26. ALEX

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Entrando in aula in completo silenzio, procedo a testa bassa per tutta la classe fino a trovare il posto libero, e più distante possibile, dalla cattedra del professore. Normalmente sono sicura di me stessa prima di un esame, ma questa volta è diverso.

Il test di letteratura è già posato sul banco, come se stesse aspettando solo me.

Che culo, penso con una smorfia.

Una volta sistemata la borsa sulla sedia e afferrato la matita, prendo un respiro profondo e comincio a leggere. Sotto il mio sguardo, una serie di domande che sembrano state scritte per sfidare ogni mia convinzione.
Mentre cerco di concentrarmi, sono così in ansia che riesco a sentire solamente il ticchettio dell'orologio appeso all'entrata dell'aula.

Smettila Alex.
Concentrati.

La voce nella mia testa non è della sottoscritta, e la cosa mi spiazza parecchio. Le parole severe che mi riportano alla realtà appartengono ad una sola persona. Qualcuno che per qualche strana ragione riesce ad insinuarsi nei miei pensieri senza nemmeno essermi vicino. Sospirando, mi passo le mani sul viso e punto con la matita la prima domanda.

"Analizza il carattere di Lady Macbeth e la sua evoluzione nell'opera"

Le parole ballano sul foglio e nella mia mente rimbomba il ricordo delle discussioni animate con Jace. Le nostre lezioni sono sempre state burrascose, per lo più perché io mi rifiutavo di ascoltarlo, eppure è proprio grazie a quelle discussioni che ho imparato. In effetti, credo che litigare con lui riguardo agli argomenti più noiosi del pianeta abbia fatto in modo che si imprimessero a fuoco nella mia memoria.

Chiudo gli occhi per un istante, cercando di richiamare alla mente le sue parole.

"Lady Macbeth non è solo un personaggio malvagio", aveva detto una sera, la voce carica di convinzione "È un simbolo della lotta interna tra ambizione e moralità". In quel momento avevo risposto con una bella dose del mio solito sarcasmo ma, ora, quelle parole assumono improvvisamente un significato del tutto nuovo.

Concentrandomi solo su quello, lascio scorrere la penna sul foglio. Ogni frase che scrivo sembra un eco delle nostre discussioni, un dialogo che continua anche se lui non è qui. E mentre proseguo, mi rendo conto che le sue intuizioni mi abbiano influenzato molto più di quanto riuscirò mai ad ammettere. Le sue analisi su Shakespeare, i suoi punti di vista fuori dagli schemi, tutto si mescola nella mia mente, offrendomi una prospettiva nuova, e a cui non sarei mai arrivata da sola.

La seconda domanda è sulla figura di Amleto e il suo dilemma esistenziale. Un sorrisetto beffardo mi incurva le labbra. Quanti pomeriggi abbiamo abbiamo passato a discutere di quel maledetto "essere o non essere?". Jace insisteva sul fatto che Amleto fosse un riflesso delle nostre paure più profonde, io insistevo che fosse solo un tizio incapace di prendere una decisione. Ora, mentre scrivo, mi viene quasi da ridere. Per quanto mi riguarda credo che entrambe le versioni siano valide, si tratta solo di argomentarlo senza far capire al professore quale delle due tesi sia la mia preferita.

Il tempo vola mentre riempio il foglio con le mie risposte, e l'ansia lascia spazio ad una strana serenità. Ogni frase è un tributo silenzioso a quelle ore di studio, a Jace, che anche se non lo ammetterò mai, mi ha aiutata in un modo che non credevo possibile.

Quando consegno il foglio, in netto anticipo rispetto ai miei compagni di corso, un brivido di soddisfazione si fa strada nelle mie ossa. A prescindere da come andrà, so di averci messo tutta me stessa.
Nonostante questo però, non posso evitare di mordermi l'interno della guancia mentre esco dall'aula sotto lo sguardo stupito e confuso del professor Anderson.

******

Completamente collassata sul letto, mi muovo come un bruco per sistemare meglio il cuscino dietro la schiena. Hailey se ne sta seduta alla scrivania, una penna bic tra e dita e un'espressione stizzita sul volto.

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