24. IL CAMPO DEI RANDAGI

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ALEX

1.

Intravidi alcuni puntini luminosi: era il primo segnale che ci stavamo avvicinando al campo. Poco dopo si trasformarono in finestre illuminate, in un coplesso di edifici di mattoni e vetro. Passammo una galleria piena di graffiti e superammo un cancello che si chiuse alle nostre spalle. Ci fermammo e scendemmo dalle moto, dopodiché, seguii Deacon oltre il primo edificio, verso il secondo sulla sinistra. Tutte le costruzioni, erano fatte di mattoni scuri. Da una finestra aperta mi giunse alle orecchie lo scroscio di una risata, il contrasto tra quel suono e il rumore di quegli esseri deformi che mi invadeva la testa era fastidioso. Deacon aprì una porta. Una volta dentro, l'unico rumore che si sentiva era lo scricchiolio delle nostre scarpe. Non sentivo più il ragazzo rasato dietro di noi. Rimanemmo soli.
<Benvenuto a casa mia.> esclamò.
<Grazie.>
Sorrise. I suoi occhi poi indugiarono sulla mia maglia inzuppata di sangue. Cominciai a guardarmi intorno mentre il ragazzo si dirigeva in bagno. Mi trovavo in una specie di stanza di un dormitorio. Vidi pile di libri e vestiti appoggiati sul schienale della sedia vicino alla scrivania. La camera era dipinta di grigio chiaro ed era ariosa, grande, e al centro di essa c'era un letto a baldacchino in legno. Era fatto e ordinato, qualche giacca caduta sul pavimento anch'esso di legno scricchiolante, ma del resto era perfetta. Poi una piccola finestra, al lato destro del letto, sulla scrivania, si affacciava al centro di quel campo, dove i randagi si sentivano a casa senza essere giudicati da nessuno e visti in malomodo. Quella era casa loro. Il bagno che si apriva sulla stanza era grande, conteneva una vasca, un lavandino, il bidet e un armadietto per gli asciugamani.
<Rilassati un po' mentre ti fai un bagno.> disse aprendo il rubinetto della doccia. Il tubo gemette, l'acqua uscì e cadde nella vasca.
<Vai prima tu.> proposi.
<Non ti preoccupare. Tu ne hai bisogno. Comunque rimarremo qui per stanotte e ora vado ad avvisare anche tuo zio, mentre tu ti sistemi.> mi disse sorridendo e uscendo dalla stanza.
<Bene...> esclamai guardando la vasca riempirsi.

Dopo un bel bagno nella vasca, Deacon mi condusse in quella che doveva essere una mensa, dove trovai alcuni randagi che ci avevano salvati. Tutti salutavano Deacon. Quel posto sembrava un padiglione, dei fari illuminavano attorno alle pareti e un fuoco centrale ardeva in un braciere improvvisato. C'erano almeno una quindicina di tavolate. Deacon mi fece accomodare nel tavolo centrale, che era posizionato in modo che si vedessero tutti gli altri tavoli. Alla fine, il ragazzo battè con la mano sul tavolo, e si fece silenzio. Levò il bicchiere.
<Ragazzi, vi ringrazio per averci salvati dai predoni.>
Tutti sorrisero.
<Tieni nuovo arrivato.> disse il ragazzo rasato, porgendomi un piatto di carne con patate. <Mi chiamo Caleb, comunque.> Addentai il primo boccone. Era buono. <Alex.> dissi sorridendo e masticando allo stesso tempo.
<Lui è il mio secondo in comando, nonché il mio migliore amico.> mi rivelò Deacon. <Ah.>
<Gia... Non so quante volte ho dovuto salvare il culo a questo idiota.> esclamò Caleb. Sembrava un ragazzo tranquillo, caparbio. Era di media altezza, occhi marroni che andavano a sfumare sull'arancio e di carnagione ambrata, di bello aspetto infatti. Più o meno doveva avere la mia stessa età, però un particolare catturò la mia attenzione, notai una linea sottile che partiva dal collo e finiva all'interno della maglia. Non si vedeva molto, ma quella cicatrice lo faceva sembrare più duro, più pericoloso. Insomma, adatto ancora di più al comando.

Finimmo di mangiare, poi Deacon fece di nuovo risuonare la sua mano sul tavolo, e si alzò con un gran sospiro.
<Suppongo che debba salutarvi, ragazzi. Non fate tardi che domani bisogna completare le attività lavorative, così dopodomani sarete liberi di fare quello che volete.> Indicò Caleb alla mia destra. <Lui vi guiderà e vi aiuterà come fa sempre in mia assenza, e se avete bisogno... non esitate ad avvisarmi. Ok?> Molti ragazzi annuirono. <Bene. Detto questo, buonanotte!> esclamò sorridendo. Prima che mi alzassi, Caleb mi mise una tazza di liquido fumante sotto al naso e disse: <Bevi, ti aiuterà a dormire. Aiuta anche me e Deacon. Niente sogni.>
Guardai Deacon alla mia sinistra e concordò. Il liquido era blu scuro, del colore dei mirtilli. Afferrai la tazza e bevvi tutto d'un fiato. Per qualche secondo il calore della tisana sembrava calmare la mia irrequitezza. Prosciugai la tazza fino all'ultima goccia e cominciai a rilassarmi. Poi Deacon mi riaccompagnò dentro l'edificio, lungo il corridoio fino in camera sua. Deacon si sistemò sul pavimento mentre io mi stavo per sistemare sul letto, sopra la trapunta.
<Che fai?> domandai.
Lui mi guardò perplesso. <Sto per dormire...>
<Si, a terra. Forza, vieni, il letto è parecchio grande per una persona.>
Lui mi guardò e con poca convinzione cominciò ad avvicinarsi al letto e posizionandosi al lato destro del materazzo. <Vedi? E' più comodo.> esclamai.
Notai che lui fece attenzione a non avvicinarsi troppo. Non seppi per quale motivo ma lo vidi poco rilassato. Mi avvicinai. <Rilassati, non mordo mica.> Lui si voltò e si mise a pancia in sù, e piano piano vidi che si stava tranquillizzando. <Bene.> dissi sorridendogli.
Fece lo stesso con una punta di timidezza. Appoggiai la testa sul cuscino, sapeva di detersivo e di qualcosa di forte, dolce e inconfondibilmente maschile. Il ritmo del suo respiro rallentò e mi sollevai un pò per vedere se si fosse già addormentato. Aveva un braccio intorno alla testa, gli occhi chiusi, le labbra un pò aperte. Per la prima volta mi apparve meno misterioso e più rilassato. Mi domandai chi fosse realmente, prima di questo, dell'epidemia. Ma era coraggioso, leale e un amico. Non m'interessava sapere altro. Guardai la sua pancia sollevarsi e abbassarsi finchè mi addormentai.

Aprii gli occhi, terrorizzato, le mani aggrappate alle lenzuola. Mi girai e sussultai sentendo qualcosa conficcarmisi nella schiena. Provai a tastare e le dita si chiusero intorno alla pistola, che avevo posato ieri notte quando mi svegliai per andare in bagno. Mi sentivo irrequieto, per sentirmi più sicuro portai l'arma a letto con me. Mi alzai dal letto, prendendo anche la pistola e posandola nella fondina, poi mi passai la mano sulla testa sentendo i capelli cresciuti, e cominciai quasi a svegliarmi.
Sentii bussare.
<Avanti.> dissi.
La porta si aprì e Deacon infilò dentro un piede e metà corpo. Aveva gli stessi vestiti di ieri, ma puliti. Quei vestiti lo facevano sembrare un ragazzo normale, no capo di un gruppo. Sembrava rilassato... anche se, quando appoggiò la testa allo stipite, mi accorsi che sotto ai suoi occhi erano uscite delle occhiaie scure.
<Tra mezz'ora si parte.> mi avvertì.
Annuii.
<Non hai dormito?>
Abbassò gli occhi guardando il pavimento. <Si, ma poi ho avuto un incubo e non sono più riuscito a dormire.>
<Mi dispiace. Ne vuoi parlare?>
<No. Preferisco dimenticare.>
<D'accordo.>
Dopo un pò entro in camera e e si avvicinò. <Ti ho portato una cosa.>
Svitò il tappo di un termos e me lo passò. <E' caffè.> disse sorridendo.
<Grazie.> Ne bevvi un sorso. Era caldo, e questo calore mi confortava molto. Il sorriso poi gli scomparve dal volto.
<Come stai Alex?> Non era una domanda fuori luogo, considerando quello che avevamo passato.
<Sto...> Scuotei la testa un paio di volte. <Non so, Deacon. Sono sveglio, ma... non mi sento quasi più me stesso. Merda! Non lo so come mi sento.> Continuai a scuotere la testa. Lui mi posò una mano sulla guancia, lasciando scorrere le dita dietro l'orecchio. <Immagino.> sussurrò. <Scusami, non avrei dovuto chiedertelo.>
<Non preoccuparti. Non è colpa tua.>
Mi lasciò andare.
<Ora vado così puoi prepararti.>
<Aspetta!>
<Dimmi.> disse fermandosi al centro della stanza.
<Ma loro sanno di me? Di cosa sono diventato?> chiesi.
<Loro sanno ciò che io voglio che loro sappiano. Ok? Sanno solo che sei immune, niente di pù niente di meno.>
<Ok.>
<Bene.> concluse sorridendo e andandosene via.

Una volta usciti dal complesso, fuori c'era ancora poca luce e nel piccolo cortile c'erano ancora poche persone sveglie. Ci avvicinammo verso un casolare gigantesco, che scoprii essere un garage improvvisato. C'erano macchine, furgoni, e... motociclette. Molte. Beh, quello era il loro tratto distintivo, randagi a tutti gli effetti. Il ragazzo si avvicinò ad una moto, la stessa che vidi nella mia prima missione.
<Betty.> dissi sorridendo.
Rise. <Te la ricordi?>
<Come potrei dimenticarla.> risposi.
Mi avvicinai alla moto, la guardai e rimasi ad ammirare i disegni che aveva.
<Cos'hai?> domandò Deacon.
Lo guardai. <Ti volevo ringraziare di tutto.> <Cosa? Io dovrei ringraziare te.>
Mi allontanai dalla moto e mi avvicinai al ragazzo. Ero esausto, era esausto.
<Posso chiederti una cosa?>
<Si, dimmi.> rispose perplesso.
Presi un momento di silenzio, non sapevo come dirglielo senza essere invadente. <Alex, cosa c'è?> domandò preoccupato. <Ok, ok.> Ci appoggiammo entrambi alla moto ed io cominciai dall'inizio.
Gli raccontai come si erano comportati entrambi l'altra volta, lui e sua zia. La loro freddezza e il suo astio verso Judith. Mentre parlavo, osservavo la sua espressione: non sembrava sorpreso, nè arrabbiato. Al contrario, era tranquillo.
<La vedo una brava persona. Io non...> Ero perplesso. <Non so cosa abbia fatto, ma non sono d'accordo su come la tratti. Avrà sbagliato e tu hai ragione, ma è umano fare errori.>
<Tu non la conosci come la conosco io. E' una poco di buono.>
Aveva ragione: non conoscevo Judith. Ma il mio istinto mi diceva che ne soffriva, ne era pentita. Qualunque cosa avesse fatto si sentiva in colpa.
<Forse hai ragione.> gli concessi. <Ma non è meglio parlare e chiarire, massimo assopire la cosa?>
<Trovo sia più importante affrontare la situazione in cui ci troviamo.> ribattè Deacon. <Dobbiamo tornare alla Master Home e capire cosa fare. Poi quando tutto sarà finito si vedrà.>
Annuii. Accettai, ma non cambiai la mia idea.
<E' ora di andare.> disse salendo in sella.
<Va bene.> sospirai, salendo dietro di lui. <Prima di arrivare a destinazione, bisogna fare benzina.>
<Ok. Dove si va?>
<E' ora che conosci anche la Gasoline Home.>

MORTAL VIRUS: LA GENESIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora