8. LASCIARE LA BUONANOTTE

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VICTORIA

1.

Alex mi guardava stranito, non capivo perchè avesse quella espressione.
<Cosa c'è?>
<Hai detto che Deacon è un randagio, che significa?>
<Ah.> sorrisi, <Allora, i randagi sono un gruppo, anzi un clan di persone come Deacon. Hanno tutti delle motociclette e sono vestiti come... come Deacon.> rivelai.
<Vuoi dire come dei rocchettari assatanati?> domandò sorridendo.
Feci lo stesso anch'io. <Si, proprio così.>
Il sorriso che fece mi sciolse. Cosa mi stava accadendo. È da quando è arrivo che mi sta scombussolando.
"Victoria sì forte, non cedere!" mi dissi con determinazione.
<Non spiega ancora perchè se ne sia andato in quel modo.> disse, bloccando i miei complessi mentali.
<Loro sono diffidenti, parlano poco con le persone che non sono del clan, sono antipatici e molto riservati.>
<Oh...>
<Già. Infatti, quando sono entrata e ho visto Deacon seduto vicino a te a parlare, mi sono meravigliata. Non è un comportamento da randagio e per non parlare di un capo.>
<Capo?>
<Si, lui è a capo dei randagi.>
<Interessante. Ma come mai si trova qui?>
<Mi dispiace ammetterlo ma è molto bravo nella ricerca di persone o cose. Come ha fatto a trovare te nel deserto? È molto capace.> gli risposi.
Posai l'acqua sul tavolo e le coperte sul letto di fianco a lui. Notai lo schermo, lo schermo di James.
<Reagito bene alla notizia?> domandai.
Lui presa la piccola lastra di vetro e la spense, posandola nel comodino.
<Sto cercando di metabolizzare la cosa...> mormorò.
<Capisco.>
Rimanemmo in silenzio. Non avevamo argomenti a disposizione, cominciai a guardare la stanza e mi avvicinai al tavolo, prendendo la bottiglia e versandomi un pò d'acqua in un bicchiere. Bevvi. Mentre bevevo, però, sentii una scossa dietro alla nuca. Spostai i capelli e mi toccai il retro del collo.
Posai il bicchiere vuoto e mi voltai.
Notai che Alex mi guardava, aveva un luccichio strano in quei magnifici occhi verdi.
"Ma cosa cavolo mi succede?" pensai.
I nostri sguardi si incontrarono, rimasi assalita da quelle pozze luccicanti di smeraldi.
<Perchè... mi guardi?> domandai senza fiato.
Il mio cuore stava accelerando, nemmeno quando conobbi Mike mi successe questo.
<Assomigli molto ad una persona che conosco. Hai gli stessi movimenti della mia ex. Lo so che è sbagliato dirtelo, ma non posso non notarlo.>
Si alzò e camminò lentamente verso di me, avvicinandosi fino a quando non ci separava un filo d'aria, i nostri nasi quasi si toccavano.
<Me la ricordi quasi.> Mi afferrò il mento tra le dita, la sua mano era ruvida e odorava di metallo. La mia pelle fremeva al suo tocco, come se le sue dita trasmettessero corrente elettrica. Capii che la scossa alla nuca non era vera ma veniva da me, perchè era lui a provocarla, guardandomi intensamente.
<Non lo dovrei fare, non ci conosciamo nemmeno, ma sembri così forte, non so se è per mascherare il tuo vero io o la tua fragilità. Sembra però che tu stia sul punto di spezzarti.> disse, e le sue dita si strinsero mentre pronunciava la parola " spezzarti".
C'è una vibrazione nella sua voce che mi metteva in tensione, mi sentivo compressa come una molla, dimenticandomi di respirare.
Sollevò i suoi occhi chiari nei miei, aggiunse: <Sii la vera te.>
<Perchè... perchè dici questo?>
Mi lasciò andare ma non si scostò, la sua mano mi sfiorava il mento, il collo.
<Non voglio rifarmi male.> sussurrò.
Gli misi le mani sui fianchi, non ricordavo di aver deciso di farlo. Ma anch'io non riuscivo a spostarmi.
Mi avvicinai al suo petto e lo abbracciai. Con le dita sfiorai i muscoli della schiena. Dopo un momento, lui mi passò un braccio intorno alla vita e mi attirò a sé, e con l'altra mi accarezzò i capelli.
Non dovevo commettere gli stessi sbagli che avevo fatto con Mike, ma in quell'istante, sapevo che volevo farmi toccare, accarezzare da quello straniero che mi trovavo davanti.
Chiusi gli occhi, sentendo qualcosa dentro di me che voleva uscire, lacrime, erano lacrime.
<Dovrei star male?> chiesi con la voce soffocata dalla sua canotta. <Credo che apposta di vedere me tu stia vedendo lei, la tua ex.>
Perchè questa cosa mi faceva sentire a disagio? Non lo conoscevo nemmeno. Comunque mi faceva male.
<È vero, rivedo lei.>
Cercai di allontanarmi ma lui mi tenne ferma. Mi accarezzò una guancia e io mi lasciai andare, facendo cadere le prime lacrime.
<Mi sento come se fosse colpa mia.>
<Si, è colpa tua. Ma non m'importa.>
Aggrottai le sopracciglia e sollevai la testa.
<Che significa?>
<Che è tempo di lasciarla alle spalle e andare avanti.>
Mi guardava con sincerità e i suoi occhi erano dilatati.
<Ora sono qui, ed è una cosa che faresti bene a tenere presente anche tu.>
"Che cos'era, un invito? Una dichiarazione? Voleva conoscermi o voleva farmi capire che non se ne sarebbe andato più?"
Cavolo mi sentivo confusa.
Lui mi guardava ma sembrava combattuto, di colpo feci una cosa che mi meravigliò molto.
Lo baciai.
Rimase sbalordito da quel gesto e capii di aver fatto uno stupido errore, infatti subito mo ritrassi.
<Scusa, non dovevo.> dissi, imbarazzata e agitata. Alex invece era tranquillo, immobile come una statua. Cercai di tornare in me.
Mi allontanai da lui, da quella situazione e mi avvicinai velocemente alla porta.
<Ci vediamo domani per l'addestramento alle otto.>
<Addestramento? Dove?>
<Ti accompagnerò io. Buonanotte!> esclamai tagliando la conversazione.
Aprii la porta e la varcai chiudendola alle spalle. Rimasi appoggiata alla porta facendo un sospiro frustrato.
"Cosa avevi in mente?" pensai, "Sei stata una cretina Victoria."
Dannazione, dovevo allontanarmi da li, andare nel mio alloggio e buttarmi sotto il getto freddo della doccia.

MORTAL VIRUS: LA GENESIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora