa taglienti, procedendo in avanti. I primi due passi furono lenti e pesanti, ma poi si assestarono trovando l'equilibrio, la forza e l'agilità. Si avvicinarono. In quell'attimo cominciammo a sparare, ma era come se non sentissero i nostri proiettili.
D'un tratto Dominic fece un passo avanti e sentimmo un piccolo scoppiettio, rimanemmo immobili, ma in un nanosecondo le nostre pistole volarono via dalle nostre mani andandosi a schiantare nella parete d'acciaio alla nostra destra.
<Che cavolo...> sussurrò allibito Deacon.
<Credo che sia un magnete.>
Carl che si trovava più vicino alla parete, cerco di tirare via una delle pistole ma nulla, erano incollate alla parete.
<Ci ho provato.> disse rassegnandosi.
Mentre i mostruosi mutanti si facevano sempre più vicini, Dominic si rivolse a noi, mettendosi in posizione. Le sue grida e i comandi venivano spazzati via dai loro ruggiti prima ancora che io riuscissi a sentire qualcosa.
Mi concentrai sulla creatira al centro, quella più grande.
Ero senza parole. Le nefandezze dell'Evangelica erano solo a dieci metri di distanza. Dominic mi diede un colpetto nelle costole con il gomito. Mi voltai e vidi che stava indicando una delle creature, per dire a me, assicurarsi che sapessi che aveva scelto il suo avversario. Annuii, poi feci un cenno verso quello che aveva pensato fosse il suo piano dall'inizio.
Otto metri.
All'inizio pensai che fosse un errore aspettarli. Dovevamo fare qualcosa.
Evidentemente Deacon aveva avuto la stessa idea.
<Dobbiamo attaccare!> disse.
<E come?> chiesi.
<Non lo so, ma dobbiamo fare qualcosa.>
Carl ci chiamò.
<Ragazzi, io ho il comtello in mano da molto, e non è stato attratto.>
<Quindi possiamo usare i coltelli...> mormorai stupito e dubbioso al tempo stesso.
Ci guardammo tutti negli occhi e con sincronismo sfoderammo le nostre lame e con un urlo attaccammo.
In quel momento un mucchio di pensieri affollarono la mia testa. Erano ingarbugliati ma per lo più rivolti a mia madre. Pensai a tutto quello che avevo passato per arrivare a questo punto, a scontrarmi con un esercito biologicamente modificati mandato dall'Evangelica, mi chiesi che cosa volesse dire, se valesse ancora la pena di cercare di sopravvivere. Ma dovevo farlo per mia madre. Quello fu determinante, mi risvegliai da quei nanosecondi di dubbi e di paura che mi avevano paralizzato.
Gridai a squarciagola mentre stringevo l'enorme coltello e lo sollevai sopra la testa, poi mi misi a correre in avanti, dritto verso il mio mostro.
A destra e a sinistra, anche gli altri caricarono, ma l'ignorai.
Dovevo farlo, mi imposi di farlo. Se non fossi stato in grado di svolgere il mio compito, preoccuparsi di quello degli altri non sarebbe servito a niente. Mi avvicinai.
Cinque metri. Tre. Due.
La creatura si era fermata, le gambe in posizione d'attacco, le mani allargate e le lame di ossa puntate dritte verso di me.
Era inquietante non vedere una faccia, ma mi aiutò a considerarla nient'altro che una mostruosità uscita da un laboratorio. Nient'altro che un'arma creata dall'uomo e che ci voleva morti.
Subito prima di raggiungere la creatura, presi una decisione. Mi abbassai per strisciare sulle ginocchia, e feci volteggiare quel lungo coltello descrivendo un arco dietro e intorno a me, poi spinsi la lama nella gambasinistra con forza. Il coltello affondò un paio di centimetri nella pelle ma poi andò a sbattere contro qualcosa di duro che mi mandò una scossa su per le braccia.
La creatura non si mosse, no arretrò, non fece nessun tipo di verso, umano o inumano. Invece, cercò di colpire con le lame affilate di entrambe le mani il punto in cui ero inginocchiato, il cui coltello era ancora infilzato nella carne del mostro. Liberai l'arma e mi tuffai all'indietro nell'istante in cui quelle lame di ossa sbatterono l'una contro l'altra, proprio dove prima c'era la mia testa. Caddi di schiena e mi spostai velocemente mentre la creatura faceva un paio di passi in avanti, scalciando con i coltelli ai piedi, mancandomi di pochissimo.
Il mostro questa volta fece un ruggito, lanciandosi a terra agitando le braccia nel tentativo di afferrarmi, che mi ero allontanato rapidamente, rotolando tre volte per evitaree punte di ossa che graffiavano la terra. Alla fine decisi di correre il rischio e saltai in piedi, poi scattai per diversi metri prima di voltarmi, con il coltello stretto nella mano. La creatura si stava tirando su, falciando l'aria con le dita fozze e letali.
Feci dei respiri profondi, e con la visione periferica vidi gli altri che lottavano. Deacon colpiva e infilzava il suo avversario con i coltelli che aveva in entrambe le mani, mentre il mostro indietreggiava, allontanandosi da lui. Carl stava strisciando a terra, e la creatura contro cui stava lottando lo inseguiva a fatica, chiaramente ferita. Semlre più lenta. Dominic, quello più vicino a me, saltava, schivando e colpendo il suo avversario con il manico del coltello.
Perchè anche il suo mostro sembrava gravemente ferito? Mi concentrai sul mio duello. Il movimento confuso di qualcosa di color avorio mi fece abbassare, una folata di vento alla testa rasata causata dal fendente scagliato dal braccio della creatura. Mi girai e mi rannicchiai a terra, infilzando tutto quello che potevo, mentre il mostro mi inseguiva sfiorandomi nei suoi numerosi attacchi. Colpii una di quelle spaccature facendogli scendere quel liquido scuro. La spaccatura si stava allargando ancora di più. Rendendomi conto che la mia fortuna non poteva durare a lungo, mi buttai a terra, e ricominciai a rotolare finchè non saltai in piedi a un paio di metri di distanza.
La creatura si era fermata, almeno mengre mi ero allontanato, ma in quel momento stava per attaccarmi di nuovo. Mi venne un'idea, e si fece più chiara quando guardai di nuovo come combatteva Dominic, la cui creatura si muoveva lenta e impacciata. Lui continuava a mirare alle spaccature facendole aprire. Aveva colpito almeno tre quarti di quelle strane fessure. Le spaccature. Tutto quello che dovevo fare era aprire quei sfregi. In qualche modo dovevano essere collegate alla vita o alla forza del mostro. Era possibile che fosse tanti facile?
Un'occhiata veloce verso il resto del campo di battaglia mi mostrò che nessuno aveva avuto quell'idea, ma solo Dominic ed ora io lo sapevamo, gli altri due continuavano a combattere con la forza della disperazione, colpendo le gambe, muscoli, la pelle e qualche volta prendendo anche le fessure.
Cambiai completamente strategia. Invece di attaccare senza sosta, affondai il colpo mirando a uno degli squarci sul petto del mostro. Lo mancai, conficcando la lama nella pelle ranggrinzita, giallognola. La creatura cercò di colpirmi, ma mi tirai indietro nell'esatto momento in cui le punte delle lame d'avorio mi squarciarono il giubotto antiproiettile.
Lo tolsi subito e attaccai di nuovo, puntando la stessa fessura. Questa volta andò a segno e lo feci aprire ancora di più, provocando una pioggia di liquido nero. Il mostro si immobilizzò per un secondo intero, poi tornò in posizione di combattimento.
Gli correvo intorno, saltandogli addosso, retrocedendo infilzandolo, colpendolo, attaccandolo.
Zap, zap, zap.
Una delle lame di ossa del mostro mi sfiorò il braccio ma non mi prese. Attaccai ancora. E ancora. E ancora.
Zap, zap, zap.
Il fluido usciva copiosamente, e quando la spaccatura si apriva, la creatura vibrava e tremava. Ogni volta che centravo il bersaglio, i suoi movimenti si arrestarono un pò più a lungo.
Mi accorsi di avere la tenuta da combattimento nera tutta a brandelli.
Continuai ad attaccare le fessure.
Zap, zap, zap.
Ogni piccola vittoria toglieva energia alla creatura, che poco a poco cominció a perdere visibilmente le forze, anche se non smetteva di cercare di farmi a pezzi.
Spaccatura dopo spaccatura, ogni volta più facile della precedente, attaccavo implacabile. Se solo fossi riuscito a finirlo in fretta, allora avrei potuto correre ad aiutare gli altri.
Di spaccature ne restava una sola che si trovava alla testa, mi concentrai a capire come fare, ma il mio corpo partì alla carica, arrivando alla creatura e conficcandogli il coltello nell'ultima fessura.
Staccai la lama dal cranio di quel mostro, stanco e affaticato. Ora dovevo aiutare...
Una luce accecante brillò, poi un boato, come se fosse esploso tutto il mondo, interruppe il breve momento di euforia e di speranza. Un'onda di energia e di carne putrefatta mi scaraventò a terra, fecendomi atterrare sullo stomaco, mentre il coltello cadeva lontano da me ti tinnando. Un odore di bruciato riempì l'aria. Mi girai sul fianco e vidi un enorme buco nero nel terreno sabbioso, carbonizzato e fumante. Sul bordo c'erano un piede e una mano di quell'essere. Non c'era traccia del resto del corpo, perchè l'esplosione era venuta dalla creatura.
E mentre facevo quel pensiero altre esplosioni avvennero facendo catapultare tutti e, facendomi stordire e perdere i sensi. Sembrava di trovarmi su un elicottero ed essere colpito da fuochi d'artificio che esplode ano vicini. Poi nulla.

MORTAL VIRUS: LA GENESIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora