6 Vale

42 3 1
                                    

Mi richiudo la porta alle spalle, e mi appoggio contro. Mi ha dato la buonanotte ancora con quel soprannome che, da una parte, mi infastidisce, ma dall'altra, mi fa aumentare il battito del cuore.

Chiudo gli occhi, sovrappensiero, ma li spalanco subito quando sento un rumore, come quando due cose si scontrano, ma in maniera forte. Preoccupata, apro la porta e guardo fuori, vedo una macchina fermata in mezzo alla strada e in terra vedo una moto ribaltata con una figura sdraiata accanto... Cazzo, Simon.

Corro più veloce che posso fino al punto dell'incidente, e vedo, quello che dovrebbe essere l'autista dell'auto, accanto alla moto.

<<Cos'è successo?>> chiedo all'uomo abbassandomi in ginocchia accanto a Simon tutta angosciata, gli prendo il volto tra le mani e provo a chiamarlo, ma lui non dà segno di vita. Metto un dito sotto il suo naso e provo sollievo quando sento che respira ancora.
<<Stavo uscendo dall'incrocio, mi sono fermato per vedere se c'era qualcuno, ma lui è arrivato talmente veloce che non l'ho visto, quindi l'ho colpito.>> risponde l'uomo con la voce che trema.
<<Chiami un'ambulanza, subito.>> dico io.
Dove pensava di andare a velocità così alta, senza neanche avere la patente per la moto?
Dopo, ovviamente, dice che è intelligente.

<<Una curiosità, tu saresti la sua fidanzata?>>

Domanda l'uomo incuriosito, io mi irrigidisco, e rispondo subito: <<No, no. Siamo amici, se possiamo chiamare così.>>
Osservo meglio l'uomo, è sulla quarantina, statura bassa, un filo di barba sul mento e, nonostante siamo al buio, riesco a notare che non era del tutto sobrio.
Qualche minuto dopo arriva l'ambulanza, mentre io sono stata tutto il tempo accanto a Simon. Visto che io e l'autista siamo gli unici lì, alcuni medici ci fanno delle domande sul fatto se siamo conoscenti, amici, parenti ecc...

Siccome sapevo che la moto l'aveva rubato a suo fratello e, probabilmente, non voleva che nè i suoi genitori lo sapessero nè, soprattutto, suo fratello, dico ai medici di non comunicare i genitori e nessun parente che, tanto, non avrebbero risposto perché erano in vacanza dove la connessione non prendeva. Sarei rimasta io mentre lo curano sull'ambulanza.
Intanto chiamo mamma per dirgli che avevo messo le mie scarpe nella sacca di Thea durante allenamento perché mi ero confusa, e sono andata a riprenderli a casa sua, mentendole, purtroppo.

Aspetto con ansia che mi dicano qualcosa su di lui, e nel frattempo la temperatura si abbassa sempre di più e io sono sempre nel mio pigiama con 4 cagnolini che dormono uno sopra l'altro con le pantofole pelose di color lilla.
Cammino avanti e indietro per l'ansia, mentre si fa sempre più tardi, mamma mi messaggia continuamente di tornare, ma come potevo? Non potevo lasciarlo solo.
Dopo due minuti precisi, un medico mi viene incontro e io comincio ad avere delle speranze.

<<Il ragazzo si è risvegliato ora e non ha ferite gravi, ha solo qualche taglietto, ma nulla di che. Faremo gli ultimi controlli, dopodiché potrà vederlo>> comunica, mentre io sento un sollievo nel petto. Lo ringrazio, lui si allontana e rientra in ambulanza.
Sto seduta sul muretto, girata di spalle, quando una voce tremante e profonda mi chiama, mi giro lentamente e lo vedo. Rivedo i suoi occhi verdi profondi che mi ricordano gli alberi delle montagne, rivedo anche quei capelli castani nocciola e il suo bel viso.

<<S-Simon, mi hai fatto preoccupar- >> non ho neanche tempo di finire che lui mi getta le braccia intorno al collo. Mi abbraccia profondamente e nel frattempo annuso il suo profumo, buonissimo, che sa di ciliegie e albicocche.
Dopo un istante si stacca e ci guardiamo negli occhi. <<Grazie, Vale. I soccorritori mi hanno raccontato tutto. Sei rimasta fuori tutto questo tempo per me. E hai detto pure di non comunicare i miei genitori.>> dice.
<<Ti si è fumato il cervello? Dove pensavi di andare a quella velocità?>> chiedo io. Lui aggrotta le sopracciglia. <<Ma io andavo pianissimo, è lui che mi è venuto incontro troppo veloce>> risponde. <<Ma a me ha detto l'incontrario>> rispondo, <<comunque si è notato che l'autista non era del tutto sobrio.>> aggiungo io.

Abbasso lo sguardo sul suo braccio e vedo che è fasciato. <<Come ti senti? Meglio?>> Chiedo facendo un cenno con la testa alla fasciatura.
<<Massì, tanto io sono forte, vedi?>> dice lui, flettendo i suoi, stupidissimi, muscoli sulle braccia, facendogli fare una smorfia di dolore mentre abbassa subito il braccio.
Vedendo che riesce lo stesso a essere il solito simpaticone anche dopo un'incidente, mi fa spuntare un sorriso.

<<Grazie ancora, Vale, davvero. Non so come ringraziarti>> dice lui, con una faccia pieno di dolore e ringraziamenti.
<<Nulla di che. Sono solo gentile con tutti.>> Dico io. Entrambi facciamo un sorriso sincero. <<Be' ora devo proprio scappare, ci vediamo, nana.>>Dice lui dopo un momento. Il mio stupido cuore, a quel soprannome, si riscaldò e aumentò la velocità dei battiti, di nuovo.

<<Ciao, Simon Dice.>> Lo saluto trattenendo un sorriso. Guardo le sue spalle ampie allontanarsi pian piano. Scambia le ultime parole con i medici, sale sulla moto, infila il casco e lo guardo allontanarsi.
Cammino fino a casa, apro la porta, mi giro di nuovo verso il punto dell'incidente, rimango un po' a osservarlo mentre l'ambulanza va via.
Entro in casa, chiudo la porta alle mie spalle, vedo mamma addormentata sul divano con la TV accesa. Io assomiglio a mamma come una goccia d'acqua; capelli rossi, occhi color ambra, naso diritto. L'unica cosa che ho preso da papà è l'altezza. Spengo la TV e le tiro la coperta un po' più su.
Mi metto a letto e mi addormento subito.

Un Canestro All'improvviso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora