23. I PREDONI

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ALEX

1.

Di colpo Deacon ingranò la retromarcia e partimmo a tutto gas, poi alzò il freno a mano e la Jeep girò su se stessa per poi accelerare.
All'improvviso sterzò di colpo verso destra. La macchina schizzò in avanti, gli pneumatici fischiarono e il suo corpo ondeggiò nella mia direzione.
<Merda!>
"Cosa diavolo...?"
Si piegò ancora di più verso di me e tutto precipitò nel caos.
Il finestrino della parte del guidatore andò in frantumi e le schegge di vetro volarono ovunque. Percepii solo il dolore, mentre Deacon sterzò di nuovo e io sbattei la testa contro il finestrino sul mio lato. La macchina investì un auto in rottame e si fermò.
Tre fori si aprirono sul parabrezza in frantumi.
Io tentai di respirare, scioccato, ma non ci riuscivo.
<Alex!>
L'urlo di Deacon arrivò da lontano, mentre il mondo si affievoliva attorno a me.
Battei le palpebre due volte, e ogni volta mi sembravano più pesanti. La mia testa si afflosciò in avanti. Cercai di strizzare gli occhi ancora.
"Sento la maglia bagnata." pensai.
<Guardami! Alex!>
Provai ad alzare la testa, ma era pesante. Le sue mani erano tinte di rosso, quando mi sfiorava la faccia.
"Quello è... sangue?" I miei pensieri si fecero confusi.
<Rimani con me, Alex. Ti prego. Cazzo. Alexander!>
Non riuscivo più a comprendere quello che Deacon stava urlando. Chiusi gli occhi.
<NO!> Sembrò un ruggito lontano di una tigre.
Qualcuno mi strattonò e mi sollevò la testa ed io mi costrinsi a socchiudere le palpebre un'ultima volta.
<Alex! Lasciatelo!> urlò mentre qualcuno mi stava allontanando da lui.
<Cazzo!> imprecò.
I miei occhi si richiusero, mentre in lontananza degli uomini stavano mantenendo Deacon, poi tutto si fece silenzioso.

2.

Mi svegliai sentendo un suono acuto.
Aprii e chiusi gli occhi un paio di volte, ma capii che mi trovavo avvolto in una totale oscurità.
Liberai un respiro trattenuto fino a quel momento, sentivo i tonfi sordi del cuore. Allungai una mano e toccai la porta, assicurandomi che fosse ancora lì. Sì, ne testai il contorno
Di colpo sentii un dolore acuto sul fianco sinistro, toccando cercando di capire cosa fosse quel dolore.
Ricordai.
L'incidente, il proiettile, Deacon che urlava... i predoni.
Respirai profondamente, tentando di allontanare il panico che stava minacciando di piombarmi addosso.
Dovevo esplorare l'ambiente, classificarlo, trovare una via di uscita.
Mossi un passo a destra, tenendo la mano sulla porta.
Il pavimento e il soffitto cambiarono.
Battei la testa contro qualcosa, e il pavimento si inclinò verso l'alto e divenne ruvido sotto i piedi. Imprecai, massaggiandomi il punto dolorante sul lato del cranio. Allungai una mano e sentii il soffitto scendere e a formare un angolo acuto con il pavimento.
Mossi un passo sul pavimento ruvido, la ruvidezza della superficie era un tormento non appena appoggiavo sopra il peso del corpo. Sembrava quasi che pungeva. Il soffitto mi costrinse ad abbassarmi sempre di più finchè dovetti strisciare. Il pavimento scavava le ginocchia, le mani, ma io continuavo. Il soffitto mi sfiorava quasi la schiena, ma non scesi più in basso. Avanzai finché avvertii la presenza della parete successiva avanti a me. La ispezionai con la mano, trovai l'angolo più vicino. Era liscio. Mi girai e ripresi a strisciare, cercando di ignorare il dolore crescente nelle ginocchia e nei palmi. Ma quello che si faceva più insopportabile era quello che avevo sul fianco.
Mi misi a guardare quel posto buio. Sembrava... una scatola.
Ero quasi tornato al punto di partenza quando sentii un rumore. Uno zampettio che suscitò all'istante una pelle d'oca sulle braccia e sulla schiena.
Scrutai le oscure profondità di quella cella.
"Da dove proveniva? Dal lato sinistro? No. Da quello destro? Non lo so."
Scivolai in linea obliqua verso la porta finché sentii la superficie liscia di cemento e mi alzai in piedi. Il zampettio aumentò in tutta la stanza. Respiravo a fatica. Ispezionai l'intera area a tentoni. Niente.
"Sii forte, sii forte, sii forte."
D'un tratto il suono cambiò in qualcosa di più acuto, con intoppi e pause temporeggiate da forti colpi. Ma non proveniva da tutta la stanza, soltanto da un punto. Tutto quel rumore era concentrato nella parete opposta di fronte a me. Mi concentrai su quel punto. Aspettai.
Due occhi rossi apparirono dall'altra parte della stanza. Restarono immobili per un'istante, poi cominciarono a muoversi e a ondeggiare nella mia direzione.
Mi buttai di lato, ricordandomi a malapena del soffitto basso. Gli occhi seguirono il mio movimento. Stava venendo verso di me. Mi allontanai carponi, incapace di staccare gli occhi dai due punti luminosi. Mi seguivano, si avvicinavano, un ansimare si aggiunse al mio respiro.
Dovevo uscire. Basta.
Come era entrato, io potevo uscire. Arrancai verso il punto dove avevo sentito il rumore. Percorsi il basso soffitto con le dita, cercando un'interruzione o un varco nel cemento. Non c'era niente. Mi voltai, gli occhi erano più vicini, più luminosi. Ispezionai di nuovo il soffitto. Niente.
Poi di colpo, la mia mano si chiuse su qualcosa di freddo e duro dietro di me. Mossi quella che pensavo potesse essere una leva, gli occhi si spensero e una serratura si bloccò facendo uscire... dell'aria. Aria fresca con un leggero odore di cherosene. Spinsi la parete e notai, con meraviglia, che si aprì.
La porticina era piccola ma ci passavo, sentivo parlare in lontananza ma non m'importava. Dovevo uscire da li. E lo feci.

MORTAL VIRUS: LA GENESIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora