34. CONFESSIONI

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VICTORIA

1.


Il tempo trascorreva lentamente nella cella opprimente. Mi trovavo seduta su un vecchio materasso logoro, circondata dalle pareti fredde e spoglie.
Il silenzio era assordante, interrotto solo dai miei pensieri tumultuosi che echeggiavano nella mia mente.
Improvvisamente, il suono della porta che si apriva mi fece rabbrividire. Alzai lo sguardo con aria sorpresa e sbalordita, cercando di comprendere chi potesse essere. Poi, come un fulmine a ciel sereno, comparve Mike, il mio ex fidanzato, il traditore che mi aveva usata per i suoi sporchi scopi.
I

l mio cuore si fermò all'istante, lo sguardo colmo di disgusto e disprezzo mentre lo osservavo avvicinarsi lentamente. Mai avrei immaginato di trovarmi faccia a faccia con lui, in quella cella che era diventata il mio inferno personale.
I capelli lunghi neri cadevano in morbide ciocche intorno al suo viso,gli occhi marroni erano profondi, e trasmettevano una determinazione che non conosceva limiti. Ma in quel momento erano anche tristi. Con addosso il camice bianco e l'abito scuro sotto accentuava la sua figura snella e muscolosa, emanando un'aura di fiducia e sicurezza in sé stesso, mentre si muoveva con grazia.
Mike si fermò di fronte a me, l'espressione contrita e gli occhi pieni di rimorso. Tentò di pronunciare delle parole di scusa, ma il suo tentativo cadde nel vuoto di fronte alla freddezza glaciale che avevo.
Il silenzio si fece più opprimente, carico di tensione e dolore. Mi sentivo come se fossi intrappolata in un incubo dal quale non potevo fuggire. Tutto ciò che desideravo era allontanarmi da quel luogo e dimenticare per sempre il tradimento subito.
Finalmente Mike prese coraggio e mi parlò.
<Victoria, so di aver sbagliato.> disse, la voce rotta dall'emozione. <Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto passare. Non avrei mai dovuto tradirti e usarti in quel modo.>
Il cuore mi martellava nel petto mentre lottavo contro l'impulso di sfogare tutta la mia rabbia su di lui. Le parole di Mike penetrarono nel mio essere, rievocando il dolore e la delusione che avevo provato nel momento in cui avevo scoperto la sua ingiustizia.
<Non c'è scusa per quello che hai fatto.> risposi, la mia voce era gelida come il ghiaccio. <Mi hai usata solo per i tuoi scopi, senza preoccuparti di come ciò avrebbe influenzato me.>
Le lacrime solcarono il volto di Mike, le sue spalle afflosciate dal peso del rimorso. Mai avrei immaginato di essere così fredda e distante da una persona, io che un tempo avevo dato tutto, l'amore e fiducia per l'uomo che si trovava dinanzi a me.
<Lo so mi pento di ogni singola azione che ho compiuto.> disse Mike, l'angoscia dipinta sul suo volto. <Ero egoista e non avevo capito quanto tu fossi importante per me.>
Lo guardai intensamente, il mio sguardo tagliente come un pugnale che trafiggeva il ragazzo. Sentivo il suo dolore, ma non potevo perdonarlo così facilmente per il tradimento subito.
<E non lo capirai mai.> sussurrai, come un giuramento solenne. <Non posso perdonarti... Non posso.>
Il silenzio tornò a regnare nella cella, interrotto solo dal suono dei nostri respiri irregolari. Mike si drizzò con le spalle, come se il peso del suo errore premesse sulle spalle.
<Ti ho portato queste...> esclamò prendendo dalla tasca del camice una calza e un cerotto. <Per la tua ferita alla testa.>
Rivolgendomi un ultimo sguardo, si voltò e si allontanò lentamente, lasciandomi sola con i miei pensieri e la mia determinazione. Era giunto il momento di mettere da parte il passato e concentrarmi sul futuro. Era tempo di salvare Alex e di confessargli i miei sentimenti.

2.

Nella cella attendevo, con il cuore afflitto, erano passate due ore da quando avevo avuto quell'incontro con Mike. Beh, credevo che fossero passate due ore.
Poi finalmente, il suono della porta, facendo comparire una ragazza, un soldato dell'Evangelica, la stessa che aveva scortato Alex.
<Vieni con me e non fiatare.> disse con fermezza.
<Cosa vuoi?> le domandai.
<Muoviti!> esclamò prendendomi per il braccio e facendomi uscire dalla cella.
Dopo che svoltammo un lungo corridoio, che che un soldato aprì una cella ed entrando vidi lo sguardo affranto di Alex che mi guardava con sorpresa.
<Avete cinque minuti.> disse la donna.
<Alex...> mormorai, la voce piena di dolore.
Alex si avvicinò lentamente, gli occhi lucenti di lacrime trattenute. <Vicky... cosa ci fai qui?> domandò, la voce rotta dall'emozione.
<Vicky?> esclamai, sorrisi a quel nomignolo. <Mi piace.>
Le nostre mani si cercarono istintivamente, stringendosi con la disperata speranza di non lasciarci mai più. Ci avvolse il silenzio, si sentivano soltanto i miei singhiozzi soffocati.
<Questa è un'occasione per noi due.> sussurrai, con voce tremante. <Ma ci sono cose che devo dirti prima che... Prima che sia troppo tardi.
Alex annuì, incapace di pronunciare una parola di fronte alla mia sofferenza.
<Il mio cuore... appartiene a te, Alexander.> singhiozzai, le lacrime rigavano il mio volto. <Ti amo più di quanto possa esprimere con le parole. So che ci conosciamo da poco e che abbiamo fatto questo passo velocemente, ma non importa.>
<Victoria... anch'io ti amo.> mormorò. <Ma lo hai detto tu, è troppo tardi per noi.>
Le lacrime di entrambi si mescolarono in un'unica disperazione, mentre ci baciavamo e ci abbracciavamo con forza, consapevoli che quel momento forse sarebbe stato l'ultimo.
<Mi dispiace per tutto quello che è successo.> singhiozzai, il mio corpo tremante contro quello di Alex. <Per tutto quello che hai dovuto sopportare qui.>
Mi strinse ancora di più, il cuore spezzato dalla consapevolezza di ciò che avremmo potuto essere, ma che non si sarebbe mai avverato.
<Non importa più.> sussurrò, le sue lacrime bagnarono il mio viso. <In tutto lo schifo che ho dovuto affrontare, sei stata l'unica cosa buona che mi sia capitata. Quello che conta è che ti ho qui, anche se solo per un attimo.>
Soffocai dei lamenti di struggente dolore, improvvisamente, la donna rientrò, spezzando il fragile legame che ci teneva uniti.
<Basta, è ora di andare. Alex... preparati. Tuo fratello ti aspetta per l'ultima simulazione.> disse bruscamente, trascinandomi via conviolenza.
<Se non uscirò vivo da qui, salva mia madre!> esclamò Alex.
Mi voltai per un'ultima occhiata, il mio cuore era in frantumi dal dolore. Lui mi guardò, impotente, mentre venivo portata via, sapendo che quello sarebbe stato forse, con tutta probabilità, l'ultimo sguardo che ci saremmo scambiati.
<Lo farò!> risposi, mentre uscì fuori dal mio raggio visivo.

MORTAL VIRUS: LA GENESIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora