11. JACE

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«Non ci sto capendo niente» sbotta Alex in tono frustrato.

Alzo gli occhi al cielo. Per l'ennesima volta nel giro di un'ora e mezza.
Sono quaranta minuti che stiamo sulla stessa frase, e ancora non mi capacito di come Alex possa non capire.

«Essere o non essere, questo è il dilemma...» ripeto a denti stretti, cercando di restare tranquillo «Spiegami il significato di questo verso e potremo passare a qualcos altro»

Giuro che preferirei strapparmi i capelli uno ad uno pur di andarmene da un'altra parte. Ovunque ma non qui.
So benissimo di non essere noto per la mia pazienza, ma giuro che questa ragazza riuscirebbe a far incazzare anche un santo. Cosa che, poco ma sicuro, io non sono.

«Essere o non essere sta per... significa che..» Alex si gratta la tempia con la sua matita ormai spuntata, per poi lasciarla cadere sul tavolo e sbuffare sonoramente «Significa che questo William non aveva di meglio da fare che scrivere frasi a caso con l'unico scopo di confondere la gente»

Rovescio la testa all'indietro e guardo il soffitto, contando fino a dieci. Poi fino a venti.
In effetti non credo che esistano abbastanza numeri che mi permettano di mantenere la calma ancora per molto.

Riportando lo sguardo su di lei, prendo un respiro profondo e mi passo una mano sul viso «Questo William, ha scritto alcune delle opere più famose al mondo»

«Sai che me ne frega» commenta Alex alzando le spalle.

Serro la mascella. Non sopporto il suo atteggiamento.
È ovvio che non ci stia nemmeno provando a comprendere il significato di quello che stiamo leggendo, e io non so quanto potrò resistere ancora prima di lanciarle il libro in faccia.

«Dovrebbe, dal momento che il tuo esame dipende da questo» le faccio notare, puntando il dito sul paragrafo maledetto «Quindi te lo ripeto per l'ultima volta»

Alex scuote la testa, afferrandola con entrambe le mani «Perché dobbiamo studiare questa roba? Sono cose sentite e risentite ormai, non potremmo semplicemente passare oltre?»

Alle sue parole mi blocco, sentendo il nervoso risalirmi la schiena. Se fosse per lei la letteratura potrebbe anche morire domani.

Fingendo di non aver sentito, riprendo il discorso da dove ero rimasto.

«Essere o non essere è l'interrogativo che si pone il protagonista. La scelta difficile tra il vivere soffrendo, quindi l'essere, o provare a ribellarsi rischiando però di morire, ovvero il non essere» spiego lentamente, sperando che questa volta mi presti attenzione «È ciò che impedisce ad Amleto di agire, e da qui prende nome il cosiddetto "dubbio amletico"»

Alex mi osserva per qualche momento, e per un istante credo sul serio che abbia finalmente capito. Poi, all'improvviso, chiude il libro con forza e incrocia le braccia.

«Ci rinuncio!» dichiara, lagnandosi ancora «Queste stronzate non hanno senso, comunque le rigiri»

Questa volta non posso trattenermi dall'imprecare ad alta voce, passandomi una mano tra i capelli. Dio se non la sopporto!
Cercare di farla ragionare è impossibile. Lei, è impossibile.
Sono certo che la mia cuginetta di cinque anni sarebbe più collaborativa. E questo la dice lunga.

«Cazzo, sei davvero una bambina» dico con un sospiro incazzato.

Alex si riprende dalla sua autocommiserazione solo per lanciarmi un'occhiataccia, accompagnata da un'espressione disgustata e a dir poco infastidita.

«Non sono una bambina» il tono con cui lo dice è talmente infantile che quasi mi viene da ridere.

«Ma ti senti quando parli?» incrocio le braccia a mia volta e la guardo con sufficienza «Una bimba dell'asilo si lamenterebbe meno di te» dichiaro, stufo di lei e del suo comportamento «Una bimba, ecco cosa sei»

PROVA AD ODIARMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora